II

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  Al termine dell'esibizione, Izumi venne fatta scendere dal palco a luci spente, per mano del suo tutore e datore di lavoro, mentre finalmente l'intera sala esplodeva nell'applauso tanto ritardato. Era desiderio comune che la Libellula non scomparisse così come era apparsa ma che si intrattenesse con gli ospiti, cosa che non accadeva mai. La sua permanenza sul palco durava lo stretto necessario, altra strategia fondamentale per mantenere saldo il mistero sulla sua persona: non era ammesso osservare, parlare o fotografare l'artista nel dopo show perché il suo anonimato non doveva in alcun modo venire compromesso. Le mance, signori, potete consegnarle al bancone. Alla fine le arrivavano sempre, i superiori erano uomini di parola.

<<Sei stata formidabile, tesoro. Come sempre d'altronde>> fu il commento sbrigativo del signor Yaguchi, sentito, per carità, non nascondeva affatto che la Libellula fosse l'orgoglio della casa. Per questo Izumi non sorrideva al termine dell'esibizione. Erano anni che si sentiva rivolgere quelle parole. Dopo un po' anche i complimenti stufano, se rimangono immutati nel tempo.

Il signor Yaguchi le piaceva, nulla da dire. Era un brav'uomo, la trattava con rispetto, non le aveva mai messo le mani addosso né le aveva mai rivolto proposte oscene al di fuori dell'ambito lavorativo. La paga era buona e le dava vitto e alloggio, dato che non aveva una famiglia. Izumi gli era riconoscente perché l'aveva pescata da un orfanotrofio a sette anni e le aveva offerto la possibilità di diventare qualcuno. In incognito. Ma pur sempre qualcuno. Il suo intento era stato chiaro: si era recato all'orfanotrofio per trovare un bambino da rendere la star del locale che gestiva, da crescere come un artista, non come fenomeno da baraccone perché il suo non era un circo, figuriamoci, ma un posto di alta qualità. Il caso volle che Izumi, quel giorno, fosse sola in camera sua a provare le verticali contro l'armadio condiviso, in equilibrio su una mano sola. La responsabile non aveva usato parole proprio carine per presentarla: un talento, sì sì, ma una vera peste. Continua a slogarsi le caviglie, e le spese mediche sono sulle nostre spalle.

<<Tranquilla, da oggi non sarà più necessario>> fu la secca risposta di Yaguchi. La vide, la prese e la fece diventare la Libellula.

Non le diede un amore familiare. Si parlava di affari, non di affetto. E infatti Izumi non lo amava come un padre. Non erano in cattivi rapporti, lei aveva accettato tutti i compromessi del mestiere, pur di sentirsi libera in cima a quella pertica. Aveva accettato di perdere l'identità, di strappare un diploma che non le sarebbe mai servito, di mentire sulla propria vita ai pochi amici che aveva avuto il privilegio di avere. Non si lamentava di quella vita, non ne sognava una migliore, perché non sapeva che aspetto avesse. La sua storia era solo quella. Non aveva bisogno di chiedere per saperlo.

Eppure non sorrideva sul palco, né dopo la performance, né ai complimenti del suo fan numero uno, il signor Yaguchi. Non sorrideva perché, da qualche anno, aveva iniziato a chiedersi cosa si provasse a stare dall'altra parte. A vivere emozioni così forti da sentirti strappare il cuore dal petto. La pole dance era partita come un sogno ed era diventata un lavoro, un'abitudine così radicata da non prestarci neanche più attenzione. Per la pole Izumi aveva dato tutto. Esperienze, contatti, sentimenti. Voleva bene al signor Yaguchi ma iniziava a non perdonarlo per non averle dato altro che un lavoro.

Così, anche quella sera, Izumi scese dal palco tra gli applausi e si portò a casa i complimenti sentiti del tutore, ma non sorrise. Anche per quella sera non aveva mostrato il suo viso. Anche per quella sera la gente aveva amato la Libellula, e non Izumi Shinko.

In camerino si tolse la maschera con gesti delicati per non staccare i diamanti appesi a fili sottili. Si struccò con del detergente per pelli delicate e si fece una treccia distratta per dormire. Il suo lavoro era finito e, a breve, dopo un piccolo giro del locale per mescolarsi tra la gente senza venire notata, sarebbe salita negli alloggi ai piani superiori e si sarebbe concessa le meritate sei ore di sonno.

Le sue colleghe, al contrario, si stavano preparando. Per loro era divertente salire sul palco ma trovavano davvero poco carino da parte di Yaguchi farle uscire dopo lo spettacolo della Libellula. Il loro numero si risolveva a restare un sottofondo, non avevano mai la completa attenzione del pubblico. Però era un buon lavoro, non dovevano nemmeno impegnarsi e prendevano una paga onesta. Per questo non odiavano davvero Izumi.

Seduta di fronte allo specchio, ascoltava distrattamente la conversazione delle compagne.

<<Hai sentito? C'è la Toman tra il pubblico!>>.

<<Stai scherzando?! Ma in prima fila?>>.

<<E che ne so, spero di sì!>>.

<<Oddio, andavo a scuola con alcuni di loro, che ricordi! Erano troppo fighi!>>.

<<Izumi, li hai visti?>>.

Izumi si riscosse: <<Eh? Chi?>>.

Quattro paia di occhi si volsero verso di lei, le guance accese, gli abiti attillati, il trucco pieno di glitter.

<<Come chi? Hai sentito cosa abbiamo detto?>>.

Izumi scosse la testa.

<<La Toman! Li hai visti?>>.

<<Ah. Scusa, no>> ammise. Izumi non faceva mai caso a chi veniva a vederla. Non aveva alcuna importanza.

Le compagne sospirarono: <<Speriamo restino fino alla fine!>>.

La lasciarono sola, il loro numero stava per cominciare. Le colleghe di Izumi erano le uniche a conoscenza del suo aspetto fuori dai panni della Libellula ma erano tenute al segreto professionale e la pena per la trasgressione era il licenziamento in tronco e il sequestro di tutti gli stipendi passati. Non erano così scontente e disperate da rischiare una simile sorte.

Izumi finì di struccarsi, indossò una tuta leggera e uscì per vedere l'inizio dello spettacolo delle colleghe. Era così anonima che nessuno le prestò attenzione. Meglio così, la sera non aveva mai granché voglia di parlare. Resistette quaranta minuti, poi batté in ritirata e si buttò sul letto.


La Toman uscì soddisfatta dal locale, estasiata dallo show cui aveva assistito.

<<Allora ve lo avevo detto, no? Ne sarebbe valsa la pena!>> esclamò Baji, prendendosi tutto il merito.

<<Non avevo mai visto qualcuno muoversi in quel modo. Deve avere degli addominali da paura>> fece eco Pah.

<<Sicuro più dei tuoi>>.

<<Per non parlare delle gambe!>>.

<<Davvero una bella serata, non c'è che dire!>> Mitsuya si voltò verso Mikey: <<Ti è piaciuto lo spettacolo?>>.

<<Mmh? Sì. Molto bello>> fu la scarna risposta. Ci rimasero quasi male. Ma non seppero che ci pensò tutta la notte. 

Come il Vento Tra le Tue AliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora