Stranezze

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Quando aprii gli occhi quella mattina, capii subito che sarebbe stata una giornata grigia. Ultimamente queste giornate si susseguivano spesso, accompagnate da un muso lungo e dalla poca voglia.
L'unica cosa che mi faceva tornare il sorriso era ballare, per questo in quei momenti passavo la maggior parte del tempo in sala prove per evitare che la mente partisse per viaggi di sola andata.
Il motivo del mio cattivo umore era solo uno: Giovanni. Lui, il mio bello, particolare e tenebroso ragazzo. Lui, che in questo momento era nel pieno della sua carriera, lontano da casa, dall'Italia e da me.
Stava diventando sempre più difficile incrociare i nostri impegni, gli orari delle chiamate. Il fuso orario, in questo momento, non aiutava. Nonostante cercassimo di far funzionare la nostra relazione, sembrava che tutti gli eventi fossero contro di noi.
Ultimamente lo sentivo strano, distante, era come se fosse tornato sul suo mondo escludendo tutto il resto.
Fui richiamata alla realtà dal telefono che suonava, nonostante la poca voglia di rispondere mi alzai, sapendo di non poter sparire per tutto il giorno.
Non guardai neanche il nome del mittente, "Pronto?" Chiesi stiracchiandomi.
"Buongiorno amore" mi disse la sua voce, calda e rassicurante.
"Gio, come mai mi chiami a quest'ora?"chiesi sorpresa, visto che tutte le volte che ci sentiamo qui era sera e da lui mattina.
"Ma che domanda è? Ci deve essere un'ora precisa per chiamare la propria ragazza?" Mi chiese con tono fintamente irritato.
"Sono sorpresa tutto qui, come stai?" Gli chiedi immaginando il volto stanco e le occhiaie blu.
"Tutto bene tu ? Mi manchi Giu, non sai quanto" mi disse.
"Anche tu mi manchi" gli risposi sospirando.
"Non vedo l'ora di vede-" fu interrotto da una voce, quella del suo manager.
"Sangio dobbiamo andare" gli disse.
"Si arrivo, ciao piccola ci sentiamo dopo" mi disse mandandomi un bacio chiudendo la chiamata, non aspettando neanche una mia risposta.
Era questo che faceva più male, il suo essere così sfuggente, come se si sentisse obbligato di chiamarmi e scrivermi.
-Forse non aveva il coraggio per lasciarmi- pensai con amarezza, alzandomi dal letto e andandomi a preparare.
Andai in bagno mi lavai, mi vestii e scesi in cucina. C'era uno strano silenzio, insolito.
Notai sul tavolo un post-it 'Bimba siamo usciti presto sta mattina, non ti abbiamo svegliata sapendo che fai fatica a dormire ultimamente. Buona giornata, ti vogliamo bene. Mamma e papà'.
Sbuffando, senza fare colazione presi il borsone e mi avviai verso l'accademia di danza.
Dopo quel post-it così inusuale, il mio umore precipitò ultimamente.
Arrivata in accademia mi diressi nella mia sala preferita, consapevole di poterla occupare per tutto il giorno senza che nessuno venisse a disturbarmi.
Fui talmente concentrata che non mi accorsi dello scorrere del tempo. Tornai al presente solo quando mi fermai sentendo lo stomaco brontolare.
Mi avviai al borsone e presi il pranzo che mi aveva preparato mia mamma quella mattina. Fu in quel momento che guardai il telefono trovandoci numerose chiamate e messaggi da parte dei miei genitori e Chiara.
Mentre decidevo chi chiamare ricevetti una chiamata "Mamma, dimmi" le risposi.
"Giu si può sapere dove hai il telefono sono tre ore che provo a chiamarti" mi urlò dietro.
-Strano, non ha mai fatto così, sembra agitata e in ansia- pensai.
"Sono in sala prove, non ho sentito la suoneria" risposi sbuffando, non era proprio giornata per ricevere una ramanzina. Avevo ventidue anni e ancora mi trattavano come una bimba alle volte.
"Ti stavo cercando per dirti che sta sera abbiamo un impegno importante, ho chiesto a Chiara di portarti l'occorrente per cambiarti in accademia. Ti veniamo a prendere alle 19:30 in punto" mi disse facendomi sempre più notare il suo stato di agitazione.
"Va bene, cosa dobbiamo fare?" Le chiesi curiosa.
"Dopo te lo spiego, ora non ho tempo. Ciao" disse prima di attaccarmi il telefono in faccia.
-Di nuovo- pensai.
Guardai l'ora, erano le 17:30. Era volato il tempo in quella sala.
"Giu, sei qui. Forza ti devi preoccupare" urlò la mia ama spalancando la porta.
"Si può sapere che succede? Perché siete tutti così agitati oggi?" Chiesi facendomi trascinare nello spogliatoio.
"A dopo le chiacchiere, ora fila a fare la doccia, abbiamo poco tempo" mi rispose, spingendomi verso il box doccia.
