• ᴄʜᴀᴘᴛᴇʀ ᴛᴡᴇɴᴛʏsɪx: ᴛᴀʟᴋ ᴛᴏ ᴍᴇ, ɪ ᴡᴏɴ'ᴛ ᴊᴜᴅɢᴇ ʏᴏᴜ •

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[Ryujin's p.o.v.]

Sono cinque minuti che sto aspettando l'arrivo di Yeji affacciata alla finestra della sala, quella che dà sul giardino. Mi sembro uno di quei gabbiani fastidiosi che attendono qualche umano stupido con la testa fra le nuvole per potergli planare addosso e portargli via il cibo dalle mani. L'unica differenza è che io ora non devo planare sulla bionda e, se anche fosse, sinceramente non mi sembra il caso; in altre occasioni potrei anche farci un pensierino. Oggi mia madre è andata in ospedale a fare i suoi esami mensili, quelli di monitoraggio, e spero vivamente che sia migliorata. Gli ultimi che ha fatto, quelli di settembre, sono andati malissimo. I medici ritengono che si trovi nella fase peggiore di tutta la sua malattia e dicono che, se riuscisse a passare questo periodo, ne uscirebbe senza alcun dubbio. Io ci penso spesso e ogni volta prego che lei riesca a farcela. Anzi... non prego propriamente. Non credo che Dio abbia voglia di ascoltare una persona come me, che di peccati sulle spalle ne ha fin troppi per la sua età.
Finalmente scorgo la testa bionda di Yeji apparire sulla strada che passa davanti alla mia abitazione e, vedendola un po' spaesata, decido di darle una mano.
«Hwang, alla buon'ora!» urlo alla maggiore mentre sorrido subito dopo. Appena i suoi occhi incontrano i miei, rilassa i muscoli facendo un sospiro di sollievo, probabilmente per essere riuscita ad arrivare, e si incammina verso di me. Il cuore mi inizia a battere più velocemente appena abbasso la maniglia del portone principale per aprirlo e permettere a Yeji di entrare.
«Ciao» mi saluta lei timidamente, stringendosi nei suoi abiti. Mio Dio, come fa ad essere così bell- no Ryujin, contieniti. Hai promesso che non combinerai casini nella tua relazione con Jisu, perciò tieni a freno quei tuoi stupidi sentimenti.
In risposta al suo saluto, mi limito a non dire nulla e a perdere lo sguardo sul pavimento mentre, con espressione seria, chiudo il portone dirigendomi poi in camera mia con lei al seguito.
Se già penso questo di lei non vedo come io possa evitare degli imminenti fottutissimi disastri.
Mi odio tanto, mi odio troppo e mi odio infinitamente.
La maggiore rimane in mezzo alla camera, intenta a scrutare ogni minimo dettaglio con sguardo attento. Io prendo posto su una delle due sedie adiacenti alla scrivania e appoggio la testa su una mano, in attesa di Yeji.
«Hai intenzione di consumarmi le pareti della stanza con tutti quegli sguardi?» prendo in giro la bionda con un'espressione indecifrabile in viso, indecifrabile almeno quanto quello che mi gira per la mente in questo momento.
«O-oh, perdonami...» dice lei ricomponendosi subito e prendendo posto accanto a me, con le guance un poco colorate di rosa.
«Da cosa cominciamo?» mi chiede poi provando ad uscire dalla situazione d'imbarazzo in cui si trova.
«Da quello che vuoi, tanto faccio cagare in quattro materie minimo» le rispondo con nonchalance lasciandola sorpresa. Effettivamente so che la mia situazione non è delle migliori, però poco m'importa. Non ho niente da dimostrare a nessuno, tanto meno a me stessa. Però, dato che mia madre mi ha imposto di finire gli altri due anni, mi tocca impegnarmi e uscire da scuola il primo possibile.
«Quali sono quelle messe peggio?» la maggiore mi fa un'altra domanda, forse nella speranza di capire qualcosa di più sulla mia situazione scolastica.
«Fisica e storia» le rispondo mentre gioco con una delle matite sparse sul ripiano in legno massiccio della scrivania.
«Allora ci conviene cominciare da una di queste» constata infine la maggiore, rassegnandosi all'idea che ci vorrà molto tempo, essendo, quelle da me nominate, due delle materie più complicate.
«Ma che intuito, Hwang» continuo a prendermi gioco di lei, facendo una piccola risatina di scherno subito dopo. Lo so che così facendo sembro antipatica e noiosa, ma questa è proprio la mia strategia per farmi odiare dalle persone quando non voglio che si avvicinino a me. Ma perché, nonostante io lo faccia con tutti, lei mi fa sentire così dannatamente in colpa?

