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Per tante volte nella vita ho sempre creduto di saper gestire le mie circostanze, ho sempre creduto di commettere errori e di sapere alla perfezione come rimediare ogni volta. Ho sempre creduto che per ogni cazzata esistesse un rimedio immediato. Non avrei mai creduto che esistesse il tipo di persona che mi rinfacciasse tutti gli errori in una sola volta, eppure questa mattina ho dovuto ricredermi. Luke in una sola frase, in una sola domanda è riuscito a distruggere la mia forza, il mio coraggio e le mie certezze.

"Maledizione, rispondimi! Mi stai lasciando?" Il suo tono di voce continua ad alzarsi, portando tutta me stessa ad un elevato stato di ansia.

"No." Sbotto. "Non ti sto lasciando. Cosa ti viene in mente?" Luke mi viene incontro, abbracciandomi.

"Per fortuna." Dice, decisamente più tranquillo. "Non riuscirei a sopportare nulla se tu mi lasciassi." Mi bacia lentamente, quasi troppo lentamente, come se volesse assaporarmi.

Dannazione, queste non sono affatto le labbra di Ashton e le farfalle nello stomaco sono morte tempo fa.

"Ti amo, Maddie. Davvero tanto." Mormora, per poi baciarlo di nuovo. Mi lascio trasportare involontariamente da quel bacio, anche se non provo alcuna emozione. La felicità di Luke ha sempre seguito la strana tendenza di sovrastare la mia felicità.

"Anche io ti amo, Luke." Mento, anche se vorrei urlare al mondo intero cosa sento dentro.

In fondo è così, no? Ognuno di noi sente le cose sbagliate dentro di se, vorrebbe urlarle al mondo intero ma è impaurito dal giudizio della gente. Penso che sia una cosa comune. Mi immagino solo cosa nasconda Ashton dentro di se. Penso che anche lui abbia qualcosa di oscuro e tenebroso dentro di se che se solo dicesse a qualcuno di molto pettegolo potrebbe sconvolgere l'intera popolazione di Miami, o forse di tutta la Florida.

Poco tempo dopo, Luke mi accompagna al parco centrale di Miami, lo stesso in cui sono stata quasi un mese fa con lui, Michael e Calum. Mi fa sedere sulle sue gambe mentre comincia ad accarezzarmi i capelli.

"Non avrei mai voluto che ci fosse stata quella lite tra di noi." Mormora inspirando a pieni polmoni il mio profumo. "Però.. È anche vero che se non litigassimo qualche volta non mi renderei conto di quanto ti amo."

"Già." Mi limito a dire osservando il verde intorno a noi. Gli uccellini cinguettano, coppie con cagnolini o bambini passeggiano commentando le condizioni meteorologiche della giornata oppure parlano di cosa è stato fatto al lavoro dall'uno o dall'altro. Eppure a me sembra una classica giornata di pioggia, anche se c'è il sole. Nessuno parla e nessuno discute. Ci si limita solamente a starsene zitti e a guardare le gocce che cadono.

So perfettamente che dovrei cercare di trovare il tutto nel modo più positivo possibile, ma riesco solo a trovare una montagna di negatività. Morirei dalla voglia di rivedere Ashton se non comportasse gravi sforzi mentali e enormi paranoie sul mio futuro. Dovrei mollare tutto e dimenticarmi di lui, ma non ci riesco. Dovrei stare con Luke, raccontargli tutto e domandare una possibilità in più, per ricominciare tutto da capo. Sposarmi con Luke e avere dei figli con lui. Ma non ci riesco. Non riuscirei nemmeno se lo volessi con tutta me stessa. Anche se la cosa fosse facile e non ci fossero ostacoli, non ci riuscirei.

- - -

"Vado al lavoro, amore. Ci vediamo domattina alle sei." Dice Luke, dandomi un soffice bacio sulle labbra. Sono le nove di sera, e Luke sta partendo ora per andare a lavorare, fa il turno di notte. Secondo lui lavorare di notte stimola il cervello, io non ce la farei mai a lavorare di notte. Io la notte dormo, non lavoro di certo.

"Luke." Lo richiamo indietro.

"Che c'è amore?" Dice voltandosi.

"Tieni questo, sta piovendo parecchio forte." Dico porgendogli un ombrello. Luke, con lo sguardo deluso annuisce prendendo l'ombrellone e uscendo di casa, chiudendo la porta.

La brama di Ashton sta scorrendo ancora violentemente dentro di me, provocandomi il più possibile. Mi siedo sul divano cominciando a saltare da un canale all'altro, sperando che facciano qualcosa di decente su qualche canale americano, ma nulla. Nulla di nulla.

Improvvisamente sento suonare il campanello. Il suono classico e rustico del mio campanello si fa così intenso nella mia mente che non esito nemmeno un attimo ad andare a rispondere, come se stessi attendendo l'ospite più importante del secolo.

Apro la porta. Un paio di anfibi neri con la parte anteriore gremita di goccioline che rendono ancora più lucida la pelle con cui sono state fatte le scarpe. Un paio di jeans neri e stretti con qualche piega intorno alle caviglie. Una camicia di tela che mi ricorda tanto quelle dei boscaioli. Sopra alla camicia, un giubbino di pelle simile a quelli dei motociclisti. Un paio di occhi verdi mi osservano, scrutando completamente il mio corpo, coperto solo dall'esile pigiama a cuoricini. I capelli ricci gli cadono fradici sul viso.

"Ashton, santo cielo, che ci fai qui?" Domando sbalordita.

"Maddie, cristo, non ce la faccio più." Dice quasi sull'orlo della disperazione.

"Vieni, entra. Sei fradicio, non ti lascio fuori con questo tempo." Dico spostandomi lasciandogli l'ingresso libero.

Lo accompagno fino al divano, dove lo invito a sedersi. Non appena con una coperta gli copro le spalle, lui le scrolla fino a liberarsi completamente della coperta

"Insomma, vuoi prenderti un accidente?" Lo ammonisco.

"Non voglio essere compatito da te, Madeleine." Sbotta.

"E allora perché sei qui?" Domando, alzando sempre di più la voce.

"Perché.. Merda, non riesco a dirtelo." Dice infilandosi una mano fra i capelli.

"Dirmi cosa?"

"Dirti che ti amo, cristo."

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