Capitolo 20

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L'hotel si presentò come un edificio, più lungo che alto, dai mattoni rossi e i dettagli blu, innalzato contro un cielo ancora chiaro e poco nuvoloso.
Hanna attraversò il parcheggio per avvicinarsi all'ingresso vetrato. Non vedeva l'ora di bearsi di un bel bagno caldo e coricarsi sotto le coperte. Inoltre, non aveva toccato cibo da quando aveva lasciato il proprio appartamento. E, per quanto l'idea di riempire lo stomaco in quel momento non le andasse a genio, avrebbe dovuto sforzarsi di mangiare oppure il suo corpo sarebbe collassato dopo tutto quello stress.
Diede i propri documenti alla receptionist e pagò, per poi dirigersi con passo pesante fino a quella che sarebbe stata la sua stanza per una notte, al secondo piano della struttura.
Si sentiva ancora stordita mentre lanciava la propria borsa sulla poltroncina grigia. Sentiva il corpo così pesante...
Decise di lasciar vibrare il cellulare per l'ennesima volta contro la coscia. Si lasciò cadere di schiena sull'ampio letto, appoggiato con la testiera contro la parete sinistra. Avrebbe risposto a breve, aveva solo bisogno di respirare e assimilare ciò che era appena successo.
Le parole di Ben... quelle cose che si era rifiutata di ascoltare per tutto quel tempo, per paura di scoprire che lui l'aveva buttata via come un qualcosa di rotto ed inutile. Si era convinta che quell'uomo avesse sempre voluto solo lavarsi la coscienza, eppure l'aveva visto il dolore nei suoi occhi quel pomeriggio. Solo che era stato più facile dare tutta la colpa a lui, era stato più facile riversare l'odio nei suoi confronti piuttosto che accettare il fatto che non tutto nella vita si può controllare. Non credeva di poterlo mai perdonare. Ancora non si sentiva in grado di prendere in considerazione la cosa. Però, sentire finalmente la versione di Ben l'aveva sollevata da un gran peso sul petto.

Il cellulare prese a vibrare nuovamente. Aveva inviato un paio di messaggi alla propria migliore amica, ma doveva rispondere alle chiamate: Norah doveva essere ancora in pensiero per lei e si meritava delle spiegazioni. Così si alzò e, avvicinandosi alla finestra, rispose alla chiamata.

«Hanna? Oddio!» urlò subito la donna sull'altro capo della linea. «Pensavo di impazzire! Credevi che un messaggio bastasse, eh? Dove sei?», continuò, adesso con tono più alterato. Hanna non poteva biasimarla.

«Sono in un hotel a Sutton. Come ti ho accennato poco fa, ho dato la possibilità a Ben di scusarsi ed è stato intenso. E scusami, ti prego, per essere partita così su due piedi. Sentivo il bisogno di farlo senza coinvolgere nessuno, oppure avrei cambiato idea. Ho fatto tutto di fretta per non darmi il tempo di ripensarci», spiegò la riccia, mentre osservava assorta il panorama. Percepiva un nodo in gola atroce: si sentiva in colpa. Aveva fatto preoccupare tutti, tuttavia era stato l'unico modo per lei di affrontare la cosa.
Sentì Norah prendere un profondo respiro, probabilmente per non dare di matto.

«Va bene, lo capisco... ma non sparire di nuovo! E riposati, mangia, okay?»

Hanna sorrise di fronte a tanta premura. Inoltre, udì delle voci di sottofondo. «Certo, stai tranquilla. C'è Mike con te o mi sbaglio?»

«Sì, è venuto a farmi compagnia con Arthur e Soph. Eravamo tutti così agitati... stavamo per chiamare la polizia», confessò Norah.

«Oh», è tutto ciò che riuscì a mormorare, dispiaciuta. Il caos che aveva creato era molto più grande di quanto si aspettasse, se ne rendeva conto solo ora. Inevitabilmente, con la mente, andò a chiedersi del perché Lewis non ci fosse.

«So cosa stai pensando», esordì l'amica . Le voci attorno a lei si attutirono: doveva essersi allontanata. «Ascoltami, Lewis è andato via stamattina presto perché la madre di Chris, Margareth, stava male. E' stata operata di appendicite, quindi lui è rimasto con sua figlia oggi... anche perché i nonni sarebbero rientrati solo stasera in città.»

Hanna senti le spalle rilassarsi. Quindi Lewis non aveva preso le distanze da lei?
«Mi dispiace molto, sta meglio adesso?» domandò con sincerità. Non sapeva che dire e non voleva chiedere altro: lui era pur sempre un padre, perciò non poteva pretendere troppo. Nessuno meglio di lei poteva sapere quanto fosse importante avere dei genitori sempre presenti al proprio fianco.

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