-sono tutti strani, chi li capisce è bravo- pensai mentre mi spogliavo ed entravo.
Passai molto tempo sotto l'acqua chiedendomi cosa stesse facendo Gio, se avesse mangiato o dormito.
Guardai il tattoo sul polso sinistro che mi feci il mese scorso, un piccolo arco, con due frecce alle cui estremità c'erano una 'G' è una 'S'. Mi si strinse il cuore. Ai tempi pensai che fosse un bel gesto ma ora guardandolo mi chiedevo se la nostra storia potesse continuare, se avessimo le forze per lottare.
Nessuno sapeva della sua esistenza, era sempre coperto, volevo che fosse un segreto.
"Giu hai finito? Siamo già in ritardo" urlò Chiara da fuori il bagno.
Non risposi, spensi l'acqua, mi avvolsi nell'accappatoio e uscì.
Mi asciugai, misi l'intimo e uscì dal bagno.
"Finalmente. Questo te lo mandano i tuoi, aprilo" sempre più confusa aprii la scatola trovandoci dentro uno splendido vestito rosso con lo scollo a cuore. Aveva un bustino stretto, con una gonna che scendeva morbida fino a metà coscia.
"È bellissimo" affermai.
"Forza mettilo" mi incitò Chiara.
Lo indossai, sembrava che me lo avessero cucito addosso. Mi piaceva anche se più ci pensavo più mi sembrava fosse azzardato per una semplice cena.
"Non è troppo impegnativo? È solo una cena" dissi continuando a contemplarmi allo specchio.
"Sei bellissima, niente scuse. Ora passiamo al trucco e poi sei pronta". Smisi di ascoltarla. Se Gio fosse stato qui mi avrebbe impedito di truccarmi, lui che preferisce la bellezza naturale, sempre pronto a rimproverarmi quando lo facevo.
-chissà che sta facendo- mi chiesi.
Ancora una volta mi persi nei miei pensieri senza rendermi conto di essere fuori dall'accademia.
"Sei bellissima amore" mi dissero i miei in corso abbracciandomi stretta.
"Grazie. Andiamo,?" Chiesi con il desiderio di tornare a casa velocemente per barricarmi in camera.
"Prima di dobbiamo bendare e niente domande" mi disse mia mamma.
Fu un viaggio silenzioso, ognuno perso nei suoi pensieri.
"Giu siamo arrivati, non togliere la benda per nessun motivo va bene?" Mi disse mio papà, aiutandomi a scendere dalla macchina e accompagnandomi verso l'ignoto.
"Te l'affido, comportati bene" disse rivolto a una persona.
Mi senti prendere la mano, una mano conosciuta e famigliare. Mi bloccai. Non era possibile che lui fosse qui. Subito sentii le bollicine e brividi  in tutto il corpo, sembrava che il destino si stesse prendendo gioco di me.
Ci fermammo, sentii una presenza alle mie spalle che mi strinse. Fui invasa dalla sua colonia, dolce ma con un dettaglio frizzante. Sapeva di casa.
Sentii la benda sollevarsi dai miei occhi. Quando misi a fuoco la stanza mi bloccai.
C'era un percorso di rose che dall'ingresso si avviava fino al salotto di casa, al cui centro c'era un tavolo apparecchiato per due.
Tutto la stanza era illuminate da tante piccole candele profumate, acanto alle quali c'erano le nostre foto incorniciante. Mi voltai saltandogli in braccio, stringendolo e baciandolo appassionatamente. Quando mi era mancato. Fu un bacio passionale, travolgente. Fu come prendere una boccata d'aria dopo molto tempo.
Mi staccai e lo osservai. Bello come solo lui sapeva essere. Vestito con una camicia fucsia, il pantalone nero le scarpe bianche. Portava i capelli corti, più in ordine del solito. Ancora non ci credevo, era davanti a me.
"Ti piace Giu?" Mi chiese insicuro. Emozione che si rifletteva nei suoi occhi.
"È bellissimo Gio, ma come hai fatto?" Gli chiesi ricordandomi del suo lavoro.
"Segreto" mi disse facendomi il suo ghigno malefico.
"Sei cattivo" gli risposi.
"Se proprio vuoi sperarlo, era in moto da un po' questa sorpresa. Per questo negli ultimi tempi era un po' distante perché volevo che fosse tutto perfetto, te lo meriti" mi disse con voce emozionata.
"Ecco perché eri sempre così sfuggente, ho pensato il peggio, che ti fossi stancato di me, mentre tu mi stavi organizzare una sorpresa. Sono pessima" gli dissi piangendo. Ero stata una stupida, lui che si preoccupava di organizzare tutto questo e io che pensavo male.
"Non sei stupida, anche io al tuo posto sarei stato sommerso dai dubbi. Ora asciugati gli occhi bambina, dobbiamo festeggiare" mi disse prima di baciarmi teneramente.
"Mi sento in colpa" gli risposi approfondendo il bacio. Gli passai le mani tra i ricci stranamente pettinati, mentre sentivo le sue braccia stringermi i fianchi.
"Forza sediamoci a mangiare che si raffredda" mi dissi conducendomi al tavolo e spostandomi la sedia.
"Quando sei arrivato?" Gli chiesi sollevando il coperchio della plafoniera trovandomi davanti il risotto con i frutti di mare, il mio preferito.
"Quando ti ho chiamato sta mattina ero appena atterrato. Mi sono venuti a prendere i tuoi" mi disse osservandomi.
"Ecco dov'erano" affermai ridacciando.
Quanto mi era mancata quella quotidianità, quella spensieratezza.
Mangiammo tenendoci per mano e scambiandoci teneri baci.
Ben presto si venne a creare nell'aria una forte elettricità, che portò i nostri corpi a essere sempre più attaccati, le nostre mani si stringevano e le labbra che si scoprivano come fosse la prima volta.
"G-Giu" ansimò quando iniziai a baciargli il collo, iniziando a sbottonargli alla camicia.
"Mm" mugugnai di rimando. Mi era mancato, avevo bisogno di servirlo vicino, mio.
Lentamente gli sfilai la camicia, ammirando i leggeri addominali. Mi fermai di colpo, osservando il tatuaggio sopra il pettorale sinistro. Delicato e elegante c'era tatuato un nome, il mio.
Giulia.
Ero incredula, sentii gli occhi riempirsi di lacrime.
"Quand-do l'hai fatto ?" Gli chiesi con voce tremante percorrendo con un dito il contorno della scritta.
Era bellissimo.
"L'ho fatto il giorno dopo che sono ripartito, avevo bisogno di sentirti vicina e ho pensato che questo fosse l'unico modo, così ti ho sempre con me" sussurrò con voce incrinata dalle lacrime.
"È bellissimo" affermai estasiata da quella piccola scoperta.
"Tu sei bellissima" mi baciò dolcemente.
"Anche io ho fatto un tatuaggio" gli dissi osservandolo attentamente. Era cresciuto ma quello sguardo spensierato da bambino era ancora presente dopo anni.
"Cosa aspetti a farmelo vedere?" Mi chiese curioso, osservando attentamente ogni parte del mio corpo scoperta dal vestito.
"Prova a cercarlo" sfrecciai facendoli l'occhiolino.
"Sfacciata vedo" mi disse scoppiando a ridere per poi riprendere a baciarmi.
Il bacio divenne sempre più passionale, le prese sempre più intense e i gemiti sempre più forti. In poco tempo raggiungemmo la camera da letto. Mi bloccai, davanti a me c'era il mio letto cosparso di petali di rosa, illuminata anch'essa da numerose candele.
"Sei fantastico" gli dissi per poi saltargli in braccio.
Riprendemmo a baciarci, i vestiti in poco tempo volarono per terra. C'eravamo solo noi due è il nostro amore.
Fu dolce ma intenso, non avevamo fretta, volevamo goderci il momento.
Arrivammo al culmine insieme, urlando i nostri nomi.
"Ti amo Gio" gli dissi baciandolo dolcemente.
"Anche io Giu" sussurrò sul mio petto lasciandomi un bacio sopra il cuore.
"Mi hai preso in giro, non c'è un nuovo tatuaggio" mi disse sollevando leggermente la testa.
"Si che c'è, ma non hai guardato bene" gli dissi.
Vedendo la sua espressione gli feci vedere il polso sinistro. Rimando in silenzio per lungo tempo contemplando quel piccolo disegno.
"Ecco perché non l'avevo visto, era coperto. Come mai ? È bellissimo" affermò lasciandoci sopra un bacio.
"Volevo fossi il primo a vederlo e volevo fosse un mio segreto, ora nostro" affermai baciandogli la testa.
"Prima hai detto che dobbiamo festeggiare, che è successo?" Continuai.
"La mia casa discografica si trasferisce" iniziò, osservandomi.
Mi sentii sprofondare, Milano era già lontana, dove sarebbe finito ora ? Quanti kilometri ci avrebbero allontanati ulteriormente?
"Giu sento le tue rotelle fin qui. Prima di farti mille paranoie ascoltami" continuò facendo spuntare sul suo viso un sorriso furbo.
"Stavo dicendo, la mia casa discografica si trasferisce a Roma" mi disse orsservandomi.
Roma. Roma. Gio avrebbe vissuto a Roma.
"Davvero ?" Urlai.
"Davvero bambina, ti starò appiccicato tutto il tempo" mi disse scatenando le mie risa.
"Non vedo l'ora" gli dissi baciandolo.
Quella notte facemmo l'amore molte volte, avevamo bisogno di sentirci vicini.
Ci addormentammo all'alba, inconsapevoli di avere lo stesso pensiero "Potremmo valutare di andare a vivere insieme", ma per quella sera fu solo tale.

Angolo autrice:
Nuovo capitolo, scusate l'assenza ma ho avuto delle difficoltà a scriverlo.
Baci.

Labbra s'incollano Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora