Ritorni (parte due)

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Il giorno dopo
Mi svegliai di soprassalto, con la faccia bagnata. Confusa mi guardai intorno trovando Rosa, Martina e Serena piegate dalle risate e con in mano un bicchiere a testa.
"Buongiorno americana, ben tornata" urlarono per poi saltarmi addosso.
"Mi state schiacciando, non respiro" dissi con voce strozzata. Si alzarono e mi si sedettero vicino.
Era passato un mese dall'ultima volta che erano volate a Los Angeles per farmi una sorpresa. Mi erano mancate.
"Mi siete mancate ragazze" dissi loro con gli occhi lucidi.
"Anche tu Giu. Come stai?" Mi chiese Rosa.
"Bene" affermai troppo velocemente e con troppa convinzione. Convinzione che non avevo più, dal giorno in cui lo sentii per l'ultima volta.
"Giu,sappiamo che non è così. Stai male così come lui sta male" mi disse Martina.

Sta male. Lui sta male.
-chissà se sono ancora tra i suoi pensieri, se qualche volta si soffermai suoi nostri ricordi-pensai con amarezza.
"Si Lola, anche lui soffre, non c'è giorn-" iniziò Serena ma la interruppi.
"Non voglio sapere niente di lui. Ha preso la sua decisione, va bene così. Sono andata avanti come ha fatto lui. Ora se volete scusarmi, mi devo preparare. Ho delle commissioni da fare prima di stasera." Affermai alzandomi dal letto e fermandomi davanti alla finestra.
Bugie. Erano anni che cercano di andare avanti, ma senza di lui mi sembrava di soffocare. Ho sempre sperato che sarebbe venuto a prendermi per scusarmi. Speranze vane. Quante volte ci ho sperato con le lacrime agli occhi. Troppe per essere contate.
Non c'era giorno in cui il dolore al petto cessava o diminuiva. Aumentava soltanto.
Mi sentii abbracciare da dietro. Scoppiai a piangere in quelle braccia che per lungo tempo avevo rifiutato per mostrami forte.
"Giu, con noi non devi mostrati forte. Sappiamo quanto hai sofferto e quanto ancora lo stai facendo. Con noi le puoi abbassare le barriere che hai creato" disse la ballerina di classico.
Tutte e tre le ragazze non riuscivano a vedere la piccolina, la loro piccolina, in quelle condizioni.
Sapevano il forte amore che avevano lei e il cantante, un amore che non può morire. Tutti nel loro gruppo erano consapevoli di quanto soffrivano i loro amici, per questo decidessero di intervenire. Un amore puro come il loro aveva il dovere di essere vissuto.
A distogliere le tre ballerina dai medesimi pensieri fu la più piccola, che staccandosi dall'abbraccio disse, "Grazie ragazze".
"Asciughiamoci le lacrime, abbiamo una giornata e serata impegnativa da affrontare" disse Martina.
Passammo la mattinata in giro per negozi, cercando gli abiti adatti per quella sera.
"Ci sono novità nel gruppo?" Chiesi nel momento in cui ci fermammo per pranzo.
"Nessuna, a parte Martina e Raffaele che stanno insieme. Anche Serena e Aka si frequentano" disse la napoletana.
"Cosa?!" Urlai.
Ma prima che potessero rispondermi sentii il telefono squillare.
"Pronto?!" Chiesi.
"Giulia, sono Veronica. Come stai ? Ho sentito che sei a Roma, hai voglia di passare a trovarci pomeriggio?" Mi chiese quella che un tempo fu la mia maestra.
"Ciao Vero, certo passo volentieri." Le disse e dopo esserci accordate chiusi la chiamata.
"Ragazze pomeriggio mi vedo con Veronica. Ci vediamo sta sera da Leo" comunicai al gruppo.
Dopo pranzo mi avviai verso casa Peparini-Müller. Ad aprirmi fu la piccola Olivia che appena mi vide mi saltò in braccio.
"Giulia" urlò per poi scoppiare a ridere.
"Ciao piccolina, come stai ?" Le chiesi.
"Giulietta ciao" mi salutò Andreas e poco dopo si aggiunse Veronica.
Fu un pomeriggio piacevole, mi erano mancati, ci raccontammo di quegli anni lontani. Mi dissero che avevano deciso di sposarsi, fui contenta per loro.
Senza accorgertene il tempo passò velocemente. Fui richiamata alla realtà dal telefono che suonava.
"Lola ma dove sei?" Mi chiese Checco appena risposi.
"Sono da Veronica perché ?" Gli chiesi di rimando.
"La festa inizia tra poco, non hai let-" lo interruppi. "Mannaggia, non ho più guardato l'ora. Sono in ritardo, vado a casa, mi cambio e arrivo" dissi per poi scoppiare a  ridere.
"Sei sempre la solita. A dopo piccolina" mi disse Checco.
Dopo aver salutato frettolosamente Veronica e la sua famiglia, mi precipitai a casa.
Avevo venti minuti per essere pronta.
Appena arrivata, mi infilai in doccia. Mi lavai velocemente, per poi uscire e avvolgermi un asciugamano intorno al corpo è uno in testa.
Consapevole di non riuscire ad essere puntuale, mi preparai con calma.
Scelsi un vestito rosso, con il corpetto stretto e con la scollatura a cuore. La gonna arrivava a metà coscia, con delle balze.
Mi truccai leggermente, lasciando i capelli mossi.
