Capitolo 17: AMORE E RISENTIMENTO, Parte 2

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Jason osservava l'alba, appena dietro le colline ormai spoglie di vegetazione. Invidiò la pazienza e la responsabilità del sole nel suo perpetuo sorgere e tramontare. Cosa garantiva che un giorno o l'altro non sarebbe mai più sorto? o mai più tramontato?

   La speranza, probabilmente. O magari l'incuranza. Senza timore, non c'è alcun bisogno di fede.   

   D'un tratto, il Nephilim venne affiancato da Natasha. Costei, da sopra una spalla, gli rifilò un'occhiata furbesca. –– E tu? Non hai una famiglia da salutare? –– gli chiese. Il suo tono suonava graffiante e melodioso, due note opposte della stessa ottava in un'unica sinfonia. 

   Bastava che Jason intravedesse le labbra sottili e gli occhi studiosi di Natasha affinché sapesse che sarebbe rimasto indignato quanto deliziato dalla Prescelta, perennemente misteriosa, enigmatica in ogni atteggiamento e in ogni parola. 

   E non gli piaceva ammetterlo. 

   –– A cosa ti riferisci?

   Natasha agguantò con grazia il ciondolo che il ragazzo portava al collo, e dopo averlo sventolato, glielo lasciò ricadere sul petto. –– Non sei un Lionchild. Come mai ti ritrovi in questa famiglia?

   –– Non ti riguarda –– troncò Jason. 

   –– Suvvia, io ti ho raccontato della mia famiglia. Non sei affatto cortese, se... 

   –– Ho detto che non ti riguarda! –– Il Nephilim uscì dai gangheri. 

   –– Dio santo, calmati. Sei sicuro di essere un maschio? No, perché sai, le donne, regolarmente una volta al mese, diventano irascibili per via delle loro... 

   –– Sono stato abbandonato in una culla marcita dalla salsedine –– proruppe Jason. Si avvicinò a Natasha tanto bruscamente da farla ammutolire e vacillare. Il suo tono s'era fatto più grave e minaccioso; la postura assunta rendeva la sua figura un'ombra incombente; il suo sguardo era tetro e furibondo. –– Ronald e Cheyenne mi hanno trovato sulle rive di una spiaggia olandese, di ritorno da una missione. Ero avvolto in un fascio di coperte fradice, in fin di vita. Avevo le labbra viola, la pelle ingrigita dall'acqua di mare. Pativo la fame e la disidratazione. A malapena respiravo, i miei polmoni erano pregni d'acqua. Tutto ciò che potesse ricondurre alla mia famiglia era il ciondolo che porto tuttora al collo. Una volta che i signori Lionchild mi presero con loro, chiesero all'Istituzione Primordiale di svolgere ricerche sui miei genitori, Clare e Aidan Blacklight. Poche settimane dopo, i loro corpi furono rinvenuti in una grotta sottostante le coste frastagliate della Francia settentrionale, maciullati dalle creature marine che ne avevano fatto banchetto, ridotti in una poltiglia di pelle putrefatta. Non esistono altri Blacklight al mondo; sono l'unico. Ecco perché mi ritrovo nella famiglia dei Lionchild. 

   Natasha non batteva ciglio. Il suo volto era inintelligibile, statico, come se l'accenno di una qualsiasi espressione fosse perito sul nascere, congelato e cristallizzato un istante prima che prendesse forma. Poi, inaspettatamente, la Prescelta si incupì, le sopracciglia aggrondate in un ghigno offeso e collerico. –– Siamo più simili di quanto pensi –– ringhiò. –– Non c'è bisogno di essere tanto bruschi, Jason Blacklight. –– Detto questo, volteggiò su sé stessa e tornò all'interno del castello con camminata furiosa, quasi potesse indurre il terreno a franare e rovinare sotto di sé ad ogni passo. Sbatté un'anta del portone tanto forte che il boato riprodotto si disperse tra le colline dai dolci declivi delle estese belga.

   Jason

   si

   adirò.

   Emise un animalesco verso di rabbia e si precipitò a rincorrere Natasha. 

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