17. Vecchie cotte

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Pᴀɪɢᴇ

Amo l'autunno. È una stagione così sottovalutata, eppure è la migliore a parer mio. E se c'è una cosa che preferisco ancor di più, quella è fare lunghe passeggiate per il parco, proprio come adesso.

Sono le sei del pomeriggio e ho accompagnato Avril al supermercato. Dopo la mattinata infernale che ho passato avevo la necessità di acquistare un buon caffè macchiato e venire qui per schiarirmi le idee.

Il sole è tiepido, i suoi raggi trapassano le creste mezze spoglie degli alberi e mi bacia il viso. C'è silenzio, tanto. Forse sarà perché ci sono abituata, ma lo trovo più melodioso di un qualsiasi altro suono. Le foglie verdi sfumano in quelle gialle e arancioni e spiccano contro il cielo celeste.

Celeste, mi ripeto. 

Il colore degli occhi di Noah. E anche di Benjamin e Isabelle, ovviamente. Anche se non è la stessa sfumatura. No, è come il mare più cristallino e limpido che esista.

«Es un amor, ¿no crees, niña?», mi chiede Avril mentre si guarda intorno, serena. "Si sta un amore, non credi, piccola?" ha detto. «Ricordi quando ti ci portavo, anni fa, e scorrazzavi in giro per andare dietro agli scoiattoli?», ridacchia.

Annuisco e, automaticamente, alzo l'angolo delle labbra. «Non potrei mai scordarlo»

Spesso si univa a noi anche la nonna. Quei pomeriggi stendevamo un telo sul prato e ci godevamo la giornata, tra una fetta di crostata e una figura disegnata sul mio album.

«Oh, e c'era quello scoiattolo! Come si chiamava?», s'interroga, schioccando le dita.

Mi esce una mezza risata. «Signor Pistacchio», le rispondo. Gli avevo affibbiato l'appellativo dopo che si era fregato una manciata di pistacchi che mi erano caduti dalla bustina. Dopodiché l'ho rincorso e l'ho osservato arrampicarsi sull'albero fino al suo nido. Era una giornata d'inverno quella e pensai subito che quel poverino – nonostante fosse un ladro – avrebbe potuto avere freddo.
«Gli ho perfino costruito una casetta»

La risata di Avril è genuina e trasmette allegria. Infila il suo braccio sotto al mio. «Eras una niña muy dulce.»

Sorrido appena un poco. "Eri una bambina molto dolce". Be', chissà perché questo lo vedeva soltanto lei e perché gli altri ragazzini, quando andavo alle elementari, mi respingevano nel momento in cui volevo unirmi a loro per la merenda.

Nel mio campo visivo rientra una persona – anzi, due – e mi arresto sul colpo.

Avril, logicamente, se ne accorge. «¿Qué pasa?»

Con un cenno della testa le indico una panchina nei pressi della fontana, distante una ventina di metri da noi più o meno. La chioma rosa di Isabelle sarebbe visibile anche dalla luna, ma vederla insieme a Ryan è così assurdo che dubito perfino dei miei stessi occhi.

Mi pare che lui stia dicendo qualcosa e Isy è completamente assolta ad ascoltarlo. Fino allo scorso weekend non faceva altro che ripetere quanto fosse affabile e idiota, adesso invece... ci esce insieme? E perché non mi ha detto nulla?

Sento una specie di dispiacere che si abbatte su di me e che mi porta a domandarmi se io abbia sbagliato qualcosa. O, forse, non si fida di me al cento per cento.

No, sicuramente te ne parlerà prima o poi, dico tra me e me. Provo a zittire le mie paranoie, ma ecco che il mio cervello partorisce un'idea che non riesco a scartare.

Conduco Avril dietro a un tronco abbastanza grande da coprirci e nella giusta posizione per osservare i due ragazzi sulla panchina. Afferro il cellulare dalla mia Hermès. Noto un messaggio da parte di Chloe.

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora