Capitolo 5

131 21 90
                                    

Si legò i boccoli scuri in una crocchia disordinata. Pensava di averla superata. Evidentemente non era così.

Con le mani tremanti, si schizzò l'acqua fredda del rubinetto sul viso. Si sarebbe sbavata il trucco, ma non c'era problema: aveva la sua pochette delle emergenze nella borsa.

Odiava sentirsi mancare la terra da sotto i piedi. Qualcuno, da fuori, l'avrebbe presa per una matta. Non lo era... E nessuno l'avrebbe capita. Prendersela per così poco? Era consapevole del fatto che fosse esagerato sentirsi così per una mail, eppure il suo corpo non ne voleva sapere.

Doveva ricomporsi oppure tutti l'avrebbero vista debole. Avrebbe tirato fuori il suo lato forte, com'era abituata a fare.

Sentì la porta del bagno aprirsi e si rialzò immediatamente, tentando di asciugarsi il viso.

Quando alzò lo sguardo, incrociò quello di Milly Stuarts. Poteva andare peggio di così?

«Signorina Landi, si sente bene?» le si avvicinò appena, con in mano un plico di fogli e gli occhiali tondi e spessi scivolati sulla punta del naso.

«Indigestione, penso sia stato il pranzo», la buttò lì, senza sapere cos'altro inventarsi. «Mi stava cercando?»

La segretaria annuì all'affermazione della caporedattrice, senza credere ad una sola parola di ciò che le aveva rivelato. Milly era troppo furba e impicciona per farsi fregare. «La signorina Knight la cercava urgentemente.»

Hanna stava impazzendo: l'e-mail, Norah e la parola "urgenza" nella stessa frase, la segretaria pettegola...cos'altro doveva accadere quel giorno?

Si massaggiò le tempie. «Dille che la raggiungo tra cinque minuti.»

Milly uscì dal bagno, pronta a spargere la voce su tutto il piano: attenzione, Hanna Landi è umana!

La riccia raggiunse l'ufficio di Norah con il cuore in gola. Non si erano parlate molto.

«Eccoti!» urlò la bionda, spaventandola.

Hanna non vide traccia di preoccupazione in lei, anzi; perciò la squadrò con espressione disorientata.

«Non guardarmi come se avessi tre teste», l'ammonì Norah, alzando gli occhi al cielo. Hanna era troppo seria.

«Cosa c'è di tanto urgente da dover mandare Milly a cercarmi?» domandò con le braccia incrociate al petto. L'amica si alzò dalla scrivania.

«Ho convinto i miei ad organizzare l'evento di beneficenza in villa! Non è grandioso?» era entusiasta. E Hanna lo era altrettanto: Norah insisteva con i signori Knight da mesi e ci era finalmente riuscita.

«Come diavolo hai fatto?»

I genitori di Norah non erano le persone più adatte con cui testare le proprie capacità persuasive.

«Ti ricordi quel pittore che i miei volevano intervistare? Quel Tom Kindly?» domandò Norah, ora camminando per l'ufficio senza una meta precisa.

«Non mi dire!» esultò la riccia, spalancando gli occhi non appena ebbe compreso le intenzioni dell'amica, la quale annuì con un sorriso soddisfatto.

Hanna si ricordava di quel pittore: un uomo sulla cinquantina - molto richiesto dai media - dal carattere burbero e scontroso. Una volta si erano recate presso la sua residenza con l'intento di ottenere un incontro. Lui non ne aveva voluto sapere. Aveva detto loro: "L'arte non è fatta per essere spiegata, ma ammirata".

Oltre che dai propri ideali, Hanna aveva scoperto che l'uomo era frenato dal fatto che era stato coinvolto, due anni prima, in un equivoco scandaloso: alcuni giornalisti avevano riportato a modo loro una sua affermazione, rovinando così la sua immagine.

That's How The Light Gets InDove le storie prendono vita. Scoprilo ora