Mi osservai allo specchio. Ero cambiata, la bambina che per molti anni mi aveva caratterizzata non c'era più. Al suo posto vidi una donna, consapevole di se stessa, con uno sguardo spento, a tratti malinconico.
Non volendomi sopraffare dalle emozioni, misi i tacchi e mi avviai verso la meta.
"Deddy, sto arrivando. Siete già li?" scrissi al torinese mentre camminavo per le strade di Roma.
"Si, manchi solo tu" mi rispose.
Sentii il cuore fermarsi, ero pronta per rivederlo? Come sarebbe stato ? Gli avrei fatto riprovare tutte quelle sensazioni che provava per me un tempo?.
Tante domande ma poche risposte. Con questi pensieri mi ritrovai davanti alla porta di casa Lamacchia. Tentennai prima di suonare.
Ma come se qualcuno avesse sentito i miei pensieri la porta si aprì, rivelando la figura di Checco.
"Patatina" urlò, prima di abbracciarmi.
"Mi sei mancata tanto, forza entra. Mancavi solo tu " continuò.
Scoppiai a ridere, quanto mi era mancato.
"Ragazzi guardate chi è arrivato da oltre oceano?" Urlò trascinandomi dentro casa.
"Giulia" urlarono i miei vecchi coinquilini.
Fui abbracciata e sommersa di domande, che mi riempirono il cuore.
Fu in mezzo a quella confusione che girandomi incontrai un paio di occhi di ghiaccio. Quegli occhi che sembravano gli stessi ma al tempo stesso cambiati. Quello sguardo che mi provocava e mi provocò, anche quella sera, brividi e bollicine.
Fu come se il tempo si fosse fermato, eravamo solo noi due, chiusi dentro una bolla. La nostra bolla.
Il nostro momento fu interrotto dal ragazzo. Lo vidi farmi un piccolo cenno di saluto, per poi distogliere lo sguardo.
Il cuore di fermò nuovamente.
-Non provava più nulla, è davvero andato avanti senza di me- mi dissi.
Tutte le miei speranze crollarono definitivamente.
Persa nei miei pensieri non mi accorsi di un paio di braccia che mi stringevano "Patatina vedrai che tutto si sistemerà" mi disse Checco, lasciandomi un bacio in fronte.
"Non credo, ma va bene così" gli risposi, sciogliendomi dal suo abbraccio.
"Mai dire mai" mi disse facendomi l'occhiolino.
"Se lo dici tu. Mangiamo ora?" Gli risposi.
Nonostante la sofferenza mi ripromisi di divertirmi quella sera, mi erano mancati tutti. Erano rari i momenti in cui ci riunivamo,  avrei avuto tempo per piangere e leccarmi le ferite, ma non quella sera.
Dopo aver cenato e ballato, decidemmo di fare un gioco, uno di quelli che spesso facevamo in casetta.
"Raga, giochiamo a obbligo e verità?" Propose Rosa con entusiasmo. Tutti acconsentirono.
"Aka, obbligo o verità?"chiese la napoletana.
"Verità" rispose il biondo.
"Bacia Serena". Dopo un attimo di esitazione i due si baciarono. Partirono fischi e urla da parte di tutto il gruppo. Erano così carini.
Per tutto il gioco evitai di guardare dalla parte di Sangiovanni. Sentivo i suoi occhi che mi scrutavano ma non alzai mai lo sguardo.
Era cambiato, era cresciuto. Bello e particolare come una volta. Anche se il suo sguardo sembrava tormentato.
A fatica fui riportata alla realtà.
"Giulia, obbligo o verità?" Mi chiesero. Ingenuamente e ancora persa nei miei pensieri risposti "obbligo".
Fu solo in quel momento, in cui si creò uno strano silenzio dopo la mia risposta che alzai lo sguardo e li osservai. Avevamo tutti una strana luce nello sguardo. Provai un brivido di paura sapendo quanto fossero terribili in quei giochi.
Inconsapevole volsi lo sguardo e lo incastrai a due occhi azzurri. Pace e tranquillità fu quello che ci lèssi dentro. Sapevano ancora di casa.
"Bene Giulietta, ti obblighiamo a stare chiusa per dieci minuti in una stanza, con Sangiovanni" mi disse Deddy.
Mi gelai sul posto. Io e lui. Insieme. In una stanza, chiusi dentro.
"N-no, non posso" risposi con voce tremolante.
"Mi dispiace Giu, hai scelto obbligo. Se ti rifiutassi andresti in contro a una penitenza, che sarebbe la stessa" mi disse Tommaso.
Lo guardai, nessuno fiatava. Mi soffermai su Sangio. Sembrava tranquillo, o forse era quello che voleva dimostrarmi. Dentro di me tremavo, ma non potevo dimostragli che ancora oggi la sua presenza aveva un certo effetto sul mio corpo e sul mio cuore.
"Beh, andiamo. Prima iniziamo prima finiamo" dissi con finto tono duro.
Vidi il suo sguardo essere attraversato da una scintilla di dolore, ma non me se curai. Per una volta volevo sono pensare a me stessa.
"Ragazzi andiamo che vi accompagno" ci disse Deddy.
Non mi volsi indietro a guardare nessuno.
"Vengo tra dieci minuti a farvi uscire" disse il torinese per poi chiudere la porta a chiave.

-eravamo di nuovo insieme, nella stessa stanza. Dopo tre lunghi anni-pensarono in simbiosi.

Dopo lunghi attimi di silenzio, fu lui a romperlo "Non dici nulla?" Mi chiese.

Angolo autrice:
Ecco il continuo. Spero vi piaccia.
Mi piacerebbe avere un vostro riscontro sulla storia. Fatemi sapere.
Baci.

Labbra s'incollano Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora