Capitolo 7

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«Mi chiedevo se avrei dovuto aspettare un altro paio d'anni per vederti, giovanotto.»

Lewis cercò di non agitarsi sulla poltroncina nera. Ammirava il signor Knight, eppure quel suo atteggiamento di superiorità lo metteva a disagio. Inoltre alcune sue idee cozzavano con le proprie; non a caso si erano ritrovati spesso a discutere di fronte ad un bicchiere di vino rosso tempo addietro.

Quell'uomo ci aveva visto giusto in Lewis: fin dall'inizio aveva capito che avrebbe fatto strada. Per questo aveva insistito nel volerlo introdurre a sue conoscenze importanti, a patto che firmasse un contratto che lo legasse alla redazione Knight.

Non aveva accettato. Di fare strada perché raccomandato a Lewis non interessava, perciò si era tirato sù le maniche e aveva lavorato sodo. Poi la sua occasione era arrivata e allora aveva realizzato di aver fatto la scelta giusta: se si fosse legato ai Knight non avrebbe goduto della libertà che tanto amava. Gli piaceva viaggiare, conoscere posti e persone nuove, andare a ballare e vivere d'avventure. Tutto ciò che desiderava era vedere ad occhi nudi le sfumature del mondo, per poi catturarle con l'obiettivo.

«Sono stato parecchio occupato gli ultimi tempi», ammise con un ghigno soddisfatto, poggiando finalmente gli occhi sul viso invecchiato di Bruce. Fisicamente era una versione più matura di Arthur, a parte che per lo sguardo: di certo non aveva la dolcezza caratteristica dell'amico.

Arthur, sapendo che suo padre avrebbe replicato con qualcosa di inappropriato, si schiarì la voce e «Hai già pensato a come organizzare l'evento di domenica?» chiese.

Lewis ringraziò mentalmente l'avvocato per il cambio d'argomento.

Il signor Knight si alzò dalla scrivania e passeggiò al di dietro di essa, con le mani nelle tasche del proprio pantalone nero inumidito. Alle sue spalle una vetrata ampia metteva in bella vista la città, come al solito avvolta da una leggera nuvola di pioggia.

«In verità non la sto organizzando io: sta facendo tutto Norah. Quella piccola peste è riuscita a convincermi solo perché si tratta di Tom Kindly, quel pittore che predilige i ritratti... avete presente?»

«Non ci credo. Come avete fatto a convincerlo? È difficile che si presti a queste cose, io stesso ho tentato una volta, ma è stato irremovibile. E sapete cosa mi ha detto? "Il mio volto è già riflesso negli occhi dei miei quadri, così come le mie mani sono visibili nelle pennellate"», rivelò il fotografo, stupefatto.

Giusto qualche mese prima si era presentato al citofono dell'uomo e lì era rimasto. L'artista non aveva neanche voluto vedere la sua faccia. Così Lewis, insistente com'era, si era attaccato nuovamente campanello. Il signor Kindly, disperato, fu obbligato ad affacciarsi dal balcone con un secchio d'acqua in mano. Non si sa il perché non glielo avesse lanciato... forse lo aveva colpito qualcosa in particolare del viso del giovane? Lo aveva comunque mandato via alla fin fine.

I due Knight lo osservarono con leggera sorpresa. Bisogna essere ambiziosi, quanto pazzi, per avvicinarsi a Tom: da quando gli era accaduta una terribile disgrazia era stato impossibile per chiunque avvicinarsi a lui.

Bruce rilasciò una risata, mista di divertimento e incredulità. «Norah l'ha convinto sul potersi riscattare dalle infondate accuse che gli sono state fatte: noi gli offriamo un luogo dove esporre le sue opere più richieste, alcune inedite, in cambio di un'intervista con mia figlia.»

Arthur sorrideva fiero, così come il padre.

«Davvero ammirevole. L'ho conosciuta proprio qualche giorno fa, si vede che è una ragazza decisa.»

«Diciamo che in questo ha ripreso da me. Quando crede in qualcosa non molla finché non ci sbatte il muso», disse l'uomo più anziano.

Il signor Knight non fu insopportabile per il resto dell'incontro, perciò Lewis si sentì piuttosto soddisfatto uscendo da quello spazioso ufficio insieme ad Arthur.

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