**IN CORSO**
Cloe Isabella Willick è alla soglia dei suoi 21 anni quando lei e la sua migliore amica partono da Roma per tornare nella loro città natale, Los Angeles.
Cloe scrive da quando era bambina e sogna di diventare cantante. Negli anni succes...
Rimasi lì in piedi qualche istante, scioccata. Non credevo alle mie orecchie: i pettegolezzi sparsi da tutti erano veri. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Non pensavo che avrei potuto sentirmi così infastidita, e nello stesso tempo così dispiaciuta di aver perso l'affetto di qualcuno che non avevo mai realmente avuto tutto per me. La sensazione più inspiegabile della mia vita.
Il tour americano si concluse in fretta, percorremmo tutti gli Stati Uniti: dagli stati più freddi a quelli con le temperature più miti. La vita del tour mi stremava, non poter dormire normalmente e provare di continuo mi toglieva ogni energia rimasta; ma ogni giorno era sempre più gratificante, il pensiero di rendere delle persone felici per qualche ora, ristorava tutte le energie perse. Il rapporto tra me e Michael dal giorno della telefonata non fu più lo stesso, presi le distanze; e lui non pareva accettarlo, cercava di starmi più vicino del solito, avendo come risposta solo la mia freddezza.
«Ma voi la sopportate quando ci chiama con quei nomignoli stupidi?»
Mi sentii quasi rassicurata dalle risate esagerate degli altri, tutti raccolti in uno dei nostri camerini, stravaccati sui divanetti durante la pausa dalle prove. Io ero l'unica in piedi, cercavo di intrattenere gli altri e di sfogare la mia rabbia perenne.
«Ma cosa fai, Cloe? Non è così che devi muovere la spazzola, girala così, altrimenti si rovinano i boooccoli!» cercai di fare una vera e propria performance della sua voce. Nessuno rise questa volta, qualcuno gesticolava e qualcun'altro si alzò uscendo dalla stanza. Allora mi resi conto; mi girai lentamente, Karen era dietro di me con le braccia conserte aspettando una mia spiegazione. L'aria si fece pesante.
«Si può sapere che problemi hai con me?!» mi attaccò.
«In realtà n-non h-ho-»
«Voglio la verità! Ti comporti da bambina da settimane.»
Non avevo più scuse, dovevo confessare.
«Sediamoci.»
«Devo preoccuparmi?» la sua espressione cambiò.
«No... cioè sì, non lo so!» finii di raccontare e mi fissò per qualche secondo per poi scoppiare a ridere ripetendo quello che avevo appena detto.
«Io? Innamorata di Michael? Lui che mi ricambia?» continuando a sghignazzare.
«Tu davvero pensi che io e Michael siamo una coppia?» disse quasi con le lacrime.
«Beh... sì, lo pensano tutti.»
«Anche io devo confessarti una cosa...» mi tenne sulle spine per un po'. «Mi sono appena sposata, Michael mi ha aiutata con i preparativi, dillo anche agli altri se vuoi.»
Mi sentii tremendamente stupida.
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Michael.
Eravamo a Roma già da qualche giorno, piano piano stavo cercando di riconquistarmi la fiducia di Cloe e grazie a Karen ora sapevo esattamente come fare.
«Sono giorni, anzi settimane che continua a ripetere quanto è felice di essere qui, penso sia la sorpresa perfetta.»
«Lo so, Michael, ma potrebbe aspettarselo proprio per questo.»
«Ho la soluzione, non preoccuparti.»
«Poi devi anche parlare con la sua amica, Sarah, deve darti quelle informazioni.»
«Quali informazioni?» si intromise Cloe saltellando, per fortuna udì solo la fine della nostra conversazione.
«Stiamo facendo una sorpresa per il compleanno di Janet, visto che viene a trovarci e non siamo riusciti a festeggiarlo in tempo ci servono delle informazioni. A proposito, conosci qualche sua amica?» rispose prontamente Karen.
«Beh ci sarebbe Paula, Paula Abdul, sono molto unite, oppure anche Sarah, da quando sono qui con voi so che si vedono spesso.»
«Grazie, vado subito a sentirle!» corsi a chiamare Sarah.
«Hey, Michael! Quando andremo a fare un giro?»
«Me lo chiedi da tanto e... non so proprio come dirtelo, non penso che avremo il tempo di fare un giro.» vidi i suoi occhi spegnersi.
«Perché?» mi chiese guardando in basso.
«Ho un sacco di impegni ed eventi. Poi le prove, sai gli operai sono indietro con la costruzione del palco, e di conseguenza noi inizieremo in ritardo. Sai come sono fatto, non posso permettere che non sia tutto perfetto.»
«Hai ragione.»
Vederla così abbattuta mi spezzò il cuore, non riuscii a guardarla negl'occhi per il resto della giornata, ma sapevo che sarebbe stata ancora più felice dopo aver incontrato la sua famiglia, mancava così poco ormai.
La mattina seguente andai personalmente a svegliare Cloe, le chiesi di prepararsi in fretta perché avevamo delle questioni da risolvere; cercai di essere più serio possibile, ma non vedevo davvero l'ora di cogliere la gioia del suo volto. Salimmo in macchina, le raccontai qualche stupidaggine, poi mi inventai qualcosa per convincerla a mettere una benda sugl'occhi.