➵ Capitolo 12

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Josephine
Porto le mani sul pancino di Benji e gli faccio il solletico.
Lui si dimena e strilla.
Sento il mio cellulare iniziare a vibrare da qualche parte.
Lascio Benji sul divano con dei cuscini tutto intorno mentre prendo il cellulare dal mobile della cucina.
È una videochiamata di Giselle.
Porto il cellulare davanti al viso e accetto la chiamata.
«Ehi» dico sorridendole.
«Ciao Josie, volevo scriverti sta mattina ma tra una cosa e l'altra mi sono dimenticata» dice e la vedo chiudere la porta dietro di lei. Suppongo dal rosa delle sue pareti che sia in camera sua.
Sarà appena tornata da scuola.
«A proposito, Axel non è venuto a scuola, ne sai qualcosa?» chiede aggrottando la fronte.
Mi avvicino a Benji e me lo sistemo in braccio in modo da poter parlare in maniera chiara con Giselle.
«Io.. non ne ho idea».
Ed è la verità, dovevamo studiare ma poi se nè andato via senza darmi nessuna spiegazione.
«Ah okay, comunque volevo dirti..» la vedo girarsi di scatto verso la porta.
«Delilah vattene sto parlando» urla.
«Dove sono le chiavi della macchina della mamma?» chiede una voce che dalla telecamere del cellulare di Giselle non riesco a vedere.
«Che vuoi che ne sappia, non guido» dice Giselle dandomi ancora le spalle.
«Dovresti un po' svegliarti e prendere anche tu la patente» dice l'altra con voce maligna.
«Sei una brutta stronzetta viziata se non fosse che sei stata un'anno a New York di certo non la prendevi così presto» dice Giselle e la vedo alzarsi e probabilmente dal tonfo che sento ha chiuso la porta in faccia a questa ragazza.
«Chi era?» chiedo.
Giselle torna a guardare lo schermo del cellulare sospirando.
«La mia sorellina Delilah, è una vera rompi scatole, è stata un'anno a New York in non so che scuola di cervelloni e adesso è tornata» dice alzando gli occhi al cielo.
Suppongo che non vadino tanto daccordo.
Quando vedo scene del genere sono contenta di essere figlia unica.
«Comunque stavo dicendo..» inizia di nuovo a parlare ma io sento una musica a tutto volume e il mio sguardo si sposta sulla finestra.
Vedo un motorino fermarsi davanti a casa.
Tolgo il casco riconosco subito Axel.
«Josephine mi stai ascoltando?».
Torno a guardare il cellulare ma dentro di me muoio dalla voglia di sapere dov'è stato.
Ma se lui non me ne parlerà io evito di chiederglielo, non è mai molto disponibile a parlare delle sue cose.
«Sì ti ascolto».
«Allora i ragazzi volevano vedersi uno di questi giorni per decidere cosa fare per halloween, te ci sei?» dice.
«Dovrei essere libera, ti faccio sapere il giorno prima» dico sposandomi i capelli dietro le orecchie.
«Molto bene sono felice» dice.
«Oggi fa più caldo del solito non trovi?» chiede appoggiando il cellulare probabilmente sul cuscino davanti a lei e iniziando a farsi una treccia laterale.
I suoi capelli neri sono veramente molto voluminosi non mi sorprendo che abbia caldo.
«Sì, hai ragione» dico.
Aggrotto la fronte davanti alla vista del suo collo.
Mi avvicino allo schermo e ridacchio.
«Che c'è?» chiede.
«Dovresti dire a Derek di non farti dei succhiotti così visibili i tuoi genitori se ne potrebbero accorgere» dico facendo un sorriso complice.
Ha un segno molto rosso indubbiamente un succhiotto lungo il collo.
Lei se lo copre ridacchiando.
«Oh» dice.
Evita il mio sguardo, guardando ovunque tranne che il cellulare.
«Devo andare ci sentiamo per messaggio ciao Josephine» dice e riattacca.
Guardo il cellulare come se avessi davanti un alieno.
«Era Giselle?».
Alzo di scatto lo sguardo e vedo Axel bere direttamente dal bottiglia di succo darancia.
Non l'ho manco sentito entrare.
«Sì era lei» dico.
I suoi capelli sono come al solito indomabili e i suoi occhi mi trasmettono come sempre molte sensazioni di cui la metà non saprei manco dargli un nome.
Benjamin si dimena tra le mie braccia e alla fine opto per lasciarlo gattonare sul pavimento liberamente.
«Com'è andata?» chiedo alzandomi.
Lui mette a posto il succo nel frigo.
«Non come speravo» dice.
E so che sarà l'unica cosa che riesco ad ottenere da lui.
Dopo quell'episodio di infrazione e rottura di una finestra intenzionale, mi chiedo chi lui sia realmente.
Una cosa è certa però, ha fatto arrabbiare qualcuno di importante.
Guardo l'ora sul mio cellulare è ormai l'una e non abbiamo ancora pranzato.
«Hai già mangiato?» chiedo.
«No e voi?» chiede guardando per un secondo Benjamin che sta giocando con il tappeto della cucina.
«No, ma posso preparare dei burritos per entrambi in massimo mezz'ora» dico andando verso la cucina.
«Okay» dice e inizia a salire le scale probabilmente diretto in camera sua.
Lancio un'occhiata a Benjamin che ora ha le dita in bocca e mi fissa.
«E per te principino, un bel passato di pollo» dico alzando in aria il suo omogenizzato. Benjamin con i suoi occhietti azzurri come il mare, mi sorride.

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