Capitolo 22

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Il pianeta aveva compiuto l'usuale e ripetitiva rotazione attorno al proprio asse e proseguiva quella attorno al sole. I raggi della stella iniziavano a colpire ogni superficie esterna e ad invadere ogni minuscolo spazio possibile, compresi i piccoli fori di una tapparella grigia in particolare. Essa era affacciata su una delle tante stanze d'hotel, testimone dell'intreccio di lenzuola e dita e piedi risultato dall'unione inaspettata di due anime sofferenti.
Una donna, che aveva riscoperto da poco la felicità dopo anni di turbamento, sollevò le palpebre pesanti e mise a fuoco ciò che la circondava: dei puntini luminosi inondavano la parete chiara e spoglia di fronte a lei; più in basso, sulla moquette dal color grigio tortora, un groviglio di abiti stropicciati si annidava da ore, mentre un paio di calzini diversi giacevano in disparte. Poi gli occhi si posarono su ciò che più di vicino al campo visivo aveva: un braccio nudo sbucava dalle sue spalle, coprendole il busto, la cui mano si intrecciava con la sua.
Svegliarsi con addosso il calore di un corpo estraneo al proprio è una di quelle cose a cui Hanna credeva di poter rinunciare, almeno fino a quella mattina. Sorrise ripensando agli eventi della notte passata: avevano fatto l'amore e ciò fece assumere alle sue guance un colorito più acceso; poi erano crollati stringendosi a vicenda, impauriti entrambi dalla possibilità che uno di loro potesse scappare.
Lewis era perfetto e ogni cosa di lui la faceva impazzire. Ironico? Tanto. L'aveva quasi odiato fin da principio per motivi futili e per via di un pregiudizio che non le apparteneva. Il suo subconscio doveva aver capito che Lewis le avrebbe cambiato la vita in qualche modo. Solo un uomo con uno sguardo del genere avrebbe potuto farlo.
Riempì i polmoni d'ossigeno: le parve di respirare per la prima volta in tutta la vita. Fu così bello. Inevitabilmente si mosse contro il petto nudo del fotografo, spiaccicando la propria schiena al petto dell'uomo, come se in quel modo potesse fondersi con lui per sempre.

«Se continui a muoverti così non usciamo più», biascicò Lewis, con la voce roca dal sonno, stringendo la presa attorno allo stomaco della riccia. Si avvinghiò di più a lei e strusciò il naso contro il suo collo, proprio come un gatto che fa le fusa.

«Buongiorno», replicò Hanna e si morse il labbro per evitare di ridacchiare per quell'allusione. «Oggi dobbiamo andare al St James Park, ricordi?»

Lewis sbuffò, nascondendo del tutto il viso nell'incavo del collo della donna.

«Possiamo restare qui tutto il giorno? Per favore?»

La giovane si girò nel letto, così da ritrovarsi faccia a faccia con lui.

«Lo vorrei, ma ho promesso a tua figlia che l'avresti portata con noi, sai... nella nostra ultima meta», confessò colpevole, mentre tracciava distrattamente i caratteri tatuati sul petto di Lewis. Quando quella notte li aveva visti era rimasta stupita: non se l'aspettava. Tuttavia lo rendevano attraente, ancor più di quanto già lo fosse di suo. Sollevò lo sguardo quando Lewis aprì gli occhi, facendole mozzare il fiato in gola. Dovrebbero essere patrimonio nazionale pensò, perdendosi nel chiaro glaciale delle iridi che la stavano adesso fissando. Non c'era più alcun freno in quelle pupille, che si erano dilatate quasi subito di fronte al soggetto del loro interesse.

«Scherzi vero?» borbottò l'uomo, facendo cadere la fronte contro quella di Hanna. «Chris è una peste... sono sicuro che passeremo la giornata a cercarla dietro ogni cespuglio, invece che a lavorare.»

«Oh, credimi che lo immaginavo. Ha preso tutto da te», lo prese in giro, ottenendo come risposta uno sguardo offeso e un pizzicotto sul fianco spoglio.

«Ei!» squittì.

«Te la sei cercata», si giustificò Lewis, zittendola quindi col primo bacio innocente della giornata.

«Ti sei salvato per poco.»

***

Lontano da loro, nel cuore di Londra, Norah si svegliava da una notte quasi analoga a quella dell'amica. Lo sarebbe stata del tutto se il momento cruciale non fosse stato interrotto da un problema rivelatosi più reale di quello che avesse immaginato: la sera prima Mike era rimasto nell'appartamento con lei e, finalmente, le cose sembravano stessero per andare oltre quella fase di baci e carezze, che si era perpetuata anche troppo di fronte alla loro bruciante passione; poi, però, con le mani ad un passo dal togliersi i primi indumenti, era giunta una chiamata inappropriata. I due ne avevano parlato, ciononostante Norah non se l'era sentita di buttarsi... non senza avere la conferma che il tatuatore avesse chiuso con il proprio passato.
La situazione era rimasta bloccata nello stesso punto: bisognosi di starsi accanto, ma timorosi di approfondire. Perciò si erano limitati al solito, finendo addormentati sullo scomodo divano.

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