[...]

«Ora prova a fare questo esercizio come ti ho appena spiegato»
«T'incazzi se ti dico che già non me lo ricordo?»
«Ryujin... è la quarta volta che te lo spiego!» abbiamo deciso di iniziare da fisica, ma credo che avremmo fatto meglio a non iniziare proprio. Yeji sta lentamente perdendo la speranza mentre io sto continuando a non capirci una minchia. La maggiore ha abbandonato la testa tra le braccia appoggiate sulla scrivania mentre, probabilmente, mi maledice a bassa voce. Viene distratta qualche secondo dopo dal suo cellulare, che comincia a vibrare segnalando un paio di notifiche, forse dei massaggi. Da ciò che riesco a vedere da qui, è sua madre. Lei, appena legge il nome del mittente, elimina la notifica con aria arrabbiata, per poi spegnere il telefono e cominciare a massaggiarsi la fronte con le mani. Forse hanno litigato oppure è successo qualcosa, altrimenti non si può spiegare un comportamento del genere da parte di una figlia.
«Cazzo...» Yeji impreca sussurrando, prima di tentare invano di trattenere un paio di lacrime che corrono velocemente lungo le sue guance mentre lei cerca invano di cacciarle via.
«Che succede?» le chiedo preoccupata mentre mi avvicino a lei tempestivamente, cingendole le spalle con un braccio per farle percepire meglio la mia presenza. Non sto capendo un cazzo di quello che sta succedendo, ma ho come l'impressione che non porterà proprio nulla di buono. E poi solo il fatto di sentirla imprecare è preoccupante.
«Ma perché, perché deve fare così ogni singola volta?» continua la bionda, questa volta senza provare nemmeno a trattenere il suo pianto. Credo le sia successo qualcosa che l'ha fatta scoppiare, come la classica goccia che fa traboccare il vaso, per intenderci. Sembra che la situazione sia seria dal modo in cui si comporta: il suo corpo trema, le lacrime non la smettono di sgorgare dalle sue iridi scure e le parole che pronuncia sono così taglienti che nemmeno dei coltelli sarebbero al loro livello.
«Non la sopporto quando lo fa!» le sue mani si stringono attorno al suo capo, facendo forza su di esso. Per evitare che si faccia male, fermo questo suo gesto per poi rivolgermi a lei con voce calma per provare a tranquillizzarla.
«Yeji, non voglio che ti fai male. Ora ascoltarmi e prova a calmarti, va bene?» le chiedo conferma prima di fare qualsiasi cosa, assenso che non attende ad arrivare con un cenno della testa.
«Non so di cosa tu stia parlando, ma puoi dirmi tutto ciò che vuoi perché io e te non ci conosciamo, quindi io non potrei mai giudicarti, anche se non lo farei in ogni caso. Parlami di quello che vuoi Yeji, sfogati» continuo il mio discorso cercando il suo sguardo, anche se lei sta stringendo gli occhi probabilmente per trattenere il pianto ancora una volta.
«Mia madre. Lei- lei non riesce a lasciarsi alle spalle i-il passato e io... non lo sopporto» dice la maggiore a denti stretti. Forse c'è qualche avvenimento che sua madre le ricorda e che, invece, a lei dà fastidio; immagino sia qualcosa che la coinvolge in prima persona, altrimenti non reagirebbe così. Le accarezzo dolcemente una spalla per metterla a suo agio spronandola a continuare con il suo sfogo.
«Deve sempre andare a rileggere i documenti di quella maledetta causa che non mi fa dormire la notte, io non ce la faccio più!» Yeji torna a stringersi il capo con le mani, come a voler schiacciare quei pensieri che la opprimono tanto. Cazzo, vederla così mi dispiace in una maniera assurda...
«Non me ne ha mai parlato, non mi ha mai voluto dire nulla, ma io so che cos'è successo, l'ho sentito sulla mia pelle anche se mi ricordo sempre meno» non voglio che continui a provare a mandare via il dolore psicologico con quello fisico, perciò metto le mie mani sulle sue e, gentilmente, le racchiudo nelle mie abbassandole all'altezza del petto. Il suo sguardo colmo di paura si alza e incontra il mio che prova ad infonderle della sicurezza e del conforto. Dalle sue parole posso dedurre che sta parlando di un trauma, altrimenti i ricordi non andrebbero svanendo. Mi alzo dalla sedia sulla quale sono seduta sotto lo sguardo stranito di Yeji per andarmi a sedere sul mio letto, con la schiena appoggiata contro la testiera. Picchetto poi con la mano sul posto accanto al mio dall'altro lato del materasso, per invitare la maggiore a prendere posto lì per stare più comoda. La bionda non si fa attendere più di tanto e si sistema accanto a me, prendendosi autonomamente il permesso di appoggiare la testa sul mio petto per poter stare un po' sdraiata. Sento le guance andarmi a fuoco ma fortunatamente lei non può vederlo.
