[Ryujin's p.o.v.]
«Jisu-ya, alla buon'ora!» dico non appena apro il protone di casa, ritrovandomi davanti il viso sorridente della mia migliore amica, che non perde nemmeno un secondo per abbracciarmi.
«Ma quello non è il padre di Yuna?»
«Ma chi? Ti stai sbagliando, dai entra» la castana mi spinge dentro casa chiudendo la porta alle sue spalle, per poi appoggiarcisi sopra con un sorriso imbarazzato.
«Ti ha portata lei?»
«Lei chi?»
«Yuna»
«Non conosco nessuna Yuna»
«Sei proprio idiota, lo sai? Se eri da lei puoi anche dirmelo» mi allontano scocciata dalla castana andando verso camera mia.
«In realtà lei era da me» confessa infine la maggiore, ora nella mia stessa stanza.
«Come mai?» le chiedo io curiosa e desiderosa di conoscere il motivo del loro incontro all'oscuro di me.
«Avevo... bisogno di parlare» Jisu si siede sul mio letto con un'espressione intrisa di tristezza e stranezza sul viso, poggiando poi il suo zaino per terra poco lontano da noi.
«È successo qualcosa?» preoccupata, mi accomodo al suo fianco e comincio ad accarezzarle lentamente una coscia. Al contatto con la mia mano la sento sobbalzare un poco, per poi rilassarsi subito dopo; una reazione strana, da parte sua, reazione che sinceramente non mi sarei mai aspettata.
«No, è tutto a posto» dice lei facendosi un po' più in là per interrompere il minimo contatto che avevo creato tra di noi.
«Quindi? Che si fa?» Jisu insabbia il discorso cominciando a parlare di come procederà la nostra serata, ma io non ho la minima intenzione di lasciare a metà questa conversazione alla quale voglio arrivare in fondo.
«Si fa che ora mi dici cos'hai» continuo ad impormi, diventando fredda nei toni e distaccata nei gesti.
«Ryu, per piacere, non insistere. Non mi va di parlarne» si giustifica lei con lo sguardo perso tra le fughe del pavimento in legno consumato di camera mia.
«Non ci penso nemmeno, ho il diritto di saperlo»
«Ti ho detto che non ne voglio parlare»
«E allora perché con Yuna l'hai fatto?»
«Perché lei poteva saperlo» forse alcune parole di troppo quelle che escono dalla bocca della castana, che mi lasciano perplessa e sorpresa.
«Ah, quindi è qualcosa che io non devo sapere»
«No Ryujin, a-ascoltami: non voglio parlarne, veramente» i suoi occhi che urlano pietà sono l'unica cosa che mi convince a non mandare avanti questa discussione, anche se vorrei tanto arrivarci in fondo e capirci qualcosa di più.
«Fai come credi» sono le mie ultime parole seguite poi da un forte sospiro che scarica tutta la tensione accumulata in questi pochi minuti. Qualche attimo di silenzio, poi Jisu si sdraia accanto a me sul mio materasso ad una piazza e mezzo e fa partire uno dei nostri film preferiti.
«Abbassa il volume che mia madre sta riposando nella sua stanza» sguardo vuoto, espressione rigida, voce profonda, tutti sintomi della mia rabbia, se così si può dire. A volte penso a come ogni persona su questo dannato pianeta manifesti le emozioni in un modo diverso e, nel caso della rabbia, tante volte il modo in cui la esprimiamo rischia di diventare pericoloso. Fortunatamente io non sono una persona che se la prende tanto, o almeno, non tutte le volte. Ci sono dei momenti in cui vorrei prendere a schiaffi la persona con cui sto litigando e dei momenti in cui la lascio parlare al vento perché tanto non me ne frega un cazzo di quello che ha da dire a riguardo. Posso liberamente dire che la mia reazione dipende dalla situazione in cui mi trovo e dalla persona con cui sto discutendo, ma in ogni caso sconsiglio a chiunque di litigare in una cucina: non si sa mai quali utensili i due litiganti decidono di tirarsi a vicenda e c'è solo da sperare che non siano coltelli. Come quella volta in cui Yuna mi ha quasi tirato una caffettiera solo perché la stavo un pochettino prendendo in giro; che bei pezzi di storia questi.
