[Ryujin's p.o.v.]
«Chi era?» mi domanda Jisu quando mi vede fremere per l'agitazione.
«Yeji» le rispondo sbrigativa, mentre afferro la giacca e le chiavi della macchina.
«Io devo andare, ragazzi. Devo sbrigarmi, è importante e non credo di avere molto tempo a disposizione» affermo, poi indosso la giacca ed esco dalla stanza.
«Non mi avresti dovuto portare a casa?» domanda il mio migliore amico ancora seduto sul letto. Mi dispiace tanto lasciarlo qui, ma devo andare da lei il prima possibile. Non so quanto ancora possa reggere.
«Tae scusami, ma non posso proprio» facendo capolino dallo stipite della porta, gli rispondo amareggiata.
«Vabbè, non importa. Vai da lei» mi incoraggia poi lui, seguito da Jisu che mi regala un grande sorriso. Li saluto, poi scappo giù dalle scale e fuori dall'abitazione.Corro verso la mia auto provando a bagnarmi il meno possibile ma, evidentemente, non ho ancora sbloccato il potenziamento "passa tra una goccia e l'altra almeno eviti di bagnarti come un pulcino".
«Fottuta pioggia, quanto ti detesto» ringhio appena faccio il mio ingresso nel veicolo. Metto l'auto in moto e parto a tutta velocità verso casa di Yeji; di qui non dovrebbe volerci tanto, se non ricordo male. Scavo nella mia mente per cercare ricordi di possibili scorciatoie che potrei utilizzare, ma per mia sfortuna non ricordo nulla.
Nessun modo per accorciare la strada? Bene, allora è il momento giusto per accelerare come se non esistesse un dannato domani. Ad ogni curva, sento la parte posteriore dell'auto sgommare sull'asfalto bagnato: menomale che so guidare bene, altrimenti sarei già balzata nel giardino di qualcuno.
Entro in una strada secondaria e, appena svolto la curva, trovo la carreggiata tempestata di vetri e oggetti contundenti. Spero solo che non mi si buchi una gomm- come non detto, ho sentito un chiudo infilarsi in un pneumatico.
Ma porca di quella puttana, me ne andrà mai bene una?
«Merda!» esco dall'auto e la chiudo a chiave: tornerò a prenderla in una secondo momento anche se mi scoccia lasciarla qui. Comincio a correre approfittando del momento, dato che è smesso per un minuto di piovere. Percorro quei chilometri che mi separano da Yeji correndo come una pazza, anche quando la pioggia torna a cadere ancora più forte di prima. Tutto ciò non può far altro che farmi innervosire, perciò utilizzo la rabbia per alimentare le mie gambe; andiamo, non potete abbandonarmi anche voi, gambine care. Lo so che a volte vi insulto perché non sempre mi piacete, ma vi prego: abbiate pietà di quella testa di cazzo che riconosco di essere.
Arrivo davanti alla palazzina in cui abita Yeji e mi fiondo dentro il portone che, per non so quale assurda stregoneria, trovo aperto. Almeno una botta di culo ce l'ho avuta.
Salgo gli scalini a due a due, rischiando di sfracellarmi al suolo ogni tre passi, e raggiungo finalmente l'abitazione della ragazza che mi ha esplicitamente detto di avere bisogno di me. Tutti a dire che le donne sono complicate quando invece la mia mi parla chiaro. Cioè, non è la mia donna, o almeno non ancora. Vabbè, lasciamo perdere.
Mi fermo un secondo per riprendere fiato prima di bussare insistentemente e con forza alla porta di casa di Yeji.
«Yeji, aprimi!» continuo a colpire il portone nella speranza che possa sentirmi ovunque si trovi dentro il suo appartamento. Sento le lacrime bagnarmi gli occhi quando capisco di non essere arrivata in tempo per consolare il pianto della maggiore. Vedo le nocche della mia mano destra tingersi di viola non appena sferro un pugno all'oggetto davanti a me, arrabbiata e delusa da me stessa.
Mi appoggio con la fronte ed entrambi le mani al portone, mentre chiudo gli occhi pregando che Yeji venga ad aprirmi.
«Sono qui per te, aprimi...» affermo con voce flebile prima di sedermi a terra con la schiena appoggiata alla porta e il viso nascosto dalle ginocchia. Sento un rumore provocato da dei piccoli passi provenire da dentro l'abitazione. Il portone trema un poco, segno che anche lei si è appoggiata dal lato opposto al mio per ascoltarmi. Sorrido un poco e mi sento più sollevata.
«Facciamo così: io ti faccio delle domande e tu mi rispondi dando dei colpetti sulla porta, va bene? Un colpetto equivale ad un sì, mentre il silenzio equivale al no» le chiedo mentre provo ad alleggerire la tensione. Subito dopo, sento un colpetto alle mie spalle, segno che lei sta al gioco. Ridacchio pensando a come voglia anche solo ascoltarmi senza dire una sola parola.
