19. First Match

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Pᴀɪɢᴇ

Una volta a casa ho scritto una sfilza di messaggi.
"Scusami".
"Non sapevo come dirtelo".
"Parlami, per favore".
"Non volevo ferirti".
"Pensavo fosse la miglior soluzione".

Li ha letti, ma non ha mandato alcuna risposta. E sono consapevole che anche Noah e Ben ce l'hanno con me, perché ovviamente sono dalla parte di Isy.

Raggiungo l'aula di scienze, il professore ancora non è ancora presente.

Avevo intenzione di sedermi in fondo, come sempre del resto, ma mi blocco sul posto non appena noto Isabelle, affiancata dal fratello. Ha la faccia di chi non vuole parlarmi e infatti cambia traiettoria e guarda altrove.

Dalle tempo, mi dico.

Ben, almeno, solleva rapidamente le sopracciglia in un saluto muto. Poi, come se non bastasse, vedo che vicino a Noah siede Evie. Lui fa esattamente come sua cugina, ignorandomi, invece la mora sembra vittoriosa e mi rifila un occhiolino. Stringo forte i manici della mia borsa e, non avendo molta scelta, mi sistemo al primo banco.

Si ritorna alle vecchie abitudini, rifletto.

Se la mattina parte così, non oso immaginare come proseguirà il resto della giornata.

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Odio questa giornata.
Come se non bastasse ho anche dimenticato di passare in cucina a prendere il pranzo. Così ora, per la prima volta, mi ritrovo in coda con il vassoio della mensa.

Da fuori il cibo non sembra così maligno, ma nulla è paragonabile ai piatti della mia governante. Scelgo un banale piatto di lasagna e una bottiglietta d'acqua. Una volta alla cassa, mentre scavo nella borsa alla ricerca del portafogli, qualcuno mi scavalca e paga il suo pranzo.

Resto di stucco quando analizzo la figura familiare del ragazzo davanti a me. Quando si volta, il suo sguardo duro incontra il mio, altrettanto severo.

«C'ero prima io», gli faccio presente.

Noah scrolla le spalle. «Non vedo dove sia il problema. A te è consentito fare ciò che vuoi con gli altri, perché io dovrei pormi il problema?». Mi sorpassa come se io non fossi nessuno, lasciandomi qui impalata come una stupida.

Non gli permetto di dire questo di me. Poso il vassoio e abbandono la fila per seguirlo. Mi ha fatto passare l'appetito.

Digrigno i denti. Gli rubo il vassoio solo per gettarlo sul primo tavolo che mi capita vicino, poi lo afferro per un braccio e lo trascino via di lì, lontana da eventuali spettatori.

Arrabbiata, e anche un po' delusa dal suo comportamento, lo spingo con la schiena al muro.

«Che vuoi?», mi domanda.

Gli punto il dito contro. «No, cosa vuoi tu!?», lo correggo. «Sei tu quello che ha un problema con me e, francamente, non ne capisco il motivo»

Le sue sopracciglia compiono un guizzo verso l'attaccatura dei capelli. «Sul serio? È per ciò che hai fatto a Isy».

«E cosa diamine centri tu? È tra me e lei la lite, non tra noi due!»

Scuote la testa e gli esce una mezza risata dalle labbra sottili. «Be', non sono stato d'accordo per nulla con quello che hai fatto. Sei stata una codarda», mi rinfaccia.

Dischiudo le labbra e boccheggio in cerca di qualcosa con cui ribattere, il punto è che non posso. Ha ragione, sono stata una codarda.

Le posizioni s'invertono, e d'un tratto sono io quella che si ritrova con le spalle contro gli armadietti, premuta contro il suo corpo.

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora