Josephine
Guardo la lista di cose da fare mentre Sandy mi apre i vari sportelli della cucina facendomi vedere cosa c'è al loro interno.
Sandy mi ha offerto un lavoro da babysitter.
Lo trovo perfetto, adoro i bambini, sono vicinissima a casa e non devo prendere autobus o mezzi vari.
«Benjamin è bravissimo non ti darà troppi problemi» dice sorridendomi.
Benji mi sembra un bimbo molto dolce, è suo fratello che mi preoccupa.
Sandy mi ha chiesto aiuto perché è evidente che Axel non riesce a stare dietro al fratello.
Ad un certo punto arriva una telefonata al cellulare super all'avanguardia di Sandy e si allontana, così mi avvicino a Benji che si trova in una culla di quelle portatili da macchina che è appoggiata sul divano.
La cinturina è inserita nel caso si dovesse muovere e cadere, sta dormendo profondamente e sembra un vero angioletto con quei ricciolini biondi.
Sandy e Axel hanno i capelli neri, mi chiedo proprio da chi li ha presi così chiari.
Probabilmente da suo padre.
«Scusami il lavoro mi occupa gran parte della giornata» dice Sandy avvicinandosi di nuovo a me con un sospiro.
In effetti l'ho sempre vista in tenuta elegante come se dovesse andare a lavorare da un momento all'altro.
«Il padre di Benjamin?» chiedo.
Non sia mai che incontri il signor Clark nello stesso modo del figlio maggiore con un deodorante in mano.
La sua faccia diventa di pietra.
«Non c'è, non siamo in buoni rapporti» dice distogliendo lo sguardo e andando verso il bancone per prendere la lista, me la passa.
«Qui c'è scritto tutto» dice. Prende la borsa abbandonata sul divano.
«Il mio numero c'è l'hai, chiamami se hai bisogno» dice ed io annuisco.
Mi ha spiegato Sandy che il suo lavoro consiste in mediazione linguistica per una grande azienda e molte volte si trova a viaggiare per lo Stato.
Lo trovo un lavoro meraviglioso, ma le toglie molto tempo da passare con la famiglia.
Non so se ci riuscirei ad essere sempre in movimento come lei, in più con un figlio piccolo a cui badare.
«Torno per le nove» dice.
«Ciao e grazie» dice sorridendomi.
«Ciao Sandy» dico.
Appena chiudo la porta guardo l'orologio, sono le tre di pomeriggio.
Quante possibilità ho in sei ore di beccare quell'antipatico di Axel?
Porto il trasportino con me in giro per la casa.
Ho notato che tutte le case del quartiere hanno due piani. Salgo le scale, so che al piano di sopra c'è la stanza di Axel ma cos'altro?
Apro varie stanze.
In una c'è il bagno, nell'altra quella che penso sia di Sandy con alcuni giochini sul letto matrimoniale segno che molte volte Benji dorme con lei nel lettone, ci sono altre porte ma sono chiuse a chiavi.
Mi fermo davanti alla porta che so essere quella di Axel.
Non voglio entrarci ma sono curiosa di sapere come sia.
Da camera mia ho visto solo le tende e un pezzo di letto.
Porto una mano sulla maniglia ma Benjamin inizia a piangere dentro il trasportino.
Metto il trasportino per terra e lo prendo in braccio.
«Ehi tesoro, hai fatto un brutto sogno?» chiedo.
Lui ha la faccina tutta rossa e qualche lacrima solca il suo viso.
«Vuoi l'orsetto?» chiedo.
Lui non dice niente ma lo prendo lo stesso come un sì.
Scendo le scale andando in camera sua, prendo l'orsetto dalla culla.
Glielo do e lui si tranquillizza leggermente ma rimane comunque un po' agitato muovendo i piedini a raffica. Prendo anche un cuccio e glielo passo e così torna a chiudere gli occhi appoggiandosi alla mia spalla.
Lo porto di nuovo su per le scale e lo faccio sdraiare nel trasportino chiudendolo con la cinturina.
Mi alzo di nuovo in piedi e apro la porta di camera di Axel e subito mi infeste il suo profumo e il cuore va più veloce.
Non capisco il perché di questa mia reazione.
La camera è disordinata, il letto è l'unica cosa messa bene, il resto è un gran casino.
Sulla sua scrivania ci sono molti libri sparsi a casaccio.
Il suo armadio è aperto rivelando maglie e jeans scuri.
Le pareti sono colorate di un blu notte e il pavimento è di parquet scuro.
Le mani mi prudono dalla voglia che ho di mettere tutto a posto, non sono esattamente una ragazza super ordinata ma la camera di Axel ha davvero bisogno di essere salvata.
Alzo il mento.
L'ultima cosa che farò è aiutare quel antipatico.
Mi giro e una figura maschile si erge davanti alla porta della stanza.
Alzo lo sguardo, punto gli occhi su quelli color miele di Axel.
Incrocia le braccia aspettando evidentemente una spiegazione che ho intenzione di non dargli. Gli passo affianco senza dire niente prendendo il trasportino con Benjamin pronta a filarmela.
«Allora mia madre l'ha fatto veramente?» chiede.
«Cosa?» chiedo girandomi.
«Assumerti» dice inclinando la testa e squadrandomi.
Arrossisco.
Deve smetterla di guardarmi in questo modo, perché lo fa se gli interesso meno della merda sotto le scarpe?
Mi fa provare delle strane sensazioni.
«Sì» dico seria, incrociando le braccia sul petto.
«Mi fa molto piacere» dice chiudendomi la porta della sua stanza in faccia.
Era ironico?
Trattengo un ringhio e scendo le scale con il sangue che mi ribolle nelle vene, a Nashville non avevo nemici.
Sono sempre stata una ragazza abbastanza schiva e selettiva con gli amici e se una persona non mi piaceva la evitavo semplicemente. Il mio ex Mick, lui si che aveva un sacco di persone contro, ma ha fatto tutto da solo.
È estenuate come Axel sia ovunque.
Persino nel gruppo di amici di Giselle.
L'unico ragazzo che mi irrita è ovunque.
Porto Benjamin nella sua cameretta e lo metto a dormire nel suo boxe un po' più comodo.
Sarò costretta a cenare con Axel.
Che gran rottura.
Prendo la radiolina e la metto vicino a Benjamin facendo il minor rumore possibile chiudo la stanza.
Metto l'altra radiolina attaccata ai miei jeans così da sentire subito se si dovesse svegliare.
Ho detto a Sandy che mi piaceva cucinare ed è stata felice di mostrarmi una ricetta per bambini che se volevo potevo fare a Benjamin.
Ho detto tranquillamente di sì.
Non so minimamente se Axel intende mangiare a casa sta sera, ma tanto io per lui non cucino.
A metà della ricetta che sto preparando per Benji mi insospettisce non sentire nessun suono provenire da camera di Axel.
È troppo tranquillo.
Prima di cucinare mi faccio una coda, odio avere i capelli davanti mentre cucino.
Taglio le patate e le carote sbucciate poi prendo un pentolino e ci metto la miscela di patate e carote con un po' d'acqua così da cucinarsi, poi dopo provvederò a schiacciarle e a farle raffreddare per Benjamin.
Dovrebbe cuocere all'incirca per trenta minuti, giusto il tempo per vedere cosa fanno entrambi i fratelli Clark.
Vado a dare un'occhiata veloce a Benjamin ma come sospettavo dorme profondamente.
È adorabile, con quei ciuffetti biondi che sparano ovunque.
Lo lascio in pace e mi dirigo su per le scale.
Il mio cervello mi sta chiedendo perché voglio sapere cosa sta facendo ma non riesco a maturare una risposta.
Semplicemente non l'ho mai sentito così silenzioso quindi mi sto chiedendo se sia morto, non vorrei trovarmi in una situazione scomoda con i poliziotti semplicemente questo.
Arrivata davanti alla sua porta mi chiedo se devo bussare.
Ovvio che devo bussare, questa è casa sua!