«Non vuoi farti vedere perché ti vergogni?» le domando. Dopo non molto, un leggero colpo arriva a confermare la mia ipotesi e come potrei biasimarla? Non è piacevole mostrarsi deboli dinnanzi alla persona ci piace, specialmente se con quest'ultima non si ha un rapporto tanto confidenziale.
«Lo sai che piangere non è una debolezza?» mi rende un po' triste sapere che lei non considera il nostro rapporto tanto stretto da poterci fare un certo tipo di confidenze; lo so che ci conosciamo da poco e che è comprensibile, ma mi dispiace un poco comunque.
Questa volta non arriva nessun colpo per rispondere alla mia domanda, solo silenzio. Deduco che per lei piangere significhi non essere abbastanza forti da sopportare le difficoltà che la vita ci pone davanti.
«Io amo le persone sensibili e sono sicura che anche tu sei una di quelle» i miei pensieri prendono vita prima che io me ne possa accorgere, ma poco mi importa; voglio che lei lo sappia. Voglio che sappia che la amo nonostante pianga per nulla, nonostante sia fragile e sensibile, nonostante sia piena di problemi almeno quanto me. Voglio che capisca quanto io la voglia proteggere da tutto, anche se sono consapevole che non sia possibile.
«Sai che ho bucato con la macchina?» trattengo le risate per ascoltare il suono della sua voce che, quasi impercettibile, ride dopo le mie parole. Libero la mia gioia in un grande sorriso mentre mi immagino il suo viso tremendamente bello con i lineamenti rilassati. Pagherei oro per godermi quello splendore proprio ora, però so che non è il momento. Aspetterò fino a quando lei si sentirà di aprirmi la porta.
Le mie ciocche bionde ancora umide mi contornato il viso mentre lascio ricadere un poco il capo all'indietro per potermi liberare anche dell'ultimo briciolo di preoccupazione.
«Sono bagnata fradicia perché ho corso per arrivare fino qui. Non sopportavo l'idea di saperti triste» dall'altra parte silenzio. Sto cercando pian piano di portarla a parlare e non solo di farle delle domande, ma la ragazza è difficile, devo ammetterlo. È fortunata, perché le cose facili mi annoiano.
«Se continuo a stare qui mi prenderò un malanno, anche se non è esattamente il primo dei miei problemi» continuo a parlare per sviare il discorso e distrarla un po' da ciò che le è successo.
«Sai qual è la prima delle mie preoccupazioni in questo momento?» domando, attendendomi il silenzio. Non sento nessun suono provenire dall'altra parte del portone, proprio come era logico che fosse, perciò continuo rispondendo alla mia stessa domanda.
«Mi preoccupa il motivo del tuo malessere» affermo, mentre le parole non passano nemmeno più dal cervello prima di essere dette. Viene tutto dal mio cuore ed è per questo che non voglio fermarmi.
«Ti prego, fammi entrare» nessuna risposta dall'altra parte. Dopo qualche secondo, sento la serratura sbloccarsi, così mi alzo con un gesto agile. Attendo che Yeji apra il portone con un nodo alla gola e il cuore che batte all'impazzata. Appena riesco a vedere il suo viso, mi prendo un attimo per osservarla: gli occhi rossi e gonfi per il pianto, le guance colorate da un colore roseo, le mani che si tengono strette fra di loro per confortare tutta la tristezza. Mi fiondo su di lei e la stringo forte a me.
«Scusami se ti sto abbracciando con i vestiti bagnati, ma non ci riesco proprio a starmene lì ferma» affermo mentre, nonostante la sua maggiore altezza, la più grande nasconde il suo viso nell'incavo del mio collo.
«Io ti ho lasciata fuori di casa, quindi credo che tu non abbia motivo di scusarti» ridacchia lei, mentre sento delle lacrime mescolarsi alle gocce di pioggia ancora presenti sul mio petto scoperto.
Sento il tremendo bisogno di baciarla.
Interrompiamo l'abbraccio, ma la tengo ancora stretta a me aumentando la presa sui suoi fianchi. Tremendamente vicine l'una all'altra. Le mie labbra pericolosamente vicine a quelle che mi sogno la notte. Lei chiude gli occhi mentre altre lacrime le rigano il viso; la sua, un'espressione di profondo dolore
«Ti prego, ti scongiuro. Fallo» mi implora con voce spezzata la maggiore. Oltre la sua voce, di spezzato c'è anche il mio cuore. Porto le mani sulle sue guance per asciugarle le lacrime, proprio come ho fatto quando mi aveva raccontato dei nostri padri. Mi avvicino a lei fino a far combaciare dolcemente le nostre labbra e chiudo gli occhi per poter imprimere il suo sapore nella mia mente. Rimaniamo così per qualche minuto, probabilmente pensando a quanto è bello ed imperfetto questo momento surreale.
«Ho detto a mia madre e al suo compagno di te» sussurra Yeji quando ci stacchiamo. Abbassa il capo, forse impaurita dalla mia reazione, e non posso negare di esserci rimasta un po'.
