VI

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Passò una settimana. Izumi riprese la sua vita di sempre, tra allenamenti e solitudine, concentrandosi su altro per non pensare a ciò cui non voleva pensare. Passò molto tempo da sola per cercare di ritrovare il proprio equilibrio ma la strategia non parve funzionare troppo bene. Alla fine risolse come aveva sempre fatto: sopprimere tutto sotto la cortina dell'abitudine. Quella era la sua vita, da dieci anni a quella parte. E lei era la Libellula, non aveva niente da pretendere dal mondo esterno.

Mikey ancora una volta rispettò la parola e non si fece più vedere. Izumi aveva trascritto in penna il suo numero perché il succo prima o poi si sarebbe asciugato e avrebbe cancellato tutto; lo aveva fatto più per buona educazione che per altro – o almeno così credeva – ma fu sollevata di vedere che quel ragazzo fosse scomparso dalla sua vita.

O almeno così credeva.

Una parte di lei si dava della stupida perché aveva rinunciato all'unico contatto con la vita al di fuori del locale che avesse mai avuto. Si era lasciata spaventare e lo aveva respinto con egoismo e brutalità, giocandosi la parvenza di un rapporto diverso da quello lavorativo.

Era convinta di aver fatto la cosa giusta ma, sotto sotto, iniziò a provare uno spesso strato di sofferenza. Non aveva mai avuto alcun amico, vincolata dal contratto di anonimato che le garantiva successo e soldi. Mai nessuno con cui parlare, con cui confrontarsi, mai nessuna storia diversa da ascoltare, mai un dibattito di opinioni, niente di niente. Le era sempre andato bene così ma di colpo era come se fosse stato rotto il vetro di una sua finestra interiore.

L'incontro con Mikey le aveva fatto risaltare l'insofferenza che, da qualche anno, provava senza saperlo. L'insofferenza di essere sola, di non conoscere nulla al di fuori del locale, di non poter essere Izumi ma solo la Libellula.

Come aveva fatto a ridursi così? Yaguchi non le aveva mai proibito esplicitamente di parlare con la gente. Ma il rischio di tradirsi l'aveva fatta desistere da ogni buon proposito. La solitudine proteggeva il suo anonimato. Senza il quale la magia dello show non sarebbe esistita.

La settimana successiva lo spettacolo andò in scena di venerdì e fu il solito successo. Per la prima volta Izumi salì sul palco e diede una rapida occhiata al suo pubblico.

Lui non c'era.

Solo allora si accorse di averci sperato. E invece, ovviamente, se ne era andato. Chi mai avrebbe potuto provare interesse per lei come Izumi? La Libellula era fonte di attrazione, ma Izumi...Cosa aveva Izumi Shinko da offrire?

Sono deluso. Lo aveva detto anche lui.

Quella sera, dopo lo show, le colleghe si cambiarono d'abito, si agghindarono e si truccarono cinguettando tutte felici. Il loro numero era andato in scena prima di quello di Izumi ma nessuno aveva il diritto di lasciare il locale prima della fine di tutte le performance. Così Izumi le vide prepararsi in preda all'eccitazione e se ne stupì.

<<Dove andate?>> chiese.

<<Al parco! Danno un concerto di beneficienza e tutti i nostri amici vanno!>> rispose una.

Nessuno le chiese se volesse venire.

<<Oh. Divertitevi>> rispose Izumi.

Il parco. Un concerto. Com'era un concerto?

Ogni tanto tendeva a dimenticare che le sue colleghe avessero una vita al di fuori del locale. Perché loro non avevano un'identità da proteggere, loro potevano fare tutto quello che volevano.

Per la prima volta da quando praticava la pole, quando fu da sola nel proprio letto Izumi pianse.

Aveva diciassette anni e non aveva visto niente che non fosse una pertica.

Pianse a dirotto fino alle tre di mattina fino a prosciugare le energie ma senza riuscire ad addormentarsi. Non aveva alcun senso quella vita che conduceva. Chi le impediva di uscire, di frequentare gente? L'importante era non tradirsi, giusto? O coalizzarsi.

Metabolizzare il desiderio di cambiamento fu doloroso ma necessario. Sotto le ali della Libellula c'era una ragazza che non era affatto morta, anzi...Il suo cuore batteva forte e chiaro.

Le parve strano farlo, quasi una sconfitta. Ma se ci avesse pensato troppo avrebbe aspettato fino a consumarsi.

Il foglietto era sempre stato sul suo comodino. Sette giorni. Erano passati sette giorni. Si sarebbe ricordato?

Compose il numero. Alle quattro del mattino. Due squilli.

Bip.

<<Ci hai messo più di quanto immaginassi>>.

La voce era impastata dal sonno ma Izumi sapeva che stesse sorridendo. Si sforzò di non tremare anche con le lacrime che ripresero a scendere.

<<Ehi. Scusa l'ora. Domani pomeriggio hai da fare?>>.



Signori!! Diciamo che da qua parte la vera storia! Io vi ringrazio perché sto vedendo che il tutto vi sta incuriosendo e la cosa mi rende felice, è partito come un esperimento ed ero di basse pretese! Spero che continuiate a seguirmi! ^^

FDP

Come il Vento Tra le Tue AliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora