capitolo 19 - Prima Parte

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Si era svegliata con l'anima più leggera quella mattina, convinta di trovarlo ancora spaparanzato sul divano. 
Hanna l'aveva visto quella notte, addormentato in salotto, con una coperta incastrata tra le gambe e i capelli castani sparsi sul cuscino.
Dopo la scenata al Gherkin, aveva creduto che quello sarebbe stato il colpo di grazia: Lewis si sarebbe lavato le mani di lei e dei suoi problemi. Eppure, nonostante avesse assistito a quella crepa della sua vita, lui era rimasto… inconsapevole verso cosa stesse andando incontro. Ciò aveva svegliato una piccola speranza in Hanna: forse, una volta visto ciò che si nascondeva sotto la punta dell'iceberg, Lewis non sarebbe scappato.

Tuttavia, quando aveva raggiunto la propria coinquilina, tutto era stato messo in ordine e dell'uomo non c'era più traccia.
Questo è ciò che Norah stava leggendo dal piccolo block-notes, fino a poco prima abbandonato sul tavolino da caffè: "Ho avuto un'urgenza. Spero che oggi stiate meglio… L."

«Vuole starmi lontano», confessò Hanna. Era giunta di soppiatto alle spalle dell'amica, facendola spaventare.

Tant'è che, con una mano sul cuore, la bionda borbottò: «Cristo, ma sei arrivata volando?» 
Mollò l'oggetto dov'era e si voltò per confrontarsi con la riccia. «E non credo che sia come dici tu, avrà davvero avuto un contrattempo», aggiunse.

Hanna si lanciò sul divano a faccia in giù. La testa lì dove era stata quella di Lewis per tutta la notte. Né il suo profumo e né il suo calore erano rimasti impressi nella tela del tessuto chiaro e ruvido.

«Avevo deciso di provarci, Norah. L'ho sentito parte di me, come ho sempre sentito te, quando mi ha stretta a sé in ufficio. Poi l'ho visto stanotte... qui. Adesso ha preso le distanze e non posso biasimarlo», ammise.

Norah si accomodò in un angolo e portò una mano ad accarezzare una gamba dell'amica, in segno di conforto. «Non è scappato. L'avrebbe fatto ieri se avesse voluto, invece è rimasto ed è questo che deve interessarti.»

«Lascia perdere. Preparati e vai al lavoro. Io starò bene», cambiò discorso l'altra, sforzandosi di sorridere. 

Anche se Norah non ne era totalmente convinta, fece come Hanna le aveva consigliato ed uscì di casa venti minuti dopo, fresca e profumata come una rosa. Ovviamente raccomandò la propria coinquilina di farsi sentire, poi la rassicurò sul fatto che le avrebbe riferito eventuali novità su Lewis.
Così Hanna rimase sola nell'appartamento e lo sarebbe stata quasi per tutta la giornata. Per lei era una cosa orribile: odiava stare troppo tempo da sola, perché i pensieri diventavano più rumorosi e lei perdeva il controllo, finendo in un loop di negatività e stress autoindotto. Si era anche sforzata di tenere aggiornata Norah. Ciononostante smise di risponderle dopo mezzogiorno e, dapprima, la bionda non se ne preoccupò molto: probabilmente Hanna si era messa a lavorare al pc o a cucinare. Il problema arrivò quando, alle due e mezza, le arrivò un messaggio frettoloso che le fece risalire in gola ciò che aveva appena mangiato.

«Norah, tutto okay?» Arthur le rivolse un'occhiata timorosa.

«Hanna... lei mi ha mandato un messaggio strano», mormorò impallidita. «Guarda.»

L'avvocato si sporse sul tavolo del ristorante per leggere meglio la chat. Deglutì con fatica, intuendo il motivo per cui la sorella avesse assunto quell'espressione.

«Cosa vuol dire "non sarò a casa quando torni" e "devo mettere un punto a tutto questo"?» domandò. Era sconvolto. Norah gli aveva accennato qualcosa riguardo la situazione attuale, tuttavia a lui mancavano alcuni pezzi del puzzle e non era in grado di farsi un'idea ben chiara delle intenzioni di Hanna. 

