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Bailey’s pov

Crearmi delle abitudini è l’ultima cosa che mi aspettavo da questa mia nuova vita.

Prima di incontrare Ethan, tutte le mie giornate erano uguali a quelle precedenti ma in maniera statica: ogni giorno mi svegliavo e trascorrevo la giornata alla ricerca di qualcuno che mi vedesse, poi quando arrivava la sera, cercavo il primo posto libero in cui passare la notte per poi cercare in qualche modo di addormentarmi; non c’era mai niente di nuovo, mai niente che mi tranquillizzasse quanto bastava per dormire la notte e niente che mi desse la forza di affrontare la giornata la mattina.

Ora invece i giorni sono uguali ma allo stesso tempo completamente diversi tra di loro: ogni mattina mi alzo nella mia camera d’hotel e vado nell’appartamento di Ethan e passo la mattinata a disegnare, a leggere o a vedere qualche serie tv che il ragazzo mi ha consigliato, il pomeriggio inizio a indagare da sola mentre lui studia e la sera cerchiamo qualche nuovo indizio o teoria insieme, fino a quando Austin non annuncia che la cena è pronta.

Adesso la mattina mi alzo con la speranza di poter scoprire qualcosa e il pensiero che sto finalmente facendo qualcosa di utile per la mia situazione e la certezza che non sono più sola mi rassicura la notte e questa è una delle sensazioni migliori che abbia provato da quando mi sono svegliata in quel dannato vicolo sulla 27esima.

Sono passati esattamente 27 giorni da quando io ed Ethan ci siamo incontrati, 27 giorni in cui ho scoperto che sono originaria di Seattle e che non solo potrei avere un legame con Ethan, ma anche con il suo migliore amico Austin e anche se ci è ancora sconosciuto il tipo di legame che abbiamo, a me basta così.

Sono passati 27 giorni, ma per la prima volta da sette mesi non mi sembra vero, per la prima volta il tempo è volato e gennaio ha lasciato il posto a febbraio senza che io me ne rendessi conto: l’aria seppur ancora fredda non è più rarefatta come prima e il vento invece di colpirmi in pieno viso, mi fa svolazzare i capelli e rischiare di perdere il cappello di lana, eppure io non ci ho fatto caso, io, che fino a poco tempo fa contavo ogni giorno del mese a mi angosciavo nel vedere i mesi passare, non ci ho fatto caso.

Seduta sul letto di Ethan osservo dalla finestra la pioggia cadere sugli abitanti di Washington e sorrido nel vedere che una bambina si sottrae dalla presa della madre e corre via dal riparo dell’ombrello per poi alzare il visino e tirare fuori la lingua per assaggiare la pioggia; mentre la madre la tira via, io tiro fuori il nostro quaderno e inizio a fare uno schizzo della scena che ho appena visto.

Non so quanto tempo dopo sento la porta aprirsi rivelando la figura di Ethan con addosso solo i pantaloni del pigiama e i capelli gocciolanti, trattengo una risata imbarazzata e mi schiarisco la voce per attirare la sua attenzione e quando finalmente alza il suo sguardo su di me, inarco un sopracciglio.

<<Sai, hai la brutta abitudine di dimenticarti che quella ad essere invisibile del duo, sono io.>> gli ricordo arricciando il naso per nascondere la mia espressione divertita <<Non che la vista mi dispiaccia eh, lo dico solo per salvaguardare la tua pudicizia, ma per quanto mi riguarda puoi girare così per tutto il tempo che vuoi.>> aggiungo con nonchalance mentre torno a colorare il ritratto di quella bambina anche se con la coda dell’occhio lo sto guardando e non posso fare a meno di sorridere quando vedo le sue guance arrossarsi.

<<L’unica cosa che continuo a dimenticarmi è la tua vena molesta che va in netto contrasto con quel sorriso d’angioletto.>> dice con finto tono scocciato mentre pesca una maglietta dal cassetto del suo armadio e quando se la infila, io inizio a fare versi di disprezzo interrotti dall’asciugamano che Ethan mi lancia.

Ridacchio e gli rilancio l’asciugamano che lui butta nella cesta dei panni sporchi, per poi venire a sedersi a fianco a me e sbirciare da sopra la mia spalla cosa ho disegnato, ma io mi allontano subito dandogli uno scappellotto in testa.

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