Lentamente il film scorre, ripetendo quelle battute ascoltate milioni di volte come fosse la prima e appassionandomi come sempre. Jisu si fa man mano sempre più vicina al mio corpo, finendo per appoggiare la testa sul mio petto. Come posso rimanere ancora arrabbiata con lei? La stringo a me abbracciandola un poco e sperando di farle sentire la mia vicinanza qualunque cosa sia successa anche se non vuole o non si sente di dirmelo. Sinceramente mi sento un po'... tradita. Insomma, alla migliore amica si può dire tutto, specialmente se è lei stessa ad offrirti il suo supporto e la sua partecipazione costante nella vita di tutti i giorni. Io e la castana ci conosciamo da quando praticamente eravamo ancora due poppanti rompi cazzo e sì, sono gelosa degli altri e ho sempre e costantemente paura che possa rimpiazzarmi con qualcuno migliore; diciamoci le cose come stanno: non ci vuole molto a trovare una persona nettamente migliore di me. Jisu si è sempre accontentata di me, di quel poco che posso offrirle nonostante tutto l'impegno che io possa mettere nel provare ad essere una persona diversa da quella che sono e che sono sempre stata. Lei mi ha sempre accettata per com'ero, non ha mai provato a cambiare nulla di me e non potrò mai ringraziarla abbastanza per questo. Forse non vuole dirmi ciò che le passa per la testa perché pensa che io la possa prendere male, oppure che io possa arrabbiarmi con lei oppure perché ciò che ha da dirmi potrebbe ferirmi. No, non può essere. Jisu non mi ha mai ferita e sono certa che mai penserebbe di fare qualcosa che potrebbe ferirmi; su questo potrei tranquillamente giocarmi la vita.
Il lungometraggio giunge al termine senza che io abbia portato un minimo di attenzione all'ultima parte della trama. Ormai lo so a memoria, perciò non me ne può fregare di meno. Afferro il telecomando e spengo la tivù, permettendo all'oscurità di calare sui nostri sguardi, con la sola luce del lampione poco distante da casa mia che penetra timidamente dalla finestra della camera.
«Ancora non vuoi dirmi di cos'hai parlato con Yuna?» se pensavate che avrei gettato la spugna così facilmente siete solo dei poveri illusi. Il mio piccolo sorriso è illuminato un poco dal flebile fascio di luce che entra nella stanza; espressione visibile allo sguardo di Jisu, ora appoggiata con i gomiti sul materasso per potermi osservare meglio.
«Non so come potresti prenderla» rivela lei con un'espressione un poco divertita, quasi simile alla mia.
«Ho mai preso qualcosa talmente tanto male da non parlarti per dei mesi?» continuo a scherzare nella speranza di sciogliere un po' la situazione e di tranquillizzare la mia migliore amica.
«Ma no, -ridacchia lei tirandomi un piccolo pugno sulla spalla e facendomi ridere a mia volta- però... non lo so» afferma la castana cominciando a giocare con le coperte, lo sguardo su di esse. Senza esitare porto una mano sotto il suo mento e alzo il suo viso facendo incontrare le nostre iridi che ora, a notte fonda, sembrano ancora più scure ed enigmatiche.
«Hai paura che me ne vada?» cerco risposta in quel viso che ora mi urla tutte le incertezze e le paure che frullano nella testa della maggiore. Ogni volta ha sempre questo stupido timore insensato, ha sempre l'impressione che io possa andarmene per qualcosa detto male o al momento sbagliato.
«Io non sono come gli altri e tu lo sai bene. Non ti lascerei neanche se dovessi accoltellarmi per qualsiasi assurda ragione» un sorriso compare sulle sue labbra sottili e, inevitabilmente, contagia anche il mio animo. Se c'è una cosa che adoro di lei è quando sorride, perché non solo lo fa incurvando le labbra, ma anche con gli occhi, che le spariscono dietro due lunette impercettibili ma brillanti. Le accarezzo il viso con una mano facendo attenzione ad utilizzare tutta la dolcezza che ho in corpo.
«Rimarrò sempre qui, ad aspettarti, ad attendere il momento in cui ti sentirai pronta a parlare con me di ciò che ti passa per la testa» in risposta ancora silenzio, nessuna parola, nessun suono che possa darmi la certezza che finalmente lei si sia convinta di questo fatto.
«Ryujin, i-io credo di amarti» sono bastate quattro parole per mandare in fumo le mie difese, quelle che ho costruito con il passare degli anni, quelle che speravo mi avrebbero resa più forte e, in un certo senso, immune ai sentimenti. Ci ho sperato, ma evidentemente non l'ho fatto abbastanza.
