➵ Capitolo 24

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Dicembre.
Axel
I giorni passano, sembrano quasi tutti uguali ad essere sinceri. Piove, fa freddo e c'è vento.
A scuola faccio il minimo indispensabile, quello di francese ha finalmente capito che non mi ammazzerò per imparare una lingua straniera l'ultimo anno di scuola e mi sta lasciando stare.
Il Ringraziamento è passato senza problemi, eravamo io, mia madre e Benjamin un veloce pranzo di famiglia dato che la famiglia di mia madre è a San Francisco e ci vediamo poco.
Sono riuscito a terminare la mia ultima canzone ma non l'ho ancora fatta leggere ai ragazzi. Non credo di volerla usare, ci ho messo molto tempo a scriverla e non mi convince.
Mi sembra diversa da quelle che cantiamo di solito, è più personale.
In questo periodo mi sento stressato.
Anche il Natale è passato quasi inosservato, tra i soliti regali inutili e quelli che avresti voluto ricevere ma che non hai ricevuto.
La casa ancora sa di quella candela al pan di zenzero che ha acceso mia madre i giorni prima, l'albero è in salotto imponente e sfavillante come ogni anno dato che mia madre ne prende sempre uno diverso e da in beneficenza quello vecchio.
Tra pochi giorni c'è il compleanno di Benjamin e Josephine ogni volta che viene a badare a lui non fa altro che parlare dei regali che vuole fargli e mi riempie la testa di cazzate da poppante.
«L'aeroplanino vola in alto e facendo un giro su se stesso ritorna verso casa» dice Josephine portando alla bocca di Benjamin un cucchiaino di pappa.
«Bravissimo» dice pulendogli la bocca con un fazzoletto quello che invece non è arrivato a destinazione.
«Ci sei oggi pomeriggio alla pista sul ghiaccio?» chiedo bevendo un sorso di caffè. 
Oggi è sabato quindi mi sono svegliato tardi e sto facendo colazione mentre Josephine sta dando il pranzo al neonato.
«Non credo».
«Perché?».
«Motivo numero uno devo stare con Benji fino alle tre, motivo numero due sono impegnata» dice.
Glielo dico o non glielo dico?
«È da un po' che non esci con noi» dico alla fine mangiando un biscotto.
Non dice niente e questo mi fa sospettare.
Giro intorno al bancone per riuscire a vederle il viso ed inclino la testa.
«Josephine» dico.
Lei mi guarda e sospira.
«Lo so» dice.
«È colpa mia?» chiedo.
Mi guarda di nuovo.
Ha i capelli raccolti in una treccia alta ed è leggermente truccata, quando viene a casa mia è sempre molto naturale e anche se non lo avrei detto mi piace.
«Devo dirti una cosa» dice ritornando a dare da mangiare a Benjamin e non guardandomi.
«Cosa?» dico stringendo la mascella.
So già che non mi piacerà.
«Io..» dice.
Ma si ferma e io mi inizio a innervosire sul serio.
«Parla Josephine» dico.

