28. Fiocchi di Neve

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Nᴏᴀʜ

Lo squillo del mio cellulare mi strappa bruscamente dal sonno. Impreco a bassa voce e allungo il braccio per silenziarlo. Mi giro di nuovo, scivolando in posizione fetale e avvolgendo Paige tra le braccia. Siamo andati a dormire con ancora i vestiti del ballo addosso Siamo ancora nei vestiti del ballo, ma la scomodità è l'ultima cosa a cui penso. Il suo corpo caldo contro il mio, il profumo dolce della sua pelle che si mescola con quello delle lenzuola fresche di bucato. Calde e pulite.

Paige si muove appena, emettendo un piccolo suono nel sonno, e io sorrido tra me e me. Se questo è il paradiso, lasciatemi qui.

Chiudo gli occhi di nuovo, sperando di scivolare in un'altra mezz'ora di pace, ma il cellulare squilla una seconda volta, insistente. Stavolta, il fastidio monta. Ma che cazzo!

Mi muovo piano per non svegliare Paige e rispondo al telefono, cercando di non lasciar trapelare troppo la rabbia. «Che c'è?»

«Buona Vigilia anche a te, idiota», replica Ben, piatto. «Comunque volevo solo sapere dove fossi. L'aereo di mamma atterrerà fra un'ora e dobbiamo andare a prenderla all'aeroporto», mi ricorda.

Porto una mano tra i capelli e mi massaggio il ponte del naso, cercando di scuotermi dal sonno. «Okay, okay. Sarò lì il prima possibile», gli comunico, sbadigliando.

Dall'altra parte sento la sua risata sorniona. «Distrutto dalla tua nottata d'amore, tesoro?». Se c'è una cosa in cui Ben è bravo, è nel non perdere occasione per punzecchiare.

Scuoto la testa, divertito. «Non lo abbiamo fatto, Ben», gli rivelo, cercando di mantenere un tono leggero, anche se mi sfugge un sospiro.

«Non so come fai tu, ma se fossi etero mi sarei inginocchiato davanti a lei già molto tempo fa», mi confessa senza filtri, lasciandomi spiazzato.

Non farò questo discorso mentre la mia ragazza è a dieci centimetri da me, ancora immersa nel mondo dei sogni.

«Menomale che non lo sei allora, altrimenti ti avrei ammazzato. Ci vediamo tra poco». Chiudo la chiamata e Paige si volta verso di me e mi avvolge il busto con un braccio. «Che ore sono?» domanda, con ancora gli occhi chiusi e la voce bassa.

«Buongiorno, bella addormentata. Sono le dieci», le rispondo. «Devo andare a prendere mia zia in aeroporto con la mia famiglia. Purtroppo il dovere chiama.»

A quel punto lei alza la testa, premendo il mento contro il mio torace. «Non sei tu il mio regalo di Natale, quindi?»

Scuoto la testa e storco le labbra in una finta smorfia dispiaciuta. «Eh, no. Ma arriverà presto, non preoccuparti»

«Oh, a proposito!». Come se le si fosse accesa una lampadina, si tira su come una molla e si china verso il comodino. Recupera uno scatolo di medie dimensioni, a tema natalizio, legato in cima con un nastrino bianco.

Ho un sorriso che va da parte a parte, lo stesso di quando ero piccolo e, scartando la carta, scoprii di aver ricevuto la pista per le macchinine telecomandate che tanto desideravo.

«Che cos'è?», domando con un tono retorico mentre inizio a sciogliere il fiocco, la curiosità mescolata a un pizzico di eccitazione. Sollevo con attenzione il coperchio e dentro trovo della paglietta bianca, soffice e perfettamente disposta, che accoglie tre scatole incartate e una lettera. E poi ci sono anche delle lucine, che mi stupiscono ancora di più. «Quante cose hai preso?», chiedo, divertito, scuotendo la testa.

Lei mi osserva con un sorriso complice, gli occhi che brillano di una soddisfazione. «Dai, non perdere tempo!», mi riprende, più eccitata di me.

La prima cosa che voglio aprire è la lettera, ma Paige mi blocca subito. «No, ti prego, non davanti a me», m'implora. «Leggila quando sarai a casa. Da solo», sottolinea, imbarazzata. Che la mia algida Regina delle Nevi abbia scritto qualcosa di così romantico e sdolcinato da sentirsi in imbarazzo?

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