[Yeji's p.o.v]
È sparita dietro una delle tante mura che circondano il condominio e il vuoto che mi tiene per mano da ormai un anno, torna a farsi sentire al mio fianco. Vorrei che ci fosse Ryujin al suo posto. Rimango ancora immobile davanti al portone, continuo a guardare quei pochi scalini che si intravedono da qui, sperando che la ragazza dai capelli blu possa spuntare nuovamente. Il mio sguardo poi cade sulla sua felpa: mi sembra quasi di sentire il suo corpo accanto al mio. Il profumo che è rimasto sul suo indumento non voglio più dimenticarlo. Inizia a fare freddino anche qui, così prendo dalla tasca le chiavi di casa ed entro nell'appartamento in cui vivrò per non so quanto tempo. Spero solo che sia tanto e che mi basti per fare ciò che ho in mente.
«Dove sei stata?» la voce preoccupata di mia madre si fa subito udibile al mio orecchio.
«Ero in spiaggia»
«Ti ho mandato dei messaggi ma non mi hai risposto»
«Se mi lasci un po' andare non succede nulla» sbatto il portone d'entrata per poi dirigermi verso la mia camera con ancora le sue lamentele alle spalle.
«E se succedesse come l'ultima volta?» detesto quando continua a ricordarsi di quell'episodio, a ricordarmi di quell'episodio, a farmi sentire ancora i vetri taglienti di quella bottiglia rotta sulla pelle.
«Perché devi sempre pensare a quello? Perché ogni volta devi ricordarmelo?» sono quasi sul punto di piangere e so di dovermi trattenere, anche se la mia voce sta per spezzarsi. Quel ricordo è il mio punto dolente e forse lo rimarrà per sempre.
«Continui a vivere nel passato, con il terrore che quel momento possa accadere un'altra volta!» quasi le urlo, ma il suo sguardo fisso nel mio non cede, così vado avanti con il mio piccolo sfogo.
«Non pensi che io possa starci male ogni volta che ne parli?!» tiro un lungo sospiro, poi mi appoggio allo stipite della porta di camera mia e porto una mano sugli occhi per non far cadere alcune piccole lacrime sul mio volto.
«Riesco ancora a sentire tutto... ma tu hai solo paura di farti altri sensi di colpa» detto ciò, le lancio un'ultima occhiata che incontra il suo capo chinato prima di chiudermi nella mia stanza. Odio quando pensa solo a sé stessa, l'ha sempre fatto e io gliel'ho sempre detto ma, nonostante tutto, non riesce a scrollarsi quel dannato vizio di dosso. Non posso sopportare tutto ciò che mi torna alla mente quando parliamo di quell'episodio; tutti quei ricordi sconnessi, quelle urla di dolore che sento ancora rimbombare nel petto e il sangue che cola giù per le gambe a volte mi pare di percepirlo ancora. Provo a trattenere un pianto anche se non è così facile e anche se so di essere una persona fragile. Alla fine cedo e tante lacrime salate solcano le mie guance, seguite da respiri sconnessi, dai battiti cardiaci accelerati e dai singhiozzi. Mi rannicchio al centro del letto sopra il quale mi ero seduta poco fa e rimango lì, in posizione fetale, a sfogare tutti i miei dolori con un pianto che mi farà sentire solamente ancora più vuota.[...]
Non so quanto tempo sia passato; nessuno ha bussato alla mia porta ed io non mi sono mossa di un millimetro. Ho continuato a fissare un punto morto nella stanza senza sentire nulla, né fuori né dentro. Tutto ciò è così desolante...
La sua felpa non l'ho ancora tolta.
Quando cinque mesi fa seguivo ancora un percorso di psicoterapia, la psicologa mi diceva che questo senso di apatia era una sorta di autodifesa che il mio cervello ha attuato in seguito a dei traumi. All'inizio mi sembrava una cosa bella soffrire di meno, ma poi mi sono accorta che tutte le emozioni che provavo, piano piano, smettevano di essere riconosciute e percepite dalla mia psiche. Ora come ora, è una sofferenza non sentire niente, anche se in realtà io questa sofferenza non la sento nemmeno. Sono sicura che dentro di me sono ancora presenti queste emozioni, però non riesco più a sentirle; è tutto così silenzioso all'interno che nulla è più in grado di fare rumore.
Fuori è buio ormai, forse sono già passate anche le otto, ma poco m'importa, tanto non mi alzerò di qui fino a quando non troverò un motivo valido per cui farlo. Sento gli occhi rossi e gonfi, non ricordo per quanto ho pianto, so solo di averlo fatto fino a non avere più nulla in corpo se non l'aria che respiro. Il mio sguardo sempre concentrato in un unico punto, perso nel nulla, irrecuperabile nell'oscurità fuori e dentro di me.
Sento il cellulare vibrare più volte, una dopo l'altra, perciò trovo la forza per afferrarlo con l'idea di silenziarlo. Appena lo sblocco con l'intento di azzerare qualsiasi rumore proveniente dall'oggetto che ho in mano, mi blocco e noto che le notifiche arrivano da Instagram.
STAI LEGGENDO
ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸ
FanfictionYeji è un'ex studentessa sudcoreana trasferitasi a Los Angeles con la sua famiglia. Lì comincerà una nuova vita, continuerà la scuola e cercherà nuove amicizie trovando, inaspettatamente, anche un nuovo amore. [ᴇsᴛʀᴀᴛᴛᴏ ᴅᴀʟʟᴀ sᴛᴏʀɪᴀ] «Io non so amar...