1. Benvenuto all'inferno

1.3K 108 214
                                    

Pᴀɪɢᴇ

Tutte le cose belle finiscono prima o poi, no?
E così è arrivata anche la fine dell'estate.

«Atterraggio completato. Siamo a Los Angeles, California. Si prega di alzarsi e scendere dall'aereo in maniera ordinata. Vi ringraziamo per aver viaggiato con noi», annuncia l'hostess di volo dall'altoparlante.

Il volo da Parigi a Los Angeles è finalmente giunto al termine. Tiro un sospiro e fisso per un momento fuori dal finestrino, realizzando di essere di nuovo qui. Una strana sensazione mi divora da dentro, ma non so bene cosa sia. Cercando di apparire il più calma possibile, recupero gli occhiali da sole dalla borsa e li indosso, poi seguo la carovana di persone che si appresta a uscire.

«Casa dolce casa», borbotto tra me e me una volta a terra.

Los Angeles... una magica fiera della vanità. Si dice che in questa città tutto può cambiare all'improvviso.

Dopo aver passato i controlli e recuperato le valige di Louis Vuitton, mi reco fuori dall'aeroporto e pochi minuti dopo una limousine nera si ferma davanti a me. La porta del posto guida si apre e ne esce Martin, l'autista di famiglia, vestito di tutto punto e con qualche capello brizzolato che sbuca da sotto al cappello.

«Signorina White, è un vero piacere rivederla», mi sorride. Apre la portiera posteriore e si occupa di sistemare i bagagli.

«Grazie Martin, è bello anche per me», replico mentre entro in auto.

«Com'è andato il volo?», domanda prima di mettere in moto.

«E' stato stancante»

«Immagino. Beh, a casa la aspetta Avril, che le ha preparato un pranzo con i fiocchi»

Accenno un piccolo sorriso. Ci sono delle piccole cose che mi sono mancate, ma ce ne sono altrettante che preferirei non ricordare proprio, e sono memorie racchiuse proprio fra quelle quattro pareti.

La mezz'ora che segue sembra infinita, ma quando l'auto svolta l'angolo eccolo lì che compare l'imponente cancello di ferro battuto. Si spalanca lentamente ed entriamo nella proprietà di famiglia, dove noto i giardinieri che si stanno occupando della piante.

Quando l'auto accosta io scendo, così Martin può andare a parcheggiare la limousine in garage e scaricare le valige.

Bexley Hall, chiamata così in onore del mio bisnonno, è la residenza di famiglia da ben quattro generazioni e di fatto presenta ancora uno stile classico. Salgo le scale e raggiungo il portico con in mano un mazzo di chiavi.

È ora di tornare alla tua vita, mi dico.

Inserisco la chiave corrispondente nella toppa e rimetto piede in casa dopo ormai tre mesi. L'ingresso, così come il resto della villa, presenta pavimenti di marmo bianco, infissi e mobili in legno e maestosi lampadari risalenti quasi a novant'anni fa.

Alla mia sinistra c'è la scala che porta al piano superiore e che usa Martin per portare su le mie valige, invece io mi addentro nel salotto. Grandi vetrate danno l'accesso al giardino e un luogo tavolo da pranzo da dieci posti occupa la zona occidentale, mentre il divano, le poltrone e la tv prendono la parte orientale.
E poi c'è lui, lì nell'angolo. Il mio pianoforte.

Amo la musica da quando nonna mi portava con sé a teatro e ho studiato in conservatorio per un bel po' di tempo il repertorio classico, da Vivaldi a Bach, da Mozart a Beethoven, fino a Schumann.

Mi avvicino allo strumento e passo velocemente un dito su tutti i tasti, inondando la quiete della stanza con il dolce e flebile suono delle sue note.

Avverto il suono di alcuni passi e nel voltarmi osservo qualcuno comparire dall'arcata che collega il salotto alla cucina.
«Paige!»

Regina delle NeviDove le storie prendono vita. Scoprilo ora