➵ Capitolo 1

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Josephine
Quando apro gli occhi mi rendo conto che intorno a me non c'è la tappezzeria color pesca a cui sono abituata. Ma bensì le pareti sono tutte bianche e anonime, dopo poco capisco che sono nella nuova casa a Memphis. Mi sono trasferita a due ore di distanza da dove abitavo prima cioè Nashville.
Mia madre ha passato la sua infanzia a Memphis, facendomi vedere anche un sacco di foto. Quando da ragazza ha trovato lavoro a Nashville ha salutato la sua casa di infanzia, con tutti i suoi ricordi, e si è trasferita. Lì ha incontrato mio padre e dopo un po' c'è stato il vestito bianco e la mia nascita. Ma adesso si sono lasciati. Lui la tradiva, non so da quanto ma è stato uno shock per entrambe.
Ho quasi vent'anni ma il papà è pur sempre il papà. Dopo averlo saputo non sono più riuscita a guardarlo nello stesso modo, in un certo senso ha tradito anche la mia fiducia.  Quindi questo ci riporta al nostro trasferimento qui a Memphis, città natale di mia madre.
Mi alzo stiracchiandomi leggermente. Guardo alla mia sinistra dove ho lasciato le mie due valigie con dentro tutta la mia vita e inizio a disfarle. Alcuni mobili devono ancora arrivare con il camion quindi metto solo la roba nel cassettone di legno bianco, il resto lo lascio in valigia. Vado verso il bagno dandomi una rinfrescata veloce, mi guardo allo specchio e spazzolo i miei capelli biondo scuro cercando di dargli una parvenza di ordine, mi lavo il viso e vado al piano di sotto, la nostra nuova cucina è più grande e ne sono felice. 
Ogni tanto mi piace fare qualche esperimento culinario che a mia madre piace assaggiare.
Vado verso il sacchetto dove ci sono alcune ciambelle che abbiamo comprato per strada. Non sentendo né vedendo mia madre, vado nella camera dove lei ha deciso di mettere la sua scrivania delle idee.
La vedo intenta a scrivere sul suo computer portatile. Appena si accorge di me ferma sulla porta si tira su gli occhiali sulla testa e mi sorride creando delle piccole fossette sulle guance.
«Buongiorno älskar» dice alzandosi e  venendomi incontro. 
Älskar vuol dire amore in svedese. 
Mi prende il viso tra le mani e mi bacia una guancia. 
«Hai dormito bene?» chiede tornando al suo computer. La stanza è ancora molto spoglia, c'è solo la scrivania di mia madre e una sedia. Con il tempo arriveranno anche le librerie che abbiamo ordinato che occuperanno lo spazio vuoto.
«Come un sasso» dico avvicinandomi per vedere cosa sta facendo.
«Sei arrivata alla fine?» chiedo. 
Mia madre come hobby ha quello di scrivere romanzi gialli, lo fa per sé stessa e non ha mai voluto pubblicarli. Io ne ho letti alcuni e secondo me sono molto avvincenti. Spero che magari un giorno deciderà di mettersi in gioco per prendersi il successo che le spetta.
«Oh un libro non ha mai una fine J» dice ridendo. Si siede di nuovo sulla sua sedia e facendomi l'occhiolino ricomincia a dedicarsi al suo mondo e così mi allontano cercando di trovare qualcosa da fare.
Fuori ci sono le nuvole a coprire il calore del sole e in questo momento mi sento molto meteoropatica.
Noto dalla finestra che davanti a casa nostra c'è ancora il cartello con scritto vendesi, decido che è ora di toglierlo.
Questa casa è ufficialmente occupata da Josephine e Margot Petersson.
Prima di uscire di casa vado a cambiarmi, dato che penso nessuno voglia vedere i gattini che sono stampati sul mio pigiama rosa. 
Mi infilo una gonna di jeans stretta sui fianchi e una maglietta corta a righe bianche e rosse, prendo nel frattempo anche il cellulare senza accenderlo lo metto in tasca.
Magari dopo aver levato il cartello potrei farmi un giro del quartiere per ambientarmi e memorizzare la zona che per quel poco che ho visto è carina.
Passare dal vivere in piena città al nono piano di un palazzo, ad avere una casetta tutta nostra con la staccionata bianca, è un grande cambiamento.
«Mamma vado a farmi un giro» urlo per farmi sentire.
Esco e mi guardo intorno. Devo memorizzare la mia casa. A destra c'è una casa bianca con qualche rampicante che arriva fino al secondo piano, mentre a sinistra una gialla ben curata, guardando le pareti esterne della mia casa mi rendo conto che c'è bisogno di una nuova passata di colore, ormai il bianco è diventato un grigio sporco.
Vado verso il cartello e lo tolgo dal terreno. Sospiro contenta.
«Benjamin».
Mi giro e noto a destra, una donna che è intenta a tirare fuori qualcosa da una macchina. Sento anche un pianto. 
Seguito da un lamento della donna.
«Benji ti prego, devo prendere la spesa» dice.
La vedo aprire la portiera di dietro e dentro a un trasportino c'è un neonato. Gli passa un peluche a forma di elefantino che era sul sedile, cercando di calmarlo. Va verso il bagagliaio e aprendolo tira fuori vari sacchetti di carta marrone.
Il mio altruismo si fa avanti più forte di me.
Vado verso la donna. «Ciao» dico avvicinandomi.
Il mio sguardo si catapulta al piccolo nel trasportino. E' carinissimo.
E' biondiccio con due enormi occhi azzurro-verde. Il bimbo fa degli strani versi appena mi vede.
«Ciao» dice la donna avvicinandosi.
Mi fa un sorriso e guarda dietro di me.
«Sei la nuova vicina?» chiede sistemandosi le buste in mano per avere una presa più salda. Ha i capelli neri legati in una coda bassa e un bel sorriso incorniciato da un rossetto color carne. Annuisco. «Sì, mi chiamo Josephine» dico porgendole la mano ma poi la ritiro rendendomi conto che ha le mani occupate.
Mossa geniale, complimenti Josephine
«Io sono Sandy e questo piccolo è Benjamin» dice sorridendo al bimbo nel trasportino.
Lo saluto con la mano e il piccolo ridacchia ma poi torna al suo peluche guardandolo come se fosse una torta al cioccolato.
«Da dove vieni?» chiede tranquilla. 
«Da Nashville» dico mettendomi i capelli dietro le orecchie.
«Meravigliosa città, ci vado spesso per lavoro» dice lei sorridendomi. 
«Mi potresti fare un favore, lo potresti prendere in braccio mentre io porto la spesa in casa?» chiede con un po' di evidente stanchezza. 
«Certo» dico subito ritornando al mio intendo di aiutarla. Gancio la sicura dal trasportino e prendo in braccio il piccolo.
«Vieni» dice facendomi strada verso casa.
Gioco con Benjamin, facendogli il solletico sul pancino coperto da un maglioncino color crema.
«Gli piaci» dice Sandy appoggiando i sacchetti sul bancone della cucina. 
Allunga le braccia e lo riprende in braccio.
«Mi piacciono i bambini» dico sincera.
Si sente un cellulare suonare e Benji inizia a lamentarsi di nuovo scalciando. Sandy fa una faccia strana.
«Se vuoi tengo Benjamin mentre rispondi» dico.
«No grazie, scusa ancora che ti ho disturbata» dice prendendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni neri eleganti e buttando giù senza manco guardare chi è.
Aggrotto la fronte. «Si figuri» dico. Inizio ad andare verso la porta e lei mi segue. Il ticchettio dei suoi tacchi si sente ovunque per la casa.
«Dammi pure del tu, siamo vicine» dice allegra.
Le sorrido salutandola con la mano. Anche lei mi sorride e poi chiude la porta.
E' ora di andare a scoprire com'è fatta Memphis.

Axel
Quando risorgo dal mondo di Morfeo, la prima cosa che attira la mia attenzione è il calzino sporco che mi ciondola davanti alla faccia. Giro il viso facendo un suono di fastidio. «Reed cazzo, togli questo coso» dico.
