Beatrice aprì gli occhi, intorpidita. Sopra di lei il cielo terso in cui volavano allodole e serafini non era cambiato. Era ancora al suo posto, sempre incorniciato dall'elegante quadratura color salmone sbiadito.
Una voce giunse dal corridoio.
"Chiudiamo".
Beatrice si tirò su stiracchiandosi.
"Ho quasi finito!".
La sua voce riecheggiò nella biblioteca ormai deserta. Si alzò lenta, massaggiandosi il collo indolenzito. Si era davvero appisolata accidenti.
Fuori era già buio da un pezzo, osservò le luci della strada dalla finestra, poteva distinguere i lampioni in fila lungo il fianco della chiesa, l'insegna del fornaio poco più avanti e i fari delle automobili che percorrevano via dei Bastioni. Una nebbia densa stava calando sulla città.
Si guardò i palmi delle mani, erano scuri di polvere. Non avrebbe mai pensato che sarebbe finita a spolverare volumi sugli scaffali. La Ossolini le aveva suggerito di provare con un'attività extrascolastica e la biblioteca le era sembrata una scelta vincente. Non che le dispiacesse, tutt'altro. Era bello starsene lì a leggere paragrafi a casaccio su carsismo e sedimenti.
Solo non immaginava che avrebbe dovuto respirare così tanta polvere!
Rimise a posti gli ultimi libri sullo scaffale e ne annotò i dati sulla tabella che Dafne le aveva lasciato. Si voltò e vide posato a terra il volumetto che le aveva provocato un attacco di narcolessia una mezz'oretta prima. Lo raccolse e lo aprì proprio lì, dove l'aveva lasciato. Ne lesse ancora qualche riga: era una vicenda interessante quella della famiglia Barbaratti. Nobili di origine, erano stati gli ultimi proprietari di quel maestoso edificio che ora ospitava la biblioteca di Camarelli. Dovevano la loro fortuna non tanto al sangue blu che scorreva in dosi omeopatiche nelle vene dei discendenti, quanto piuttosto a una massiva produzione di biscotti al burro. Pensa un po'.
Dafne aveva già spento le luci al pianterreno.
Beatrice richiuse il volumetto sulla calorica famiglia e lo ripose insieme agli altri sullo scaffale in alto.
Si infilò la giacca e guardò di nuovo fuori dalla finestra in direzione della Cattedrale. Aguzzò la vista temendo che la nebbia avesse deciso di tramutarsi in pioggia senza curarsi di lei e della sua bicicletta. Puntò lo sguardo verso la luce del lampione per scorgere qualche goccia di pioggia e poi lo lasciò scivolare lungo il fianco della chiesa.
Fu allora che lo vide.
Un uomo, alto, con un lungo soprabito scuro si infilava letteralmente nel muro di pietra della cattedrale.
Prima il braccio, poi la spalla, la testa e il resto del corpo.
Beatrice sgranò gli occhi, che fosse impazzita? Eppure, l'aveva appena visto! Le mani le tremavano e il cuore le scoppiò nella gola. Deglutì a fatica e dovette appoggiarsi alla sedia per non perdere l'equilibrio.
"Ma che diavolo!" pensò ad alta voce.
Quello si era proprio infilato dentro alla parete! Tutto intero!
Raccolse lo zaino, ci infilò velocemente le sue cose e si precipitò di sotto. Percorse in fretta il corridoio che collegava le aule studio e mentre si avvicinava allo scalone a grandi passi, si sentì addosso gli sguardi pigri delle damigelle che se ne stavano ad oziare incorniciate sulla parete.
Raggiunse l'ingresso dove Dafne l'aspettava con la giacca già indossata.
"Firma qui" le disse.
Beatrice prese la penna e scarabocchiò qualcosa di incomprensibile accanto al suo nome stampato sulla scheda.
Beatrice Corvini. 4 novembre 2002 ore 19.00.
"A mercoledì" disse con gli occhi puntati verso la chiesa. Uscì di corsa e si avvicinò alla bicicletta cercando le chiavi della catena nella tasca dello zaino, la aprì con le mani che tremavano ancora, la arrotolò in malo modo al sellino e la richiuse di nuovo. Saltò in sella e puntò in direzione della chiesa, la catena sbatteva sul telaio ad ogni pedalata.
Una goccia di pioggia gelida le cadde sul viso.
Non aveva nessuna voglia di bagnarsi, faceva freddo ed era buio. Avrebbe voluto tornarsene immediatamente a casa, ma la curiosità la trascinò dall'altra parte della strada. Pedalò velocemente e attraversò approfittando di una pausa nel traffico, lasciò cadere la bicicletta nell'aiuola e proseguì spedita in direzione della parete.
La raggiunse. Era solo una parete, solido muro di pietra grigia. Fece ancora qualche passo e si rese conto della presenza di una piccola porta, piuttosto bassa.
Un battente di forma ogivale in legno scuro era incastonato tra le enormi pietre grigie dell'edificio. Provò a spingerlo e tirarlo ma quello non si mosse di un millimetro, come se fosse chiuso da secoli. C'era una serratura di metallo che sembrava ancora più antica e piuttosto malmessa.
"Era qui, l'ho visto" disse indietreggiando.
Osservò di nuovo la parete che puntava dritta al cielo, si guardò intorno e poi e la toccò. Era fredda, ruvida e bagnata. Si sentì piuttosto stupida nel farlo ma il desiderio di verificare che la pietra fosse pietra vinse il suo imbarazzo.
Scoppiò all'improvviso un temporale fuori stagione, Beatrice si allontanò di corsa dalla parete, raggiunse nuovamente la bicicletta mentre la pioggia incominciava ad inzupparle gli abiti. La inforcò e si allontanò pedalando velocemente verso casa, lasciandosi la Cattedrale alle spalle.
Passò davanti alla fermata dell'autobus pochi metri più avanti, il cuore ancora in subbuglio per ciò che aveva appena visto e mentre sfrecciava con gli occhi semichiusi per evitare la pioggia sentì qualcuno urlare il suo nome.
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Il Passante
FantasyCOMPLETATA. Corrado e Beatrice. Due ragazzi, due compagni di classe, quasi due perfetti sconosciuti. Finchè a Camarelli, paese perduto tra le nebbie del nord Italia, non accade l'impossibile. Un uomo ha appena attraversato il muro della Cattedrale...