Josephine
È passato oltre un mese dal compleanno di Marcus, la mia vita come quella di Axel è andata avanti anche se non insieme.
Ho svolto tutte le lezioni di pole dance a cui mi aveva inscritto Axel e mi sono prenotata anche per altre lezioni che inizierò ufficialmente a gennaio.
Il Natale da sola con mia madre non è stato dei migliori ma è migliorato quando sono venuti alcuni dei nostri parenti al pomeriggio, che avrò visto si e no tre volte nella mia vita.
Quel giorno ho anche ricevuto un messaggio da mio padre che mi augurava buon natale e che desiderava per me solo il meglio. Mentirei nel dire che non mi manca, soprattutto ora sotto le feste.
Mio padre adorava riempire casa nostra di luci colorate, mi chiedo se lo ha fatto anche quest'anno.
Vorrei rivederlo, ma non so se riuscirei a guardarlo con gli stessi occhi. 
Porto l'ennesimo boccone di carote tritate con non so che cosa alla bocca di Benjamin che lo mangia tranquillo.
Io invece non sono per nulla tranquilla.
So come la prenderà quando gli dirò quello che gli devo dire. Anche se praticamente non l'ha mai ammesso so che si infurierà.
«Ho iniziato di nuovo a scrivermi con Christian» dico tenendo gli occhi fissi su quelli giocosi di Benji.
Il bimbo mi sorride e tira fuori la lingua pulendosi un po' di pappa che ha sul labbro superiore.
Non udendo risposta da Axel mi giro per guardarlo.
Ha la tazza di caffè davanti e lo sguardo scuro su di me.
«Cosa hai detto?» chiede.
Mi schiarisco la voce, innervosendomi.
«Mi hai sentito benissimo» dico.
«Non credo dato che quello che hai detto è una grande stronzata» dice irritato.
«Axel..» scuoto la testa.
«Perché? Mi sembrava che aveste chiuso» dice incrociando le braccia.
«Anch'io, ma qualche giorno fa si è rifatto vivo e oggi pomeriggio usciamo» dico.
Mi guarda, occhi negli occhi.
«Okay» dice.
Aggrotto la fronte.
Okay?
Pensato desse di matto, tirando cose per la casa e urlandomi contro.
Invece non l'ho quasi scalfito.
Si sposta e porta la tazza al lavabo, sbattendola dentro facendo un suono che mi fa chiudere gli occhi per un secondo.
Okay, credo che l'abbia rotta.
Non è affatto tranquillo come sembra.
Va verso le scale e non si fa più sentire.
Mi metto dei jeans scuri e una maglietta a maniche lunghe lunghe con delle perle intorno al colletto. 
Mi metto anche degli orecchini e un braccialetto di perle per riprendere il dettaglio, mi piace mettere tutto in pendant.
«Ehi skätt» dice mia madre spuntando dalla porta con i suoi soliti occhiali da vista.
Ehi tesoro.
Vedo che in mano qualcosa.
Sorrido, elettrizzata.
«Hai concluso il libro?» chiedo andandole incontro.
Annuisce orgogliosa passandomelo, ovviamente è stampato su normali fogli A4.
«Sai che ho sempre bisogno di un tuo consiglio» dice.
«Lo inizierò quando torno» dico mettendo il manoscritto sulla scrivania.
«Guarda almeno le prime pagine» dice riprendendolo e dandomelo di nuovo in mano.
Lo apro e leggo il titolo "Tu non sai chi sono" di Margot Thomas.
Già mi intriga!
Giro la pagina dopo e leggo la dedica iniziale.
Alla mia bambina: spero rincorrerai sempre la felicità e ricordati che a prescindere da tutto, io sarò con lei.
Sorrido e chiudo gli occhi che mi diventano subito lucidi.
Alzo lo sguardo su mia madre e mi butto tra le sue braccia.
«Grazie» sussurro.
Lei mi stringe forte accarezzandomi i capelli.
«Lo penso sul serio Josephine, anche se la nostra famiglia non è più unita io per te ci sarò sempre» dice tra i miei capelli.
Stringo ancora di più gli occhi.
La loro separazione, anche se ho cercato di non darlo mai a vedere mi ha aperto una piccola voragine del cuore incolmabile.
«Lo so, mamma».
Mi allontano e la guardo in faccia.
Mi sembra giusto parlargliene adesso.
«Papà mi ha scritto di recente» dico con il cuore in gola.
Lei stringe le labbra ma mi lascia continuare.
«Credo che mi manchi un po'..» dico e lei mi stringe il viso tra le mani.
«È normale, non devi aver paura di dirmi queste cose» dice.
«Puoi vederlo se te la senti» dice.
Io deglutisco, mordendomi il labbro.
In tutto questo tempo ho evitato di pensare a lui, perché non voglio perdonare il suo ignobile comportamento.
Non voglio che pensi che per me sia tutto apposto.
Ha comunque rovinato la nostra famiglia.
«Non lo so» dico sincera con lo sguardo basso.
«Non portare rancore tesoro» dice stringendo ancora in un abbraccio.
«Evidentemente doveva andare così» sussurra e io chiudo gli occhi.
Evidentemente.

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