Cazzo, la situazione mi sta leggermente sfuggendo di mano.
Un po' esitante, le accarezzo i capelli con una mano per farla rilassare maggiormente, riuscendo a calmare il suo pianto mentre lei riprende a parlare.
«Abbiamo litigato anche l'ultima volta, eppure lei non la smette. Le ho detto che mi fa stare male ma è più testarda di non so cosa... non so più come fare per farle capire che mi ferisce»
«Io credo che tu debba parlarne con lei» la mia voce risveglia la maggiore che alza lo sguardo su di me, mettendomi in soggezione. Forse non avrei dovuto parlare.
«Scusami, avevo detto che non ti avrei giudicata e tu non hai chiesto il mio parere» allontano lo sguardo che si perde fuori dalla finestra, in cerca di quella tranquillità che sta inseguendo il mio cuore in questo momento.
«No, non hai sbagliato. Anzi... ci avevo pensato anche io a parlarle ma non ho il coraggio» si rammarica Yeji per poi tornare ad abbandonarsi completamente sul petto e al mio tocco gentile.
«Non serve coraggio, devi semplicemente provare a dirle come stanno le cose nel modo in cui ti torna meglio. Ad esempio, se sei più brava a scrivere invece che a parlare, potresti scriverle una sorta di lettera» provo a consigliare alla ragazza accanto a me nel migliore dei modi, anche se non credo di essere la persona più adatta a dare consigli utili, specialmente se in situazioni delicate.
«Io sono fermamente convinta che, se tu hai un problema con un'altra persona e vuoi preservare il rapporto che hai con lei, devi parlargliene indipendentemente da ciò che devi dirle» continuo spiegando meglio il mio ragionamento, che stranamente sembra filare liscio come l'olio.
«Hai ragione, forse dovrei essere più sincera e parlarle una volta per tutte...» afferma lei dopo qualche secondo di riflessione sulle mie parole. Spero che si stia rendendo conto del fatto che rischia di perdere il rapporto con sua madre semplicemente perché manca il dialogo tra di loro.
«Poi, la mia è un'opinione personale, anche perché io sono fin troppo sincera a volte, quindi non avrei potuto consigliarti diversamente» ridacchio un poco per sdrammatizzare. Spero tanto, dal profondo del mio cuore, che questa non sarà l'unica volta in cui parleremo così sinceramente l'una con l'altra; era molto tempo che non mi sentivo così leggera come ora, mi sembra un sogno anche se quella che si è sfogata è lei e non io.
«Perdonami se ti ho fatto perdere del tempo con i miei stupidi drammi. Era da molto che non parlavo con qualcuno» dice Yeji per poi iniziare a giocare con il tessuto morbido della mia maglia bianca larga.
«Ma figurati, quando si parla di tali cose nulla deve passare inosservato. Hai fatto bene ad esternare parte di ciò che ti opprime» le rispondo in un sorriso mentre avvolgo tutto il suo corpo in un caldo abbraccio per dimostrarle la mia vicinanza. Forse questo era ciò che le serviva per tranquillizzarsi definitivamente.
«Grazie Ryu, mi stai aiutando tanto e non so perché tu lo stia facendo» tira su con il naso provando a trattenere delle altre lacrime, queste di commozione, suppongo. Non mi era mai successo di toccare così nel profondo una persona semplicemente parlando, mi sembra così strano eppure l'ho fatto veramente.
«Non tutte le cose devono avere un perché» le rispondo io saggiamente.

Qualche settimana fa pensai che provare a fermare i miei sentimenti non sarebbe servito a nulla, mentre questa mattina promisi che le mie emozioni non avrebbero rovinato nulla nella mia vita. Non so più cosa fare o come comportarmi, so solo che Yeji sta scombussolando la mia esistenza da cima a fondo e ciò non mi dispiace per nulla.

ᴛʜᴇ ᴇᴍʙʟᴇᴍ ᴏғ ʟᴏᴠᴇ • ⁱᵗᶻʸDove le storie prendono vita. Scoprilo ora