• ᴄʜᴀᴘᴛᴇʀ ᴛʜɪʀᴛʏᴏɴᴇ: ᴛᴏᴏ ᴍᴀɴʏ sᴇᴄʀᴇᴛs •

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[Ryujin's p.o.v.]

Ho chiesto a Yeji se volesse tornare a casa mia, così da poterle dare un cambio asciutto per far sì che non rimanesse bagnata fradicia ancora a lungo. Quando siamo tornate, mia madre ci stava aspettando sull'uscio della porta d'ingresso; a malapena si reggeva in piedi e aveva una coperta sulle spalle. Forse si è allarmata quando ci ha sentite urlare. Siamo rientrate, ma nessuna delle due ha più parlato. Per la prima volta in vita mia ho odiato il silenzio. Mia madre ha provato a chiedermi qualcosa quando Yeji si è chiusa in bagno per lavarsi, ma ho preferito non parlarle di nulla; sicuramente lei sapeva già il nome dell'assassino di mio padre, ma è probabile che abbia deciso di non dirmi nulla. Ha appena conosciuto la bionda, ma non so che impressione possa averle fatto.
Dopo esserci asciugate e cambiate, ho accompagnato Yeji a casa in macchina, anche se ormai ha smesso di piovere.
Ora sto tornando verso la mia abitazione, desolata come non mai. Non ho voglia di sentire nessuno. Parcheggio davanti a casa, come di consueto, poi esco dalla macchina con il cappuccio della felpa a ripararmi il capo dalle poche goccioline che cadono ancora dal cielo. Apro la porta di casa poi la richiudo alle mie spalle e, mentre mi dirigo verso camera mia, noto con la coda dell'occhio la figura di mia madre in cucina. Decido di andare da lei perché, ora che ci penso, delle spiegazioni devo dargliele. Faccio il mio ingresso nella stanza e mi siedo attorno al tavolo di fronte alla donna.
«Non ti va di dirmi cos'è successo, vero?» con una mano appoggiata alla fronte, prova a sorreggersi il capo mentre parla. Gli occhi stanchi, le labbra secche, il corpo sempre più esile e debole... si sta abbandonando alla sua malattia e io non posso farci nulla. Nego con la testa in risposta alla sua domanda, anche se so che non può vedermi.
«So che non lo farai con me, però parlane con qualcuno; che sia Jisu, Yuna, Taem-» la donna si blocca nel momento in cui stava per pronunciare un nome che forse non avrebbe dovuto farsi scappare. Si porta una mano sulla bocca, come per evitare di finire la frase, mentre spalanca gli occhi come sorpresa dalle sue stesse parole.
«Cosa stavi per dire?» le chiedo, curiosa di venire a conoscenza di quel nome. Se conoscesse il mio migliore amico, allora sarebbe facile per lei sapere da dove vengono quei soldi che porto a casa. Finora le ho sempre detto che erano quelli che mio padre aveva messo da parte durante gli anni, sommati a quelli che guadagnavo io tramite qualche lavoretto qua e là. Se veramente lo venisse a sapere, perderei anche lei senza alcun dubbio.
«Niente, lascia perdere. Sono troppo stanca, ormai non so più nemmeno quello che dico» si difende la donna, mentre si alza dalla sedia per tornare in camera sua. Eh no, ora io voglio sapere cosa stava per dire. Se devo combinare un casino, voglio farlo bene.
«Mamma, ho sento benissimo. Stavi per dire Taemin, giusto? Perché tu lo conosci, non è forse vero?» l'attacco è la miglior difesa, dicevano, ma non quando si è incredibilmente impulsivi e taglienti come me. Blocco la fuga della donna afferrandola per il polso prima che possa uscire dalla stanza mentre mi alzo in piedi, proprio come ho fatto con Yeji dentro quel vicolo poco prima. Mia madre sospira con il capo basso, poi si volta verso di me con sguardo dispiaciuto. Lei lo conosce, ma non mi ha mai detto nulla.
«Tuo padre lo conosceva. Lo aveva tirato fuori da una rissa e lo aveva portato in ospedale in gravi condizioni. Aveva appena otto anni ed era senza genitori; non sapevamo cosa dovessimo fare con lui» conosco l'espressione che ha ora in viso: è quella che più odio, quella che assume ogni volta che parla di papà. Mi uccide vederla così, mi uccidono queste parole.
«Stavamo cercando una sistemazione per lui, ma poi papà... se n'è andato» ed una lacrima, la prima di una lunga serie, lascia i suoi occhi che, una volta, ricordavo fossero chiari e limpidi come l'acqua di un ruscello. Io mollo la presa sul suo polso e stringo i pugni con tutta la forza che mi rimane.
«E come fai a sapere che siamo amici, come sai che lo conosco?» continuo con le domande, anche se queste parole mi stanno ferendo sempre più nel profondo. Forse non sa di quello che combino per permettermi certe cose e ciò mi solleva, anche se di poco.
«Io e lui siamo in contatto, lo siamo sempre stati da quando tuo padre è morto» lacrime, lacrime e ancora lacrime. Mi sembra di affogare in questo fottuto mare in tempesta.
«E perché non mi hai mai detto nulla? Perché?!» ormai non riesco più a controllare ciò che dico e tanto vale non provarci nemmeno più. La delusione è troppa: per aver scoperto l'assassino di mio padre, per aver capito di vivere in una menzogna, per essere ogni giorno sempre più persa.
«Ryujin, io-» non ci vedo più dalla rabbia, non ne posso più.
«RISPONDIMI, CAZZO!» prendo la prima cosa che mi capita sotto mano, in questo caso una sedia, e la scaravento contro la parete alla mia destra. Mia madre si spaventa per il rumore prodotto dall'oggetto, ora ridotto in mille pezzi sparsi per il pavimento.
«NON POTRAI MENTIRMI PER SEMPRE, LO SAI QUESTO O NO?!» questo suo sguardo terrorizzato... non mi perdonerò mai di averlo causato io. Sono una persona orribile, proprio perché la prima bugiarda qui sono io; la prima che dovrebbe vergognarsi della persona che è, sono io.

ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora