2. Brutti ricordi

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Pᴀɪɢᴇ

Quattro mesi prima

È sera, la scuola è quasi terminata e una lieve brezza passa dalla finestra.
In questo momento ho terminato, per l'ennesima volta, Mansfield Park della Austen. Chiudo il libro e mi godo il frinire delle cicale che proviene dall'esterno. Amo la tranquillità, la pace che regna nel silenzio, e credo che questo sia dovuto al fatto che la solitudine è stata la mia compagna più fedele.

È ancora presto per andare a letto, per cui esco dalla mia stanza e busso a quella di fianco. «Nonna?»

Apro appena uno spiraglio e vedo nonna in piedi, ferma dinanzi alla portafinestra che dà accesso al balcone. I capelli bianchi, come al solito, sono legati da una matita – quella che all'occasione sfrutta per compilare i suoi amati cruciverba – in uno chignon basso. 

Si volta verso di me e sorride, evidenziando le piccole rughe che contornano la bocca sottile. «Amore», mi saluta.
Entrambe ci trasciniamo sul letto, la tv proietta il programma preferito di nonna, quello dei quiz a premi.
«Come mai sei qui?», domanda.

«Ho appena finito il libro e volevo stare un po' con te, dato che a cena non sei scesa»

«Ti vedo un po' giù. Che hai?»

Nonna ci vede sempre lungo. Mi butto con la schiena indietro, stendendomi sul materasso.

«Si tratta di Chloe, non la riesco più a sopportare. Ormai mi ha dimenticata...», le confesso. «Non che ci voglia molto a scordarsi di me...»

«Non dire così. Ma... se ti manca tanto, perché non le parli?», mi consiglia prima di tossire un po'.

«Io non le ho fatto nulla, forse si vergogna solo a farsi vedere con me. Voglio dire, sono io l'apatica, noiosa e viziata, giusto?»

«Non è assolutamente vero. Sei una ragazza in gamba, intelligente, simpatica e dolce. E fidati che chi non ha capito questo, allora non ti merita», continua tra un colpo di tosse e un altro.

Stranita da questa tosse accanita, rivolgo lo sguardo a lei, che si mette in piedi e prende a camminare con una mano sulla gola.

Torno in allerta. «Nonna cos'hai?», le chiedo preoccupata.

Si appiglia alla finestra e inizia a respirare velocemente, il suo petto va su e giù come se da qui a poco dovesse cacciare un polmone. «Nonna!»

All'improvviso sviene con un tonfo sordo sul pavimento e, con il battito accelerato, corro da lei. La chiamo ripetutamente, cercando di tenere a bada le lacrime che minacciano di uscire, ma non mi risponde. Mi precipito alla porta, corro verso le scale e grido, in preda al panico e alla paura, in cerca di aiuto. «Mamma! Papà! Avril! La nonna è svenuta!»

Non riesco a varcare di nuovo la soglia di quella stanza.

«Cos'è successo?». Mio padre è il primo ad arrivare. Mi supera e si avvicina alla nonna.

«Non lo so, stavamo parlando e poi... e poi si è messa a respirare velocemente e... e... ed è svenuta!»

Mamma, Avril e Cassie sono subito alle mie spalle.

«Avril, chiama i medici. Paige, tesoro, va' in camera tua», ordina mamma, baciandomi la testa.

«Ma sta bene? Mamma ho paura!», piango fra le sue braccia.

Mi passa una mano tra i capelli. «Cassie, per piacere, portala via di qui»

Mia sorella mi prende per mano e mi porta in camera sua, dove mi fa sedere sul bordo del materasso e mi attira a sé. «Shh, non fare così, ti prego», m'implora con la voce spezzata.

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora