Capitolo 13

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«Se continui a mangiucchiare quella penna finirai per macchiarti il tailleur con l'inchiostro», ammonì Hanna, fermandosi di fianco alla sua amica.

Norah mollò l'oggetto e smise di battere nervosamente il piede a terra, cessando finalmente quel rumore costante, che aveva rimbombato nelle orecchie della riccia per almeno venti minuti.

«Scusa tanto se a breve i miei genitori conosceranno Mike e io non ho la minima idea di come andrà a finire. Anzi, sicuramente male! Non so neanche cosa mi è passato per la testa quando l'ho invitato», borbottò la bionda, rivolgendole uno sguardo carico di turbamento.

«Mike è un tipo apposto e, anche se in un primo momento non dovessero accettarlo, sono sicura che si ricrederanno», disse Hanna, con più sicurezza di quanta ne avesse davvero.
Sapeva come la pensassero i signori Knight sulle relazioni di Norah, ma non voleva di certo farla entrare nel pallone in un momento del genere.

«Ne dubito», concluse Norah, per poi cambiare discorso. «Almeno c'è Lewis a farmi da spalla. Se non avesse accettato di fare da fotografo per l'evento non so cosa avrei fatto.»

«Ah, quindi adesso che tu e Lewis siete diventati amici per la pelle, addio Hanna? Bene, complimenti signorina Knight», ironizzò l'altra, recitando un applauso lento, per poi incrociare subito dopo le braccia al petto; il tutto seguito un adorabile muso per fare la scenata dell'offesa. In realtà era felice del fatto che andassero così d'accordo. Un po' meno quando si coalizzavano contro di lei.

Non appena Lewis l'aveva riaccompagnata da Bromton al Gherkin, quel giovedì, si era fiondata nella propria auto e aveva pianto per almeno un quarto d'ora. Una volta a casa si era immersa nella vasca colma d'acqua bollente, mentre il profumo delle candele alla lavanda le invadeva i sensi.
Infine, si era trascinata nel letto della sua coinquilina, aspettando che tornasse per farsi raccontare ogni cosa.
È vero: era crollata nel giro di dieci minuti, ma si era fatta perdonare la mattina dopo, durante la colazione. L'aveva ascoltata tutta orecchie, senza rivelare nulla del proprio viaggio al cimitero.
Comunque le cose col fotografo, i giorni a venire, erano andate meglio del solito.
Lui si era limitato a far crescere la sua ammirazione per Hanna e quest'ultima si era totalmente invaghita di ogni suo dettaglio. Poteva dire di conoscerlo quasi alla perfezione: poteva leggere le sue emozioni da una smorfia; sapeva cosa gli piacesse mangiare, bere, che musica ascoltare.
Lewis era stupendo e in un altro universo si sarebbe permessa di innamorarsi di lui.
Ora tutto ciò che in passato la irritava era diventato il motivo per cui si sentiva serena quando lui era nei paraggi. La seguiva spesso con sguardo premuroso, a volte tanto profondo da potervi annegare dentro.

«Parli come se fossi io quella che affronta discorsi infiniti con lui. Quando state vicini diventa imbarazzante girarvi attorno. Ti devo ricordare che ieri mattina ho dovuto schiarirmi la gola ben due volte per farvi accorgere della mia presenza?», si lamentò Norah, osservando con sguardo giudizioso l'amica da capo a piedi.

Hanna, inevitabilmente, sentì le guance prender fuoco e schiaffeggiò, scioccata, un braccio della ragazza slanciata. «Ma smettila, stavamo lavorando», boccheggiò come un pesce fuor d'acqua, con gli occhi fuori dalle orbite. «Eravamo solo concentrati!»

Norah non resistette e scoppiò in una risata di tutto petto, facendo aumentare il cipiglio sul viso di Hanna. «Certo, come no. Almeno quando arriva cerca di non sbavare.»

«Ha parlato quella che, in videochiamata, si scambia paroline dolci come una adolescente con Mike... pff, come se io non vi sentissi sghignazzare nel cuore della notte», la canzonò a sua volta la più bassa.

Norah rise sconvolta quanto divertita e: «Questo è un colpo basso però!» replicò, per poi farle una linguaccia dispettosa, ricevendone in cambio una ancora più grande.

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