Busso lievemente e non udendo risposta sto ferma.
Al diavolo!
Apro la porta e la stanza è immersa nel buio tranne per la abat jour che crea una luce giallastra sopra alla scrivania.
Axel è piegato su di essa intento a scrivere qualcosa.
Non ha la maglietta, indossa solo dei pantaloni neri morbidi della tuta.
La sua schiena da questa prospettiva è davvero..
Si solleva come se si sentisse osservato e il mio cuore inizia a battere più veloce, si gira e si toglie una cuffietta dalle orecchie.
Mi fissa.
«Desideri qualcosa?» chiede con tono incolore.
Davanti a lui ha un foglio scarabocchiato e anche per terra ce ne sono diversi tutti accartocciati.
«Mangi a casa?» chiedo già pentita di essere entrata in camera sua.
Ma ormai manca poco alla cena.
Si gira totalmente sulla sedia girevole incrociando le braccia.
Il mio sguardo si posa sui suoi muscoli definiti e deglutisco molto imbarazzata.
Ieri mi ha detto che per lui era strano non vedermi mezza nuda, cosa fa adesso ricambia il favore?
Tra la doccia dell'altra volta e adesso..
Sospira portandosi la matita che ha in mano allo bocca, inizia a torturarla e inizio a spazientirmi.
«Allora?» chiedo impaziente.
Lui mi sorride, togliendosi la matita dalla bocca.
«Sì, mangio qui» dice.
«Cucini tu?» chiede.
«Sto facendo da mangiare per tuo fratello..» non mi lascia finire di parlare che mi aggredisce.
«Mi hai preso per un neonato?» chiede turbato.
Sbuffo stringendo i pugni.
«Se mi avessi lasciato finire, avrei detto che mangio anch'io qui quindi preparare qualcosa anche per te non è un problema» dico prima di girarmi e andarmene chiudendomi la porta dietro.
Mi irrita questo ragazzo, con tutto il mio cuore.
Torno da Benji e dorme ancora profondamente così non lo disturbo anche se tra poco dovrà mangiare quindi dovrò svegliarlo.
Quando torno in cucina vedo che l'acqua nel pentolino è finita e così mi sbrigo a toglierlo dal fornello prima che il contenuto al suo interno si bruci.
In questa manovra riesco a strusciare per sbaglio il dito nel bordo di acciaio del pentolino. Riesco a non far cadere tutto ma mi fa malissimo.
Porto il dito sotto l'acqua e aspetto che passi.
Torno al maledetto pentolino e prendendo un piattino con una forchetta schiaccio le patate e le carote fino a farle diventare una purea.
Mentre il mangiare di Benjamin si raffredda, apro degli sportelli cercando di pensare cosa preparare da mangiare per me e Axel.
Non voglio che abbia un pretesto per dire che la mia cucina fa schifo, devo fare qualcosa di buono che so fare bene.
Ho deciso, apro il frigo e noto della carne tritata.
Farò i miei hamburger rivisitati con gli ingredienti presenti nel frigo della famiglia Clark.
Lavoro la carne con un po' di parmigiano e del prezzemolo per insaporirla e poi creo dei rettangoli da mettere sul fuoco .
Insieme preparo anche dell'insalata e del purè con le patate rimaste.
Alla fine quando metto tutto in tavola sono soddisfatta, sto per chiamare Axel ma è come se mi avesse letto nel pensiero lo sento che scende dalle scale.
Quando sbuca tono che si è infilato una maglietta per mia fortuna.
Mi irrita un po' sapere che scendendo non gli è venuto in mente di andare a prendere anche Benjamin.
È suo fratello ed è come se non esistesse.
Ma dopotutto non ci sarei io qui se lo facesse già lui.
«È pronto?» chiede guardando il tavolo.
Annuisco anche se non mi guarda mentre si siede a tavola e si butta sul cibo.
Vado nel corridoio, ed entro nella stanza di Benji.
Lo guardo e vedo che ha gli occhi aperti e muove i piedini senza piangere.
Che tesoro.
