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–Scusa..se sono rimasto qui.– disse Jisung, spostando il suo sguardo verso le sue chiavi, poi guardando in giro per la stanza in cerca dei suoi jeans. –I miei..

Minho si alzò dal letto, afferrando i jeans dell'altro ragazzo, che aveva posato sul divano, e porgendoglieli, poi girandosi capendo che probabilmente sarebbe stato un po' strano se l'avesse guardato mentre si vestiva.

Jisung si guardò intorno, confuso sul da farsi. Non era mai stato in una situazione simile prima, quindi lo metteva un po' a disagio.

–Beh..ora..vado...suppongo.– disse, afferrando le sue chiavi, poi camminando verso la porta, notando le sue scarpe e mettendosele, il volto verso la porta. Pensò di girarsi per guardare l'altro ragazzo, ma la sua voce lo fermò prima.

–Stammi bene.– disse.

Stammi bene. Non "ci vediamo".

–Anche tu?– rispose, un tono leggermente incerto. Sospirò, afferrando la maniglia della porta ed aprendola, chiundendosela alle spalle pochi secondi dopo.

Silenzio. Non c'era nessuno sulle scale, nessuna voce che potesse sentire. Si affrettò a tornare nel suo appartamento, guardandosi intorno come se fosse la prima volta che vedeva quel posto, nonostante fosse stato casa sua per un bel po' di giorni ormai. Si tolse la maglia mentre ancora camminava, lanciandola sul pavimento e cercando dei vestiti puliti da mettersi. Pensò anche di farsi un'altra doccia, ma la sua pigrizia ebbe la meglio su di lui. Era perfettamente pulito, era solo che sentiva quasi ancora le mani di Minho sul suo corpo. Rabbrividì, cambiandosi il resto dei vestiti e guardandosi allo specchio del bagno stando a torso nudo, premendo i polpastrelli sui segni sul suo collo una volta ancora.

–Come li copro questi, ora?– disse, sospirando.

Sapeva che era colpa sua. Avrebbe preferito non essere una persona così impulsiva, ma a quel punto serviva a qualcosa incolparsi? Era già successo, era troppo tardi.


Il giorno dopo si ritrovò davanti a quello specchio di nuovo, più e più volte. Usciva dal bagno e ci tornava ogni cinque minuti, cercando di pensare a una soluzione a cui non era giunto il giorno precedente. Era anche uscito di casa per andare a cercare qualche posto dove comprare dei trucchi, pensando di poter tentare di nascondere i succhiotti in quel modo, ma si era pentito subito di averlo fatto quando una donna di mezza età lo aveva guardato di traverso.

–Dovrò fare così.– disse a sé stesso, sospirando. –Anche se fa caldo.

Prese una sciarpa non troppo pesante, avvolgendola intorno al suo collo. Fortunatamente, il giorno precedente e quello prima era piovuto, e lui sarebbe dovuto tornare a casa a piedi, quindi aveva totalmente senso che si fosse preso un raffreddore o un mal di gola. Uscì dal bagno, cercando una felpa e indossandola, tornando a guardarsi allo specchio subito dopo, alzando il cappuccio. In quel modo, non si vedeva assolutamente nulla. Era un po' strano, ma se fosse stato bravo abbastanza a recitare avrebbe potuto ingannare chiunque.

Speriamo non succeda nulla di male.

Controllò l'orologio sullo schermo del cellulare. Era ancora molto presto, probabilmente Minho era ancora nel suo appartamento. Si affrettò ad uscire dal suo, chiudendo la porta come suo solito e scendendo lentamente le scale giusto in caso dovesse tornare indietro per evitare una certa persona. La sua porta era ancora chiusa. Chiuse forte gli occhi, riaprendoli subito dopo.

Ora o mai più.

La sua lenta discesa si trasformò in veloce e burrascosa, al punto che era quasi certo che sarebbe inciampato prima o poi, ma fortunatamente non accadde e riuscì ad uscire dal palazzo sano e salvo. Decise di chiamare uno dei suoi amici per fargli compagnia mentre camminava verso l'università, anche perché non li aveva sentiti da un po'. Era stato occupato a pensare tutta la domenica. A cosa era successo, a cosa sarebbe successo. Si era isolato dal mondo come suo solito, senza nemmeno accorgersene.

–Yo.