«Tu pensi che intenda...» tentò di chiedere un parere la donna, lasciando con un colpo secco il cellulare sulla superficie in legno. Aveva il fiato corto e gli occhi sempre più lucidi.
Continuava a chiedersi cosa avesse in mente la sua amica, cosa volesse davvero dirle. Era assurdo che Hanna volesse fare un gesto estremo, eppure lo era ancora di più l'idea che avesse deciso di affrontare la realtà così all'improvviso.

Il fratello sospirò. Lui non poteva farsi prendere dal panico, oppure non ne sarebbero usciti a capo. «No, io non credo. Per quanto mi hai detto, lei ne ha passate di peggiori e non ha senso che faccia una cosa del genere.»

«Sì, ma adesso c'è Lewis di mezzo. Ho paura che si sia convinta del fatto che l'abbia abbandonata, scappando lontano da lei», espose con voce incrinata.

Arthur propose di chiamarla e Norah lo fece. Fu inutile: Hanna aveva spento il cellulare. «Merda… scusa Arthur. Io devo tornare a casa e controllare la situazione.»

«Ti accompagno e cerco di rintracciare quello sventato del mio migliore amico. Magari sa qualcosa che non sappiamo.»

Per fortuna non si trovavano lontano da Russel Street, per cui ci misero poco a raggiungere la loro meta. E Norah ci sperò con tutto il cuore di vedere il capo riccioluto di Hanna sbucare da qualche parte ogni volta che passava da una stanza all'altra. Ciò non accadde.

«Dove può essere andata? Non lontano: ha lasciato tutto qui. Mi sembra che manchi solo la sua borsa», esordì la bionda rientrando in cucina, dove Arthur si era fermato per rintracciare Lewis.
Non avrebbero voluto farlo preoccupare, infatti si sarebbero limitati a chiedere dove fosse e se avesse sentito Hanna di recente.

«Forse aveva solo bisogno di allontanarsi un giorno anche lei?» riflettè  l'uomo, con il cellulare schiacciato contro l'orecchio. Lewis non era raggiungibile e la cosa lo stava facendo innervosire ancora di più.

Norah sbuffò, facendo frettolosamente avanti e indietro.

«Lewis, Dio santo! Dove sei finito?» Finalmente aveva risposto e la bionda smise di imprecare, attendendo con il fiato sospeso che domandasse di Hanna.
Arthur mise il vivavoce per farle sentire la conversazione.

«Mi ha chiamato Margareth alle cinque di mattina. È stata operata poco fa: appendicite. Son partito subito, anche perché Chris sarebbe stata sola fino a stasera», spiegò frettolosamente. Dai rumori di sottofondo capirono che si trovava in ospedale. «E' successo qualcosa?»

I due fratelli si scambiarono uno sguardo d'intesa. «No, nulla di grave. Volevamo solo sapere se hai sentito Hanna, perché Norah l'ha lasciata a casa da sola oggi e non le risponde da un paio di ore. Sai com'è: si preoccupa molto e volevo tranquillizzarla.»

Ci fu qualche secondo di silenzio e poi: «Arthur, dimmi la verità», ordinò con voce dura il fotografo, facendo alzare gli occhi al cielo all'amico.

«Lewis, non preoccuparti. Prenditi cura di Margareth e Chris, se succede qualcosa ti avviso... d'accordo?» tentò di sembrare più calmo di quello che fosse in realtà.
Non sarebbe stato giusto che lo allarmassero per nulla, perciò avrebbero atteso ancora un po' e se Hanna non si fosse fatta sentire lo avrebbero informato. In fondo non avrebbero potuto fare altro per il momento se non aspettare.

Lewis sospirò e: «Non sparire! Io devo restare almeno fino a stasera a Croydon. Se succede qualcosa prendo Chris con me e arrivo», rispose con tono rassegnato.

«Certo, ci teniamo in contatto.»

Terminarono la chiamata e si spostarono in soggiorno.

«Io aspetto fino a stasera. Se fa buio e non si fa sentire, dobbiamo chiamare la polizia», lo avvertì Norah.

«Lo so», confermò Arthur.

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NOTE:
Cosa avrà mai in mente Hanna? Sempre una solleva guai, eh? 😅
Ci troviamo in un punto di svolta della storia... Che sia in meglio o in peggio lo scopriremo! 💙

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