I ragazzi dell'allegra compagnia

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"E tu, nonno? Hai qualcosa da raccontarci di quel periodo?"
Giorgio spostò lo sguardo dal viso sorridente di quella bimba curiosa al vecchio album, girando pagina ancora una volta e risvegliando altri ricordi nel suo cuore. Osservò nostalgico quelle immagini che ritraevano un ragazzo in continua crescita. Scorrendo con le dita ciascuna fotografia sospirò, perso in un passato ormai lontano, ma che era ancora profondamente impresso nella sua memoria.

"Ce ne sarebbero tante da raccontare! Ma, visto che ormai si sta facendo tardi, vi dovrete accontentare di una sola storia..."
Nathan provò a protestare, il nasino arricciato e le mani imploranti, ma alla fine, da bravo bambino ubbidiente, accettò il compromesso proposto dal nonno: un solo racconto, ma avvincente almeno quanto quello della torta al pomodoro di Nadia.
"Non sarà facile vincere la sfida: le avventure di vostra nonna sono insuperabili! Comunque, vediamo un po'..."

Sollevò tra le mani il pesante libro e lo avvicinò al viso, quasi fino a sfiorarne le pagine polverose con la punta del naso. Poi lo voltò verso i due bimbi curiosi seduti di fronte a lui, indicando loro una fotografia con la punta delle dita.
"Vi presento i ragazzi dell'allegra compagnia..."
Indicò uno per volta i visi dei giovani che risaltavano nelle pose più disparate, tutti vicini e addossati in una fila di foto tessere in bianco e nero.
"Eravamo in quattro: io sono quello al centro, al mio fianco c'è mio cugino, Giulio, quello alto a sinistra è Francesco e il pazzo con il cappello è Antonio."
Ellen sollevò gli occhi dalle foto, un po' confusa:
"Nonno, ma non ti eri appena trasferito? Come facevi a conoscere tutti quei ragazzi?"
"Oh sì, hai ragione, Ellen. Devo andare con ordine..."
Posò l'album sul pavimento e rivolse lo sguardo ai suoi nipotini, immergendosi nel racconto insieme a loro.

"Cominciamo da un giorno che non dimenticherò mai: quello del trasloco. Quella mattina mi svegliai prima dell'alba in preda all'agitazione: era tutto pronto, ma io non lo ero affatto. Abbandonare la casa fu dura, e per tutto il viaggio la preoccupazione non faceva che aumentare. Mi tempestavano mille dubbi e paure, continuavo a pensare a quanto sarei stato solo in quel posto nuovo, a quanto mi sarebbero mancati Nadia e la vecchia compagnia. Come avrei fatto a trovare dei nuovi amici? Ero terrorizzato da tutti quei cambiamenti..."
Nathan strinse le braccia attorno alla nonna, seduta al suo fianco. Si raggomitolò nel suo caldo abbraccio, mentre la tristezza si impossessava del suo visino sempre così allegro.
"Povero nonnino! Tutto tutto solo..."
Giorgio tentò di riportare una nota positiva al racconto:
"Beh, non ero completamente solo. Sapevo che in quel paesino di mare avevamo dei parenti, anche se non li vedevo da tanti anni. In effetti non mi ricordavo nemmeno che faccia avessero..."
Ellen era speranzosa:
"Vi stavano aspettando?"
"Ancora non potevo saperlo... La mamma mi aveva raccontato di avere una cugina, che si era trasferita lì molti anni prima, quando aveva conosciuto suo marito, un pescatore. Avevano mantenuto i contatti, ma per lo più per lettera... Nel frattempo quella cugina si era fatta una famiglia, e aveva avuto tre bambini."
Nathan era confuso da tutte quelle parentele intrecciate:
"Ma perché, nonno, ci stai raccontando tutta questa storia? Cosa c'entra la zia di tuo papà?"
Giorgiò sollevò un sopracciglio, divertito:
"Beh, in realtà era la cugina di mia mamma... Ma hai ragione: veniamo al punto! Quando arrivammo alla nostra nuova casa, immaginate un po' chi trovammo ad aspettarci sul pianerottolo..."
Ellen alzò la mano, prontissima a rispondere: aveva indovinato sin dall'inizio.
"La cugina, il marito pescatore e i tre bambini!"
Il nonno fece un cenno di approvazione con la testa.
"Proprio così, c'erano tutti e cinque. A dire la verità, Giulio non era più un bambino, aveva già tredici anni, uno in meno di me..."

Riprese tra le mani il vecchio album e abbassò nuovamente gli occhi sulla fila di foto tessere, sfiorando con le dita il viso di uno dei ragazzi:
"Ed ecco che, dal piccolo finestrino della vecchia macchina di famiglia, vidi per la prima volta il ciuffo spettinato di Giulio."
Sorrise, perso tra immagini eclissate nella memoria.
"Scesi dall'auto un po' imbarazzato: non sapevo bene come comportarmi davanti a quei parenti che non mi ricordavo nemmeno di avere."
Nathan si risollevò e liberò la nonna dal suo stritolante abbraccio, finalmente contento.
"E così avevi trovato un amico!"
"Proprio così, Nathy, e non solo! La cugina della mamma aveva tra le mani una grossa teglia di lasagne fumanti. Quella sera la prima cena nella nuova casa fu indimenticabile: oltre al profumo di ragù, che era davvero eccezionale, riscoprii il sapore delle risate a crepapelle che mi mancavano così tanto. E tutto grazie a Giulio."
Ellen sorrise, osservando gli occhi lucidi del piccolo Nathan, un po' goloso e un po' commosso:
"Così Giulio portò via tutta la tristezza?"
"Forse non tutta tutta, ma fu proprio l'amico di cui avevo bisogno, e da quel momento diventammo inseparabili."
Sollevò gli occhiali che erano scivolati sulla punta del naso, continuando il racconto.
"Quella sera stessa, dopo cena, mi portò a conoscere i suoi amici: Francesco e Antonio. Per festeggiare, andammo a prendere un gelato tutti insieme in un locale sul lungo mare, in voga ai tempi... Fu lì che scattammo quella foto, ed è di quella serata memorabile che voglio parlarvi."

Nathan si arrampicò sul braccio del nonno, avvicinando la sua testolina all'album dalle pagine ingiallite.
"Ma perché avete fatto così tante foto piccoline? E perché sono tutte una sotto l'altra? È una striscia così lunga! Sembra lo scontrino del supermercato..."
Il nonno incrociò gli occhi di Nadia, che sorrideva al confronto tra la gioventù dell'epoca e quella moderna:
"Erano i selfie di noi giovani... Ai tempi in cui io e Giorgio eravamo due ragazzini, ancora prima della polaroid, le foto divertenti si facevano in quelle cabine..."
"Cos'erano le canine, nonna?"
"Le cabine erano delle stanzine piccole piccole. Sono come quelle che si usano oggi per le foto dei documenti... Ai tempi era un vero divertimento per noi ragazzi: tutti appiccicati in quel bugigattolo, si chiudeva il sipario e si dava il via alle smorfie più disparate!"
Nathan non era del tutto sicuro di aver capito. Gli era venuta in mente l'immagine di un ascensore tutto vecchio e arrugginito, ma non capiva cosa ci fosse di così divertente...
Ellen invece era entusiasta:
"Beh, sono delle facce buffissime... Ma quello lì col cappello è davvero insuperabile!"
Il nonno annuì e strinse gli occhi in un sorriso beffardo.
"Infatti era proprio lui il più matto della compagnia! E quella sera ne combinò una delle sue..."

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