"Rimasta come?", vi starete sicuramente chiedendo. Beh, la verità è che non lo so nemmeno io: sono felice ma anche sorpresa.
«Immagino non l'abbiano presa bene» rispondo mentre alzo il suo volto, facendolo tornare di nuovo a qualche centimetro dal mio. Posso dedurre che non si aspettava questa mia risposta, dati i suoi occhi un po' sgranati. Si ricompone subito, forse al ricordo del momento in cui si è svelata e liberata di questo suo peso, e altre lacrime si presentano alle porte delle sue iridi scure.
«Sei così bella anche quando piangi...» asserisco mentre le sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Lei sorride, un sorriso di quelli sinceri e splendenti, poi mi prende per mano e mi porta dentro casa.
«Lasciale pure qui» dice riferendosi alle mie scarpe. Le tolgo e le ripongo dove mi ha indicato, in un angolino accanto al portone d'entrata, dopodiché, avanzo alle sue spalle seguendola ovunque stia andando. Entra in una stanza e mi porge degli asciugamani, guidandomi poi fino al bagno.
«Fatti una doccia, io vado a prenderti dei vestiti asciutti» dice con un sorriso accennato prima di lasciarmi sola.[...]
Mi strofino un asciugamano sul capo mentre mi osservo davanti allo specchio; Yeji è riuscita a far stare meglio anche me senza accorgersene. Con quelle sue impercettibili e continue attenzioni sta pian piano riuscendo a farmi apprezzare me stessa; il che è strano, perché l'amor proprio dovrebbe essere innato in noi.
Mi vesto con gli abiti che mi ha gentilmente prestato la maggiore ed esco dalla stanza con ancora i capelli bagnati per metà.
«Ci hai messo poco» mi dice sorridente lei, mentre mi fa spazio al suo fianco sul divano quando faccio il mio ingresso nel salotto.
«Se permetti, non voglio perdere tempo se non con te» ribatto io facendo spallucce. Vado verso di lei e la faccio sdraiare per poi sovrastarla con il mio corpo.
«Quindi il tempo che passi con me è tempo perso, Shin?» mi risponde stando al gioco Yeji, il suo sguardo perso prima nei miei occhi, poi sul mio fisico.
«Sei così carina con i miei vestiti» si lascia sfuggire prima di sorridere mostrando tutti i denti, stringendomi poi a sé. Ogni volta che mi fa un complimento lo sento andare dritto al cuore senza passare prima dal mio cervello, che lo scarterebbe senza dubbio ritenendolo falso.
Amo il modo in cui dice queste cose senza pensarci troppo o senza badare a quanto possano sembrare patetiche.
«Tra di noi c'è qualcosa di diverso, vero? Oppure lo sento solo io?» mi chiede lei senza preavviso, lasciandomi un po' spiazzata.
«Lo sentiamo entrambe, Yeji»
«Menomale...»
«Pensavi che per me non era lo stesso?» interrompo l'abbraccio per guardarla con stupore e un sorriso che tradisce le mie impeccabili doti da attrice.
«Esatto»
«Se fosse stato così, secondo te avrei corso per dei chilometri interi sotto la pioggia perché mi hai chiamata dicendomi di avere bisogno di me?» interrogo la maggiore con il viso nuovamente a poca distanza dal suo. Lei si inumidisce le labbra proprio sotto il mio sguardo mentre si perde per un attimo ad osservare il mio piccolo e dolce sorriso. Mi manderà fuori di testa questa ragazza, ne sono sicura.
«Direi di no» risponde dopo attimi di silenzio infiniti e gare di sguardi interminabili. Io, però, devo porle una domanda per avere la certezza di star facendo la cosa giusta con lei; non voglio ritrovarmi di nuovo con il culo per terra dopo averci creduto con tutto il cuore.
«Cos'hai detto a tua madre e al suo compagno, che riguardava me?»
«Nulla di importante...»
«Yeji, io ho bisogno di sapere se sto facendo la cosa giusta con te: non voglio che tu te ne vada»
«Non lo farei mai» dice, poi mi accarezza una guancia con leggerezza.
«Gli ho detto che mi sono innamorata di te» afferma, e, finalmente, la risposta in cui tanto speravo è uscita dalle sue labbra. La bacio di nuovo senza dire nient'altro, perché non credo che questo momento abbia ancora bisogno delle parole. Sprigiono tutta la dolcezza che possiedo per trasmetterle tutto ciò che non saprei spiegarle; il cuore che corre per il petto, i muscoli rilassati, il suo tocco ad uccidere i miei demoni.
Tutto ciò non sembra vero, eppure è così realmente.
STAI LEGGENDO
ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸ
FanfictionYeji è un'ex studentessa sudcoreana trasferitasi a Los Angeles con la sua famiglia. Lì comincerà una nuova vita, continuerà la scuola e cercherà nuove amicizie trovando, inaspettatamente, anche un nuovo amore. [ᴇsᴛʀᴀᴛᴛᴏ ᴅᴀʟʟᴀ sᴛᴏʀɪᴀ] «Io non so amar...