XXXI - 𝙲𝚕𝚘𝚎

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Michael aveva deciso di mettere tutto sé stesso nell'organizzazione della festa senza lasciarsi aiutare da nessuno, doveva necessariamente gestire qualsiasi dettaglio da solo. Aveva passato fuori tutta la mattina e da quando era rincasato il telefono non smetteva di squillare e lui correva su e giù senza tregua; a malapena mi lasciava mettere il naso nelle mille scartoffie accumulate, neanche ci fosse qualcosa da nascondere. Al contrario, sarebbe stato l'evento più maestoso che avesse mai pianificato.

«È davvero necessario che io mi occupi di questo?» si era fermato per parlarmi, colsi l'occasione per fargli qualche domanda e conoscere qualche dettaglio in più, mi aveva dato il compito di scrivere ogni invito a mano.

«Perché no?! Hai una calligrafia meravigliosa!»

«Non possiamo, non so... farli al computer?»

«Ma sarebbero così impersonali, io voglio che tutto sia speciale!»

«Perché? È solo una festa di Capodanno.»

«No, è il primo Capodanno qui a Neverland con te!»

«Non è così importante, io sono qui ogni giorno.»

«Lo eri, prima di New York.»

«Te l'ho già detto, è solo temporaneo, dopo aver pubblicato l'album sarò di nuovo qui.»

«Non sarà così semplice e credimi, non finirà tutto quando uscirà l'album, so come funziona. Voglio solo che sia una serata memorabile, tutto qui.» pronunciò queste parole col suo solito tono malinconico. Se organizzare la festa di Capodanno era la soluzione per farlo sentire meno abbattuto, allora avrei fatto di tutto per non mettergli i bastoni fra le ruote, senza più lamentele.

«Okay... allora ho bisogno di un vestito speciale.»

«Uuuh! Mi piace l'idea!» si posizionò in piedi dietro di me, per osservare il mio lavoro, appoggiandomi una mano sulla spalla.

«Devo darmi una mossa, mancano solo tre giorni!»

Iniziai a fantasticare sui tipi di vestiti che più mi donavano; se davvero questa festa doveva essere speciale e memorabile, il mio vestito doveva esserlo altrettanto e anche di più.

«E sei sicuro che tutte queste persone verranno? Con così poco preavviso?»

«Pensi che qualcuno voglia perdersi un evento organizzato da Michael Jackson?» raramente si vantava della sua notorietà e della sua influenza sulle persone, ma era così: nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di rifiutare.


«Che ne dici di quello lì?» Sarah indicò il vestito più appariscente della boutique.

«Scordatelo, Sarah! Mia figlia non indosserà quel vestito.» entrambe scoppiammo in una risata fragorosa, mia madre era fin troppo pudica per apprezzare i gusti di Sarah.

Facevamo avanti e indietro dai camerini, provando un abito dopo l'altro mentre mia madre esaminava ognuno di essi, analizzandone pregi e difetti.

«Sarah, devi assolutamente provare quello bordeaux che abbiamo visto sul manichino all'entrata, vado a prenderlo!»

«Katherine non preo-» non fece in tempo a finire la frase, era già scappata.

«Non so cosa le sia preso Sa, davvero.» commentai a bassa voce, facendo roteare l'indice vicino alla tempia.

«Come va la situazione con Jermaine ora che non siete più ad Encino?»

«Una meraviglia, non hai idea! Abbiamo risolto i problemi di comunicazione e ora almeno una volta a settimana lasciamo Jordan alla Signora Jackson e oh mio... Dio.» girò gli occhi al cielo, mordendosi il pugno. «Neanche prima di Jordan lo facevamo così, ci stiamo scatenando!!»

•Falling In Love Wasn't My Plan•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora