25

105 17 21
                                    

Bailey’s pov

45 giorni.

Questa è l’unica cosa che ho in mente da una settimana a questa parte: una data di scadenza approssimativa, allo scadere della quale io forse smetterò di esistere.

45 giorni sono il tempo che io, il signor Haughes ed Ethan abbiamo per trovare la formula che reimposti la macchina in modo che, una volta colpitami, mi possa rendere di nuovo udibile e visibile, annullando almeno una parte della damnatio memoriae, sperando che questo basti per tenermi fuori pericolo.

Abbiamo 45 giorni, in realtà adesso 39 per studiare i miliardi di appunti del signor Haughes, estrapolare da essi la formula corretta, resettare la macchina, inserirci la formula e utilizzarla su di me. Avremo solo un unico tentativo, perciò non possiamo sbagliare perché per me altrimenti sarà game over.

Se riusciamo a trovare la formula giusta e se riusciremo ad applicarla correttamente e se faremo tutto questo nei limiti di tempo, forse riusciremo nel nostro intento.

Ci sono molte variabili e il rischio che corro è alto, ma l’unica alternativa sarebbe quella di aspettare inerme il mio destino mentre il mondo si dimentica di me per la seconda volta e io non ho alcuna intenzione di far accadere nuovamente ciò.

Per non parlare del fatto che il “smettere di esistere” non mi sembra esattamente una bellissima cosa, ma questo è un fattore meno filosofico che preferisco tenere per me stessa.

Io, il dottor Haughes ed Ethan ci siamo messi subito a lavoro: non appena Henry ha comunicato la notizia ad Austin e spiegato nella maniera migliore e più sintetica possibile alla moglie e al padre di Ethan, ci ha ordinato subito di fare i bagagli e il giorno stesso siamo partiti su Washington, arrivando più o meno il mattino del giorno dopo e recandoci al laboratorio per iniziare a studiare i suoi appunti.

Dopo quasi sette giorni di ricerca continua, con al massimo un paio di ore di pausa al giorno, posso dire di essermi ufficialmente esaurita.

Guardo il foglio che ho davanti con aria stanca, impegnandomi a decifrare la scrittura frettolosa del signor Haughes e annotando su un altro foglio tutte le informazioni che ritengo più utili per la nostra ricerca.

Strizzo gli occhi e alzo lo sguardo verso Ethan che, seduto di fronte a me, sottolinea con l’evidenziatore alcune frasi di un foglio per poi riportarle frettolosamente sul computer.

Ethan alza a sua volta lo sguardo su di me e quando i nostri sguardi di incrociano ci scambiamo un sorriso divertito ed esausto allo stesso tempo.

<<Stanca?>> mi chiede sussurrando per non farsi sentire da Henry che, se ci vede fare un secondo di pausa non previsto nel suo programma, attacca con il suo discorso filosofico sull’importanza della gestione del tempo.

Non l’ha mai finito perché io ed Ethan co mettiamo a lavoro dopo circa la quarta parola e penso che il suo scopo sia proprio questo.

<<Stanca è un eufemismo. Secondo te è normale vedere numeri anche quando dormo?>> chiedo scherzosamente a bassa voce, anche se non so bene perché dato che indipendentemente dal fatto che gridi o meno Ethan è l’unico che mi può sentire, e lui ridacchia per poi alzare le spalle.

<<Oh a te sta andando bene, io sto iniziando anche a parlare nel sonno.>> ribatte lui facendomi sorridere.

<<E cosa dici?>> chiedo curiosa e lui alza gli occhi al cielo per poi girarsi a controllare che Henry non ci stia ascoltando, una volta fatto si gira verso di me e raddrizza la schiena con aria solenne <<La Damnatio Memoriae è una pratica di tortura ispirata alla damnatio memoriae romana….>>

ForgotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora