➵ Capitolo 28

994 48 3
                                    

Axel
Mi giro il bicchiere d'acqua tra le mani.
Vorrei fosse alcol ma dato che mia madre ora mi è davanti occupata a rompermi il cazzo su quello che posso o non posso fare nella mia vita non posso.
«Mi stai ascoltando?» dice per la terza volta.
Alzo gli occhi su di lei, facendole capire che ha la mia attenzione.
«Se non fosse stato per Robert Collins -il padre di Derek- potevi rimanere a Nashville» urla.
«Come ti è venuto in mente?».
Sto quasi per rispondergli ma alla fine decido di stare zitto.
È inutile.
«Gli hai quasi rotto il naso Axel te ne rendi conto? Tu sei praticamente senza un graffio, la famiglia di Derek potrebbe farci causa» dice andando avanti e indietro per la cucina.
Il mio sguardo si poggia su Benjamin che è per terra con un pupazzetto di pinguino in mano, lo fa camminare sul pavimento e poi volare facendo anche il rumore del motore con la bocca.
«Axel» dice battendo un pugno sul bancone.
Benjamin si gira verso di noi e si mette a piangere a dirotto.
«Brava lo hai fatto piangere» dico sbuffando passandomi una mano sulla tempia.
«Ti sei deciso a fare il padre?» chiede andando verso Benjamin e prendendolo in braccio per tranquillizzarlo.
«Devi smetterla di fare il ragazzino, Axel» dice.
Poi va verso le scale e se ne va di sopra.
Che gran schifo.
Mi alzo con il bicchiere in mano e butto il contenuto nel lavabo. Apro la credenza con gli alcolici e mi porto una bottiglia su di sopra.
Non ho voglia di pensare.
Essere traditi in questo modo dal tuo amico è una cosa che non avrei mai creduto possibile.
Vado in fondo al corridoio ed entro nella stanza dove c'è il saccone da boxe.
Forse dare un po' di pugni mi darà un po' di tranquillità mentale.

Josephine
30 novembre.
Suono il campanello di casa di Axel.
Mi viene ad aprire sua madre con Benjamin in braccio.
«Ma ciao, piccolo festeggiato» dico sorridendo al piccolo.
Porgo a Sandy un piccolo pacchetto regalo per il compleanno di Benjamin.
«Oh sei gentile Josephine, entra pure» dice.
Oggi non devo fare da babysitter a Benji ma gli ho portato un pensiero dato che è suo compleanno.
«Vuoi un caffè? O un cappuccino?» chiede poggiando Benji sul pavimento che mi viene incontro subito.
«Ciao bellissimo» dico toccandogli il naso con l'indice.
Lui si porta le manine al viso ridendo.
«No grazie non voglio niente» dico togliendomi la giaccia.
«Axel dov'è?» chiedo.
Voglio assolutamente parlargli.
Ieri alla fine non gli ho parlato manco una volta anche se fremevo dalla voglia di stargli accanto. Lui d'altro canto non mi ha praticamente guardato in faccia manco una volta nel viaggio di ritorno.
Sandy sposta lo sguardo, sospirando.
Mi viene vicino.
«È di sopra a smaltire un po' di nervosismo» dice.
So che si sta trattenendo dal dirmi di più. Glielo letto negli occhi.
«Sai perché ha litigato con Derek?» chiedo.
Alza gli occhi al cielo.
«Non bisogna mai stupirsi del comportamento degli uomini Josephine, oggi vanno d'accordo il giorno dopo non si guardano in faccia» dice.
«Non sarà nulla di grave» dice dandomi le spalle per andare a dare da bere ai fiori al centro del bancone.
Non credo che sia vero. Sembra una cosa seria ma sarò all'oscuro ancora per poco.
«Vado a parlargli» dico andando verso le scale.
Quando arrivo al secondo piano l'unico suono che sento è un rumore ritmato venire dall'ultima porta in fondo al corridoio.
La apro e per poco Axel non mi fa un pugno in faccia.
«Axel, mio Dio» dico schivandolo di un millesimo di centimetro.
«Scusa ero concentrato» dice facendo un passo indietro tornando a dare i pugni al sacco da boxe.
Faccio un sospiro prima di entrare nella piccola stanza e chiudere la porta.
«Come va?» chiedo partendo da una domanda neutra a cui lui non risponde.
Deglutisco.
Non sarà facile tirargli fuori il perché del litigio con Derek. Dopotutto Axel non è ragazzo di molte parole.
«Parlami» dico.
Lui smette di dare pugni e abbassa la testa.
Ha una leggera maglia bianca a maniche corte che è bagnata di sudore in qualche punto è dei pantaloncini neri.
Si gira verso di me spostandosi i capelli indietro.
«Sai sul fatto del darci un'etichetta penso che sia meglio non farlo» dice.
Stringo i denti.
Odio il suo modo di dare dolore agli altri per far sentire meglio se stesso.
«Non volevo parlare di questo» dico indicando noi.
«Voglio sapere cosa è successo ieri tra te e Derek» dico.
Sicuramente a questo punto sia Giselle che Jasmine sapranno cos'è successo.
Ed io sarò l'unica a non sapere niente, perché Axel non parla.
«Chi ti da il diritto di infilarti nei fatti miei?» chiede allargando le braccia.
Mi avvicino a lui.
«Non chiudermi fuori Axel» dico cercando di toccargli un braccio ma lui fa un passo indietro e io lascio cadere la mano lungo il fianco.
«Non ti giudicherò, se è questa la tua paura» dico.
«Non ho paura del tuo giudizio» dice deridendomi.
«Allora parla, diamine!» urlo.
Lui sorride vedendo il mio scatto di rabbia.
Se non mi importasse di lui me ne sarei già andata. Ma ormai è troppo tardi, il mio cuore si è legato a lui inevitabilmente.
«Non voglio parlarne» dice lentamente come se stessa parlando con una ritardata mentale.
Sbuffo stringendo i pugni.
«Non creeremo niente se tu continui a chiudermi fuori dal tuo mondo» dico e me ne vado.
Non voglio sentire la sua risposta, sicuramente acida.
Sono completamente demoralizzata, pensavo che ormai avessimo raggiunto un buon rapporto. Invece con lui si fanno due passi avanti e tre passi indietro, ogni volta.

Non mi hai dato alternativeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora