Capitolo 33 - Prima Parte

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Il tessuto scuro cadeva morbido sui fianchi frusciando, ad ogni movimento compiuto, l'orlo contro la pelle delle gambe nude. L'epidermide venne percossa da un brivido freddo e il corpo incominciò a tremare.
Uno, due, tre... Contava i passi con lentezza, mettendo un piede davanti all'altro con incertezza. Stava facendo la cosa giusta?

Si bloccò all'improvviso, a pochi metri dall'ingresso del locale, presa dal panico. Tornò indietro, stavolta a passo spedito, diretta alla propria macchina. Il bisogno che sentiva di lui la spronava a procedere come stabilito. Tuttavia, la paura di cedere e il terrore di trovare una tempesta di odio una volta incrociate le iridi chiare, che per lei sarebbero sempre state il cielo sereno d'estate, la immobilizzava.
Sarebbe risultato ancora più doloroso incontrarlo con la consapevolezza che sarebbe stata l'ultima volta.
Era stata stordita dalla montagna di emozioni che l'avevano rapita da quando aveva conosciuto quell'uomo. Lewis le aveva cambiato la vita: lui era stato la forza motrice che l'aveva spinta a fare delle scelte che altrimenti avrebbe rimandato, per ricercare la verità e risolvere le questioni in sospeso. Le aveva dato coraggio e motivazione.

Il percorso della sua vita prevedeva altre tappe, aveva ancora grandi massi da superare e il primo sarebbe stato quello di dire addio all'unica persona che aveva deciso di amarla... nonostante tutto. Così, ad un passo dal salire in auto, si rese conto che stava fuggendo di nuovo come aveva detto Arthur. Dopo esser sparita dalla vita di Lewis Green come una ladra, aveva promesso a se stessa di non farlo più; perché Hanna si sentiva proprio così: una ladra che aveva portato via uno spicchio di luce dalla stella più luminosa. Le sembrava di aver colto un fiore destinandolo alla morte, quando avrebbe dovuto lasciarlo al suo posto ed ammirarlo con rispettoso amore.

Tolse la mano dalla maniglia e fissò il cielo. Era buio, l'aria serale di fine giugno confortante e accogliente. Strinse le braccia attorno al proprio torace e si fece forza: doveva farlo, doveva assicurarsi che Lewis fosse tornato da quel viaggio come l'uomo solare che aveva salutato all'aeroporto con un bacio allora ricco di promesse. Tutte promesse che non era riuscita a mantenere.

Attraversò velocemente il tratto cementato che la separava dalla struttura e si fiondò dentro. Quando un uomo le chiese il nome faticò a rispondere, incapace di pensare o solo respirare. Glielo disse balbettando, col cervello in tilt e il cuore in gola. La fece passare. Ecco, il momento era arrivato. A breve l'avrebbe visto. Lewis si trovava in quella sala e Hanna avrebbe dovuto convincere il proprio corpo a resistergli una volta a poca ditanza da lei.
Più si avvicinava all'entrata più le prudevano gli arti, impazienti, desiderosi di prendere la rincorsa, scovarlo e saltare fra le sue braccia. L'uomo più buono, paziente e forte che avesse mai conosciuto... e che lei aveva deciso di non poter avere.

Oltrepassò la porta a doppia anta aperta, solo una tenda rossa a oscurare l'altro lato. Un'esplosione di suoni e odori la attanagliò. La musica rimbalzava contro le pareti e all'interno delle cavità del proprio corpo.
Era tardi, quasi le due di notte, e tutti si trovavano lì già da un po'. Hanna aveva deciso di fare solo un salto, senza fermarsi con nessuno; poi sarebbe tornata a casa per terminare il riempimento della valigia. Questo era l'accordo.

Facce conosciute e sconosciute occupavano l'intero spazio, facendole mancare l'aria. Sembrava di essere all'interno di una gabbia, in trappola... Le sembrò di essere un granchio schiacciato da migliaia di pesci convulsi all'interno della rete di un peschereccio.

Una palla da discoteca buttava le luci colorate dei riflettori nella penombra, illuminando in maniera caotica la scena. La testa iniziò a vorticare e le mancò l'equilibrio, disavvezza a quell'ambiente. Arthur aveva organizzato un vero e proprio party degno di nota.

Prese un profondo respiro e si inoltrò in quella massa di corpi danzanti, urlanti e sudati. Strinse la pochette a tracolla contro un fianco e prese un profondo respiro per avanzare ancora. Quella situazione la metteva a disagio, perciò si tenne il più possibile vicina alle pareti, mentre raggiungeva una zona da cui poter avere una visuale ampia. Salì delle scalette a chiocciola che portavano ad un piano rialzato e infine, attaccata alla ringhiera, si fece posto dietro ad un gruppo di persone, alcune più mature di lei, che stavano osservando la sala sorseggiando drink colorati.
A ridosso di un muro adornato di quadri, presso uno dei tavoli in disparte, riconobbe i signori Knight in compagnia di altra gente. Erano troppo impegnati per accorgersi di lei.

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