• ᴄʜᴀᴘᴛᴇʀ ᴛᴡᴇʟᴠᴇ: ᴅᴇᴇᴘᴇʀ •

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disclaimer: il capitolo qui di seguito contiene parti dettagliatamente descritte con episodi di autolesionismo che segnalerò con "⚠️" sia all'inizio della scena che alla fine. è sconsigliata la lettura alle persone particolarmente sensibili a questi argomenti.

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[Chaeryeong's p.o.v.]

Il grande orologio appeso sopra la distesa di specchi sulla parete di destra, segna le dieci e quarantatré minuti. Voglio provare almeno un'ultima volta prima di chiudere tutto e andare in casa. Ho passato l'intero pomeriggio a studiare e ripassare per gli esami di domani, perciò dopo cena ho deciso di scendere un po' in palestra per provare alcune delle coreografie che ho imparato ultimamente. Ora sono nella sala prova numero tre del locale di proprietà dei miei genitori, uno di quelli che gestiscono in giro per il quartiere. Sono un paio di ore che provo senza sosta; forse dovrei fermarmi e riposarmi o andare a letto, dato che domani dovrò impegnarmi un sacco a scuola. Ho bisogno di stare qui e sfogarmi un po'. Questo è l'unico momento in cui posso essere me stessa senza dovermi nascondere agli occhi di nessuno, perciò voglio sfruttare questo tempo fino all'ultimo secondo. Sospiro, poi mi alzo dal pavimento sul quale ero seduta e vado verso lo stereo a cui ho collegato il mio cellulare. Metto per l'ennesima volta la canzone da capo, correndo al centro della stanza e preparandomi nella posa iniziale.
L'unico rimedio, per me, è la danza.
Comincio a ripetere quei passi che ormai conosco a memoria, quelle movenze che ormai sogno anche la notte. Sempre nello stesso punto, però, la mia mente non riesce a ricordare come muoversi, facendomi fermare nel bel mezzo della mia performance.
«Non ci credo» dico a me stessa battendomi una mano sulla fronte.
«Non di nuovo, dai!» vado nuovamente verso lo stereo a passi pesanti per fermare la canzone. Forse per oggi ho fatto abbastanza, credo sia meglio tornare in casa se non voglio perdere la testa su questi passi che non riesco a memorizzare. Un po' delusa, metto a posto ciò che ho utilizzato per poi passare a spegnere i riscaldamenti e le luce. Metto in spalla lo zaino ed esco dal locale chiudendolo a chiave. Ormai il tiepido clima estivo sta pian piano lasciando spazio a quello freddo e rigido dell'inverno e riesco bene a sentire l'imminente cambio di stagione non appena mi investe una leggera folata di vento freddo.
«Chaeryeong» no per favore, ancora loro no.
«Ormai sono le undici, dove vai a quest'ora?» non li guardo nemmeno in faccia e continuo a camminare per quell'unica e buia via che mi separa da casa, quel tratto di strada che ogni sera sembra sempre più lungo.
«Lo sai che non è educato ignorare le persone?» dice uno.
«Più cresci più sembri una di quelle signore che stanno in tangenziale» sento le loro risate dietro di me, le loro voci così roche e spaventose, i loro passi avvicinarsi alla mia figura.
«E dai, fermati a fare due discorsi con noi» uno del gruppo mi raggiunge e mi afferra per un braccio interrompendo la mia fuga.
«Fammi indovinare: anche stasera non hai concluso un cazzo» ride di me, lo fa ogni volta, non sopporto più quella sua risata molesta. Ho paura di lui e degli altri che ora stanno avanzando verso di me.
«Se vuoi puoi concludere qualcosa con noi» il più alto tra di loro, quello che finora è rimasto più nell'ombra e in silenzio, parla.
«Sai, non dovresti rifiutare. In fondo sei una donna, sei fatta per questo» sul volto degli altri un ghigno maligno, le mani del più alto sulla sua zip dei pantaloni.
La notte ormai è calata, le sole luci dei lampioni illuminano le strade deserte e quel senso di ribrezzo che mi vive dentro da tempo, sale. Mi fa schifo il mondo, la società, gli uomini come questi, i potenti, mi faccio schifo io. Mi fa schifo il mio corpo, il mio carattere, il mio essere, le mie abitudini, tutto. Tutto ciò che viene da me lo odio, lo odio con tutta me stessa. Vorrei sparire e non tornare mai più, tanto a nessuno importerebbe della scomparsa di una persona deplorevole come me. È colpa mia se ora questi uomini stanno per portarmi via una delle parti più intime di me: se fossi diversa il problema non sussisterebbe. Però è anche vero che per loro "basta che respiri" poi va bene qualsiasi cosa, ma sono convinta che tutto ciò sia colpa mia. Non voglio finire così, non ne ho il coraggio; sono troppo codarda, perciò corro verso casa mia prima che quelle schifezze viventi possano anche solo sfiorarmi una seconda volta. Sento le loro lamentele alle mie spalle ma non mi interessa, l'importante è che io ora stia bene fisicamente. Dentro di me, però, mi sento una merda.

ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora