Josephine
«Cosa fai?» chiedo rimanendo all'entrata della camera di Benjamin con il suo biberon pieno di latte in mano guardo Axel che guarda Benji giocare da solo.
Appena mi nota fa un passo indietro.
«Niente» dice tenendo lo sguardo sul bambino.
Faccio un piccolo sorriso.
«Ehi Benji ecco il tuo latte» dico attirando la sua attenzione. Si ferma per un secondo a guardare Axel e poi si alza sui piedini e tenendosi alle sbarre della culla prende il biberon.
«Un giorno sarete dei buoni fratelli» dico.
«Ne dubito» sussurra.
Benji si siede di nuovo bevendo il suo latte.
«Lo dici per la differenza di età?» chiedo girando la testa verso di lui.
Lui non mi guarda.
«No».
«Allora perché?».
Si gira a guardarmi con uno sguardo strafottente stampato in fronte.
«Non la smetterai mai di farmi domande vero?» chiede con voce leggermente irritata.
Ma ormai ho capito che ha un carattere chiuso.
«Probabilmente non la smetterò finché mi importerà di te» dico sincera.
Non gli ho mai detto una frase del genere.
Fa capire che per me quello che c'è tra noi non è un gioco.
Il suo sguardo diventa se è possibile ancora più irritato.
«Non ha un padre per colpa mia»dice senza guardarmi.
Aggrotto la fronte.
In effetti non ho mai visto il signor Clark e non se ne parla mai.
«Cos'è successo con vostro padre?» chiedo.
Le sue mani appoggiate alla barra della culla si irrigidiscono poi con uno scatto se ne va.
Anche se la sua bocca non parla la risposta del suo corpo è forte e chiara.
Sospiro guardando Benji con un sorriso.
«Usciamo dalla culla, bimbetto?» chiedo.
Lui fa un suono stridulo con la bocca e si alza in piedi sulla culla. Il biberon è vuoto nella culla e mi appunto mentalmente di toglierlo ma prima è strettamente necessario un cambio di pannolino!
Mi porto un cucchiaio di zuppa alla bocca e mi riscalda immediatamente.
Guardo Benji che guarda Axel mentre mangia la sua zuppa, ed é così carino.
Come al solito Axel lo guarda infastidito.
«Ci sei stasera?» chiede.
Giro il cucchiaio nel piatto senza guardarlo.
«Che c'è?» chiede non lasciandomi manco il tempo di rispondere.
Alzo lo sguardo su di lui, lasciando andare un sospiro.
Appoggiando il cucchiaio nel piatto.
«Ultimamente non ci siamo più sentite tanto con Giselle..» dico.
Sono ormai due week end che non ci vediamo.
Di solito è lei che mi scrive di aggregarmi alle loro uscite ma ultimamente è proprio scomparsa.
«Derek e Giselle sono di nuovo in buoni rapporti» dice.
Ecco spiegato tutto.
«E Reed?» chiedo.
Lui appoggia il cucchiaio con un tonfo e mi guarda fissa negli occhi.
«E a te cosa te ne frega di Reed?» chiede irritato.
Aggrotto la fronte.
«Volevo capire come l'ha presa» dico.
«Reed sta con Lorayne, non gliene frega niente di Giselle» dice.
È incredibile come i ragazzi dimentichino le cose.
Solo perché ora c'è Lorayne nella sua vita non vuol dire che Giselle sia uscita del tutto dal suo cuore.
«Cosa avete organizzato per stasera?» chiedo spostando l'argomento da Reed.
«Niente».
«Axel ma..».
«Ti ho detto niente» dice alzandosi prendendo uno dei toast già pronti sul piatto in mezzo alla tavolo e andandosene.
Guardo il suo piatto mezzo pieno di zuppa e sospiro.
Che caratterino.
Non capisco perché deve fare così.
Perché non voleva parlare di Reed?
Benjamin fa un urletto e scalcia facendomi riprendere dai miei pensieri.
Lo tiro fuori dal seggiolino.
Gli ho misurato l'insulina prima di pranzare e gli ho fatto la giusta iniezione quindi dovrebbe essere apposto fino a sta sera.
«Vuoi giocare nel girello?» chiedo.
Appena provo a metterlo dentro inizia di dimenarsi.
«No» dice cercando di rimanermi in braccio.
«Okay, vuoi l'elefantino?» chiedo.
«Sii» dice in un momento di gioia poi appoggia la testa sulla mia spalla.
Sorrido.
Che tenero.
Andiamo in camera sua e gli passo il suo elefantino.
«A..» dice.
«Cosa?» chiedo.
«Aa..» dice cercando di dire una parola ma non riuscendo producendo altri suoni.
«A?».
«Ael» dice tirando fuori la lingua.
«Axel?» gli dico.
Annuisce leccandosi le labbra.
«Io sono Josephine, Jo-se-phi-ne» dico con calma indicandomi.
Lui scuote le testa.
Prova di nuovo a dire il nome di Axel anche se con molte difficoltà.
«Vuoi andare da Axel?» gli chiedo.
Lui sorride con la bocca aperta dove si scorgono i dentini che gli stanno crescendo.
Batte le mani e si porta il pupazzetto ad elefantino in bocca.
Glielo tolgo e gli passo il cuccio che ha attacco alla catenella della tutina.
Salgo le scale e vado in camera di Axel entrando senza bussare.
Lo trovo sulla sua scrivania intento a scrivere qualcosa.
Un giorno di questi insisterò per leggere le sue parole.
«Ehi Axel questo bimbetto ha insistito per venire da te» dico guardando per un secondo Benji che ride quando gli faccio il solletico.
Axel non si gira neanche a guardarci.
«Non sa parlare» dice.
«Balbetta ma si fa capire benissimo» dico.
La maglietta nera di tende sui muscoli.
«Portalo qui» dice ancora senza guardarci.
Quando sono accanto a lui appoggia la matita con cui stava scrivendo e apre il cassetto.
Cerco di leggere la prima frase scritta sul quaderno.
Riesco solo a leggere le prime parole:
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Non mi hai dato alternative
रोमांसJosephine è la quiete. Axel è la tempesta. Josephine da un appartamento a Nashville si trasferisce nelle casette a schiera di Memphis, sempre in Tennessee, dopo che sua madre ha completato le pratiche di divorzio da suo padre. Mentre si trova in g...