«Non volevo dirtelo perché avevo paura che ti spaventassi, perché so quanto hai provato a dimenticarti dell'amore e so che così non aiuto proprio per un cazzo» la maggiore comincia ad agitarsi sotto il mio sguardo sorpreso dalla confessione appena fatta; non avevo mai provato a pensare ad un noi tra me e la mia migliore amica.
«A dirti la verità non so nemmeno perché io te l'abbia detto, forse perché è l'unico modo per evitare di affogare dentro i sensi di colpa che mi stavano salendo a tenermi questa cosa dentro»
«Jisu, stai tranquilla»
«Sai cosa ti dico? Lascia stare, dimentica ciò che ho detto. Me ne vado a casa» la castana sta per alzarsi dal letto, ma le mie mani sono più veloci e riesco a bloccare i suoi movimenti con qualche semplice tocco.
«Tu non vai da nessuna parte a quest'ora della notte e non ti azzardare a pensare che io ti lasci andare via in questo modo» sono decisa nel tono anche se le lacrime si stanno presentando ai miei occhi.
«Ho detto che non me ne andrò e questo non è un fottuto motivo per farlo» Jisu torna lentamente verso di me poco dopo le mie parole, i nostri visi sempre più vicini. Il suo corpo sovrasta il mio mentre una sua mano si appoggia delicatamente sul mio petto prima di far combaciare le nostre labbra in un semplice contatto colmo di... amore? Non so se è esattamente ciò che provo io, ma così pare da parte sua e io non posso deluderla. Mai mi ero sognata una cosa simile, per di più con quella che fino a poco fa era la mia migliore amica.
«Non voglio essere solo tua amica» le parole della maggiore risuonano a pochi centimetri dalle mie labbra dalle quali si è appena staccata, per poi riprenderne possesso poco dopo. In un certo senso mi sento anche in dovere di darle ciò che vuole; devo fare così anche se mi conosco e sono certa di non esserne sicura. Il nostro bacio si approfondisce diventando bagnato, una danza di cui le nostre lingue sono le protagoniste. Qualche schiocco tra le nostre bocche, gli occhi chiusi e ciechi per il buio e la poca luce, poi Jisu si sdraia nuovamente accanto a me, sospirando sul mio collo forse per essersi tolta un peso.
«Sei tutto ciò che ho» parole forti, quelle della maggiore, parole che forse non mi sarei mai aspettata da lei. Non rispondo, semplicemente le accarezzo i morbidi boccoli castani con ancora il suo sapore tra le labbra. Sono tutto ciò che ha, tutto ciò che possiede. Non ho bisogno di essere di qualcuno, ma farò finta di non aver sentito. Una piccola ed impercettibile lacrima scivola lungo la mia guancia destra, quella un poco più illuminata, che si trova dalla parte opposta del letto in cui giace la maggiore. Saranno i sensi di colpa? Non ne ho la minima idea e forse non voglio nemmeno saperlo.
Sento le sue labbra appoggiarsi per un'ultima volta sulla mia pelle chiara, lasciandoci un leggero bacio, poi Jisu si addormenta ancora con la testa sul mio petto, cullata dai battiti del mio cuore.
Per una volta nella vita spero solo che il giorno mi salvi.[...]
Domenica mattina.
Il sole sta per sorgere, ma prevedo che oggi non sarà una giornata soleggiata. Sono uscita a farmi due passi nella speranza di riuscire a schiarirmi un poco le idee, anche se, da quando sono sola, non ho un attimo di tregua. L'immagine di Yeji, poi quella di Jisu che mi bacia, troppe emozioni contrastanti.
Non so che cazzo fare.
Forse dovrei parlarne con qualcuno.
Non so che ore siano, so solo che la maggiore dorme ancora e lei ha il sonno pesante, perciò posso stare tranquilla. Finalmente posso respirare anche se ora a soffocarmi ci si mettono questi cazzo di pensieri. Mi detesto quando non riesco a smettere di pensare.
Ma ora cosa dovrei fare? Con Jisu sto fingendo? Chi cazzo me la dà la risposta a tutte queste fottute domande che mi stanno assillando anche l'anima?
Mi sento una persona del cazzo.
Ci sono troppe voci nella mia testa.
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ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸ
FanfictionYeji è un'ex studentessa sudcoreana trasferitasi a Los Angeles con la sua famiglia. Lì comincerà una nuova vita, continuerà la scuola e cercherà nuove amicizie trovando, inaspettatamente, anche un nuovo amore. [ᴇsᴛʀᴀᴛᴛᴏ ᴅᴀʟʟᴀ sᴛᴏʀɪᴀ] «Io non so amar...