36 - A testa alta

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«La buona madre non deve essere, come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve essere una donna, una persona umana.»

DIANA'S POV

Da quando avevo fatto il mio ingresso all'Argemonia a mi ero spesso chiesta come sarebbe stato rivedere la mia famiglia. Non sapevo quando avrei avuto modo di rivederle ma dentro di me speravo che sarebbe successo quando finalmente sarei stata una persona risolta, con meno pesi sulle spalle e meno macigni di sensi di colpa a pesarmi sul petto.

Mai, mai avrei immaginato che sarebbe successo in una circostanza del genere, una circostanza che ne avrebbe aggiunti di altri e creato ulteriori crepe in quell'aura di risolutezza che mi ero imposta di indossare.

Mia sorella Amanda, nonostante le poche parole che ci eravamo scambiate in quei mesi, nonostante la distanza in cui avevamo vissuto per i precedenti cinque anni della nostra vita, però, non appena mi aveva visto sembró essersi dimenticata di ogni dissidio, di ogni lontananza oggettiva o morale che fosse e aveva sentito di aver bisogno di me.

Mi aveva stretta tra le sue braccia in una richiesta di aiuto, cercando di condividere con me quel dolore. Lei per prima mi stava considerando abbastanza forte da poter sopportare quell'ennesima paura. Una paura che mai pensavo di poter provare nei loro confronti, che avevo sempre ingenuamente pensato essere al sicuro solo perché non si trovano nel pieno di una battaglia con le armi in mano per difendere il loro paese come avevo fatto io.

Che stupida ero stata nel pensare qualcosa del genere, nel sottovalutare ciò che il nostro stesso corpo è in grado di infliggerci, senza il minimo preavviso, senza il minimo sintomo che possa avvertirci di ciò che potrebbe accaderci.

«Le figlie di Carla Denvers, giusto?» ci aveva chiesto il dottore, con il suo camice bianco che sembrava appena fresco di bucato.

E a me e a mia sorella venne naturale stringerci la mano fortemente, prima di dire all'unisono «Sì, siamo noi.»

«Sono il Dr. Freeman, prego sedetevi così parliamo un po' della situazione di vostra madre.»

Il dottore si avvicinò a noi, poi allungò un braccio per invitarci a sedere. Harry, ancora in piedi, mi chiese con lo sguardo se potesse rimanere ed io non potei che annuire alla sua richiesta. Avevo molto per cui essergli grata.

Non si mise vicino a me e mia sorella, però. Rimase in piedi, appoggiato al muro di fronte a noi con le braccia incrociate, gli occhi avviliti dalla situazione e una stanchezza che potevo dire di condividere ma che non avrei lasciato soccombere, non prima di essere sicura che mia madre stesse bene.

«Come sta?» chiese mia sorella, ancora con la sua mano stretta nella mia.

«La situazione può dirsi ancora critica, ma per il momento vostra madre è stabile.»

Tirammo un sospiro di sollievo a quella notizia. Nostra madre era ancora viva, poteva ancora combattere per continuare ad esserlo ed io avrei ancora avuto una possibilità per dirle che le volevo bene, qualcosa che purtroppo non  le dicevo quasi mai.

«E lasciatemelo dire, è quasi un miracolo. Le percentuali di sopravvivenza ad un aneurisma sono davvero molto basse.»

«Io non capisco... - Mormorai, scuotendo la testa. - Da quello che mi diceva mia sorella, lei stava bene, non aveva dato nessun segno che le potesse succedere qualcosa del genere.»

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