Lo prendo in braccio e torno in cucina.
Axel è al cellulare e non ci degna di un'occhiata continuando a mangiare.
Metto Benji nel suo seggiolino e lo avvicino alla mia sedia.
Gli porto davanti il suo piattino e soffio sopra al contenuto prima di provare a dargliene un po' con il cucchiaino.
All'inizio gira la testa ma poi decide di provare.
Sorrido grata che non faccia storie.
Mi giro verso Axel per chiedergli se gli piace ma lui manco mi guarda e così sto zitta.
Cosa avrà di così interessante questo cellulare me lo chiedo proprio.
Dopo aver mangiato due bocconi decido di parlare, mangiare in silenzio è triste.
A casa mia o parla mia madre o parlo io, non c'è un momento di silenzio.
«Ti piace?» chiedo.
Lui fa un suono affermativo senza dire niente.
Inarco un sopracciglio.
«Hai mica un cerotto prima mi sono bruciata» dico facendogli vedere il mio dito indice.
Lui mi lancia un'occhiata e sospira alzandosi dal tavolo.
Va nel bagno vicino alla stanza di Benjamin e torna con un cerotto, me lo passa.
Gli sorrido.
«Grazie» dico mettendomelo.
Si ferma dal continuare a mangiare e mi guarda.
«Alla fine non mi hai risposto» dice.
«A cosa?» chiedo portando un pezzo di foglia di insalata alla bocca.
«Al mio gioco» dice con voce roca sempre continuando a guardarmi.
Le guance mi si tingono di rosso.
«Se era un modo per farmi sentire in imbarazzo ci sei riuscito..» dico ma lui ride e i fermo.
«No, volevo capire se tu vedevi quello che vedevo io» dice avvicinandosi.
Mi allontano per continuare a dare da mangiare a Benjamin e gli rispondo senza guardarlo.
«Non so cosa vedi tu sinceramente ma io..» inizio a dire ma il cellulare nella mia tasca inizia a suonare e mi alzo per rispondere.
Quando sullo schermo appena la foto buffa che ho impostato per mio padre mi si stringe il cuore.
Da quando ci siamo trasferite non mi aveva ancora chiamata.
«Hallå» ciao.
Con mio padre parlo sempre in svedese, anche se sarei curiosa di vedere la faccia di Axel mi avvicino alla finestra che da sul davanti della casa a pochi metri dal tavolo.
«Hej älskling» ciao tesoro.
Ciao tesoro?
«Vad är fel?» cosa cè?.
Non ho davvero voglia di parlargli in questo momento.
«Jag ville veta hur du hade det om du hade bosatt dig..» volevo sapere come stavate, se vi eravate sistemate.
Mi porto una mano alla fronte massaggiandomela.
Davvero?
Adesso si preoccupa per noi?
Non poteva farlo prima di rovinare la nostra famiglia?
«Vi har det bra, jag hoppas att din sekreterare också» stiamo bene, spero anche la tua segretaria.
Gli butto giù e torno a sedermi al tavolo.
Axel mi sta fissando.
«Che lingua era quella?» chiede.
Mi giro di scatto verso di lui, ormai sono irritata.
«Che ti importa?» chiedo.
Sono arrabbiata, non direttamente con lui ma è l'unico con cui mi posso sfogare ora.
Sbuffa alzandosi.
Sospiro sentendo che se ne sta per andare.
«Ero al telefono con mio padre, io e lui non siamo in ottimi rapporti e quello che hai sentito era svedese, lui è di Stoccolma» dico portando un altro po' di pappa alla boccuccia di Benji.
Lo sento che torna verso il tavolo.
«Forse sei più interessante di quello che sembri» dice e poi se ne va su per le scale.
Mi giro corrugando la fronte.
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Non mi hai dato alternative
RomanceJosephine è la quiete. Axel è la tempesta. Josephine da un appartamento a Nashville si trasferisce nelle casette a schiera di Memphis, sempre in Tennessee, dopo che sua madre ha completato le pratiche di divorzio da suo padre. Mentre si trova in g...