Capitolo 28

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Hanna rischiò di far cadere le tazzine di caffè almeno un paio di volte prima di riuscire a raggiungere lo sgabello. Da quando si era destata quella mattina presto, avendo sentito la propria coinquilina rietrare nell'appartamento, sembrava avesse la testa fra le nuvole. 

Norah scoprì quale fosse il motivo di tale distrazione quando passò dinanzi alla camera da letto della riccia. Infatti quest'ultima, recandosi in cucina, si era dimenticata di chiudere la porta della propria stanza. Lì, fra le candide lenzuola, giaceva un Lewis profondamente addormentato.

«Raccontami tutto. Adesso.»

«Perchè non parliamo ancora della tua di notatta invece, mh?» tentò di sviare il discorso Hanna.

«Eddai! Io ti ho già raccontato tutto...»

Era vero, Norah le aveva chiarito fin da subito cosa fosse accaduto tra Mike ed Abigail, quasi volesse mettere le mani in avanti e giustificare le azioni che aveva poi commesso. 
Innanzitutto, a quanto pare, la ex del tatuatore si era recata sul suo posto di lavoro ubriaca. Di nuovo.
Lui aveva dichiarato di aver chiuso quella storia. Tant'è che si era rivolto alla madre della giovane, pregandola di venire a prelevare la figlia. Le aveva anche consigliato di inserirla in terapia, visto il brutto vizio che stava prendendo con l'alcol. E come prova di tale presa di posizione, Mike aveva mostrato a Norah i messaggi che si era scambiato con la signora in questione. Uno di questi la avvisava del fatto che, nel caso in cui Abigail avesse continuato ad insistere, si sarebbe rivolto alle persone competenti. 
L'insieme di codeste argomentazioni e il sentimento che nutriva nei confronti di Mike, avevano spinto del tutto Norah fra le braccia del tatuatore: le era bastato poco, quasi stesse aspettando una qualsiasi scusa per potersi lasciar completamente andare.

Ascoltandola, Hanna si era resa conto di quanto l'amica si fosse affezionata a Mike. Quel suo modo di agire - senza soffermarsi a ragionare, facendosi trascinare dal momento - di fronte ad un problema che si sarebbe potuto rivelare più grosso di quel che sembrava, le aveva ricordato la Norah diciannovenne. Ciò la fece preoccupare. Avrebbe voluto dirle che sarebbe stato meglio fare un passo indietro... Ma come avrebbe potuto? Lei stessa stava sperimentando sulla propria pelle quanto fosse difficile essere razionali con quel tumulto di sensazioni a gravarle addosso.

«Sì, ma non mi hai raccontato i pettegolezzi come tuo solito... Com'è stato? Aspettavi questo momento da un po'.»

La bionda si rannicchiò sullo sgabello come un canarino su di un ramo, stringendo le ginocchia al petto. «È stata spettacolare... Io non mi son mai sentita tanto in sintonia con qualcuno.»

«Ironico.» 

«Cioè?» Norah posò la propria tazzina di caffè sul bancone e voltò il capo, con le sopracciglia aggrottate, in direzione di Hanna.

L'altra scrollò le spalle e, dopo aver fatto un sorso della bevanda amara, si spiegò: «Dico che è ironico come emozioni e situazioni complicate siano spesso direttamente proporzionali fra loro.» 

«Più una cosa sembra impossibile più ci piace... è questo che intendi?» 

«Diciamo... Però mi chiedo una cosa: ci piace perché è una situazione complicata? Oppure la situazione è complicata perché ci piace? Cioè, se al posto di Mike ci fosse stato qualcun altro, la situazione avrebbe avuto lo stesso peso? Oppure non ti saresti fatta problemi a lasciartelo alle spalle?» 

«Non puoi mettere il mio cervello sotto esame a quest'ora...» alzò gli occhi al cielo Norah. «Cos'è? Ti è già passata la sbadataggine?» continuò con tono scherzoso. 

«Ridi, ridi, brava!» fece una smorfia Hanna, tra l'imbarazzo e il divertimento. «Allora, cosa ne pensi?»

Norah ci pensò su qualche secondo, iniziando a seguire il ragionamento della riccia. La riflessione le stava aprendo un mondo, non ci aveva mai pensato prima... E la risposta alle domande le era balenata subito in mente. 

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