Lo sento ridacchiare e poi il suono delle finestre che vengono aperte. L'aria gelida mi rinfresca la pelle delle braccia che sono senza coperta.
«Buongiorno principessa, su alza quel culo» dice dandomi un calcetto sulla coscia.
Sbuffo sonoramente. 
«Caffè?» chiede.
«Sì, senza zucchero» dico alzandomi.
Mi ricordo ben poco di ieri sera, ero a una festa insieme ai ragazzi e abbiamo bevuto come delle spugne al birra pong. Poi sono andato da Reed a dormire perché non volevo tornare a casa. Almeno tre volte a settimana Reed mi da a disposizione la camera degli ospiti affianco alla sua, alcune volte scherza sul fatto che sente che sono più io suo fratello che i suoi veri fratellini, Bryson e Brielle.
Sento Reed che torna con due tazze di porcellana stracolme di caffè.
«Sai Axel ho letto da qualche parte che chi prende il caffè senza zucchero è uno psicopatico» dice bevendo il suo caffè con tripla dose di zucchero.
Mi infilo i vestiti di ieri sera e sorseggio un goccio di caffè.
«Hai studiato per il test a sorpresa di spagnolo?» chiedo appoggiando il caffè sul comodino e infilandomi le scarpe.
La faccia di Reed diventa bianca come un lenzuolo e gli occhi verdi sempre allegri mi stanno guardando come se fossi pazzo.
«Il test a sorpresa di cosa.. cazzo» dice girandosi e andando in camera sua iniziando a fare lo zaino velocemente. La sua tecnica per copiare è arrivare in classe mezz'ora prima e tappezzarsi il banco con tutte le definizioni delle cose da studiare, ma oggi siamo a malapena in orario.
«Perché non me lo hai detto ieri sera?».
«La domenica sera non deve essere rovinata con la scuola» dico infilandomi gli occhiali da sole.
Ho lasciato la mia moto fuori, farò una veloce capatina a casa per cambiarmi i vestiti e prendere lo zaino e con molta probabilità arriverò in ritardo come al solito.
«Cazzo» continua a ripete Reed. Sorrido per il suo panico.
«Di cosa hai detto che è?».
«Spagnolo» dico, scendendo le scale della sua casa a due piani.
Lo vedo darmi una patta sulla spalla. «Ah ma ho Giselle vicino, sono apposto» dice tornando di buono umore.
Scuoto la testa, non so davvero come faccia.
Arrivati fuori prendo il casco dal sellino mentre lui entra nella sua Maserati ghibli color grigio.
Si affaccia dal finestrino prima di andarsene.
«Come fai a sapere del test se è a sorpresa?» chiede infilandosi gli occhiali da sole Ray Ban.
Gli sorrido, mordendomi il labbro.
«Indovina» dico.
La professoressa di spagnolo, la signorina Gomez, è una bella donna, tette al punto giusto e culo da urlo che non ha paura di mostrare con le sue gonne corte.
«Te le fai tutte te fratello, almeno lasciamene qualcuna» ride e facendo rombare il motore se ne va.
Anche la professoressa Gomez è bella, non me la sono fatta per questo ma perché almeno mi sono assicurato un bel voto nella sua materia.
Diciamo che la scuola non è il primo dei miei pensieri, infatti molte volte non vado.
Sono all'ultimo anno e non ho intenzione di continuare gli studi, mi accontento di un diploma alla Kirby. Poi cercherò un lavoro, per ora il mio miglior hobby è la mia band. Stiamo diventando sempre più bravi e le mie canzoni sembrano piacere. È l'unica cosa che faccio con piacere, scrivere canzoni intendo, è una cosa che mi viene naturale e mi fa rilassare. 
Parto a tutto gas e vado a casa. Mi aspetta un'altra giornata per nulla entusiasmante.

Ciao a tutti.
Mi sono voluta mettere in gioco con questo nuovo libro, separato dagli altri che ho scritto.
Spero di leggere molti dei vostri commenti qui sotto e nei prossimi capitoli. Fatemi sapere cosa ne pensate!
-Sabri💘

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