–Jisung? Come mai mi chiami a quest'ora?– chiese Jeongin, dall'altra parte della chiamata.

–Non lo so, così. Come va la vita?– rispose un po' vago.

–Bene direi, se solo non avessi dovuto alzarmi presto e non dovessi andare in un posto in cui non voglio andare invece che starmene nel letto.– disse Jeongin.–Comunque sei vivo? Come sei tornato a casa sabato?

–Oh, sì.– disse, tossendo un paio di volte per finta. –Ho corso sotto la pioggia e mi sono preso un raffreddore.– rispose, sentendo il calore soffocante della felpa e della sciarpa far pesare ancor di più le sue bugie.

–Oh, mi dispiace. Se vuoi ho delle caramelle al miele, posso dartene qualcuna.

Jisung sorrise, sentendosi quasi come se stesse approfittando del suo amico ma scacciando quella insolita sensazione. –Te ne sarei grato!

–Pomeriggio oggi?– gli chiese poi, riferendosi alle lezioni.

–Nah, solo mattina. Non ho per niente voglia di andare in giro in queste condizioni, quindi ne sono un sacco felice.

–Non sarebbe stato meglio se fossi rimasto a casa?

Rimanere a casa? Nah. Quei segni sarebbero stati almeno una settimana ad andarsene. E non erano un paio. Ne aveva contati almeno 5 solo sul suo collo, alcuni più evidenti, altri che si nascondevano con il tono della sua pelle.

–Non è nulla di troppo grave, non ti preoccupare.

–Se lo dici tu. Di solito sei il tipo che sceglie di non lavorare e piuttosto dormire se può. Come mai vuoi venire così tanto all'università? Ti è successo qualcosa da quando sei uscito dal liceo?

Era vero. Jisung era quello che tutti avrebbero chiamato un "genio naturale". Non si sforzava quasi mai, riusciva a raggiungere ottimi risultati con il minimo degli sforzi. Questo non voleva dire che non ce la mettesse mai tutta in quello che faceva, non sempre. A volte serviva quello sforzo extra, ma non era il tipo da sudare per nulla.

–Se saltassi oggi, finirei per saltare tutti gli altri giorni della settimana. E poi dovrei riprendere tutto quello che abbiamo fatto da solo. Non ho voglia.

–Mhm, okay. Io sono quasi arrivato, ci vediamo dopo.– disse Jeongin, salutandolo prima di chiudere la chiamata.

Jisung si guardò intorno. Tanti ragazzi che sembravano più o meno della sua età camminavano nella sua stessa direzione. Tutto era piuttosto tranquillo, ma era meglio che fosse così. Non voleva che da un momento all'altro uscissero i quattro ragazzi più amati dell'università e che 50 persone si mettessero a correre travolgendolo nel processo. Quando ormai aveva oltrepassato la porta d'ingresso, sentì delle voci urlare e capì che ancora una volta era riuscito a sfuggire a una situazione quasi pericolosa.

Era impossibile non pensare a lui, in quel momento. Voleva sapere se stesse bene. Quella volta in cui ci aveva parlato, qualche giorno prima, quando aveva passato un pomeriggio in sua compagnia, sapeva che gli aveva mentito su quel ragazzo. Come poteva essere soltanto una "persona con cui si era divertito un po'" se gli aveva urlato contro quelle parole, quella sera in cui stava tornando a casa?

In ogni modo..non so se ci parleremo mai più, a questo punto..

Una figura gli passò davanti, fermandosi a poco più di due metri da lui. Jisung spostò lo sguardo dal pavimento, risvegliandosi dai suoi pensieri. Alla sua destra c'era una persona con un cappuccio tirato su, un paio di occhiali da sole e una mascherina. Abbassò quest'ultima, togliendosi gli occhiali subito dopo, esaminando il corridoio in cui si trovavano con lo sguardo, come se fosse terrorizzato che qualcuno potesse riconoscerlo.

Era Hyunjin. Uno degli amici di Minho.

–Tu.– disse, puntandogli un indice contro.

–Io..?

–Ti chiami Jisung, vero?– disse, l'espressione seria.

Annuì silenziosamente, sentendosi quasi minacciato.

Come fa a sapere il mio nome? Minho gli ha parlato di me?

–Non fare casini. Stai attento a quello che fai.– disse soltanto, prima di ricoprirsi il viso e camminare via da lui.

3 am | minsungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora