Corrado quella mattina si avviò verso il suo banco con un groppo alla gola. Beatrice ancora non si era vista. La classe vociava e sbadigliava rumorosa, ma lui nemmeno li sentiva.
Quando chiudeva gli occhi rivedeva solo quella luce verde, il volto deforme di Aezio e il sangue colare dal viso di Galeno.
Eppure, adesso era lì seduto al suo banco. Gli sembrava una cosa talmente inutile starsene lì seduto a quel banco senza fare nulla mentre là fuori, o forse avrebbe dovuto dire là Dentro, succedevano cose spaventose e terribili. La situazione era fuori controllo e lui non sapeva che fare.
Il supplente di italiano fece il suo ingresso in classe con largo anticipo. Era un tipetto esile, con gli occhiali posati in equilibrio precario sulla punta del naso e un paio di baffetti orribili. Indossava un abito grigio che lo faceva assomigliare del tutto ad una pantegana. E della pantegana aveva anche le movenze, si guardava intorno con fare sospettoso con quei suoi occhietti scuri, toccava in continuazione il registro allineandolo in modo quasi maniacale alla cattedra. Corrado pensò seriamente che avrebbe tirato fuori riga e squadra per ottenere un risultato migliore.
Quanto lo irritava. Per la prima volta nella sua vita, Corrado, provò una sensazione di fastidio nei confronti di un professore. Non gli era mai successo, di solito nutriva ammirazione per i suoi insegnanti, per quasi tutti, ma questa volta si sentiva disgustato. Forse era tutta la situazione che l'aveva reso ipersensibile o forse era l'attesa di Beatrice che lo snervava.
Attesa che per fortuna finì appena ebbe il tempo di pensarci.
Beatrice varcò la soglia imbacuccata come un orso, la punta del naso arrossata. Una giacca di un arancione sfacciato ai limiti dell'offensivo avanzò a grandi passi tra i banchi. Puntava dritto su Corrado come una rompighiaccio, lui deglutì temendo il peggio.
Senza cambiare espressione e senza proferire parola Beatrice oltrepassò il suo banco allungando una mano che lasciò cadere un piccolo biglietto ripiegato.
Corrado lo afferrò in fretta e lo nascose alla vista degli altri.
Beatrice raggiunse il suo banco e si sedette, sempre imbacuccata come un orso. Era sua intenzione rimanere così agghindata fino al suono dell'ultima campanella.
Corrado aprì lentamente il biglietto mentre Pantegana cominciava a fare l'appello.
C'erano scritte solo tre parole lapidarie.
Andiamo da Otto.
Corrado richiuse il biglietto e se lo infilò in tasca.
La mattina passò lentamente e noiosamente. Beatrice non si tolse nemmeno la sciarpa.
All'uscita Corrado si avvicinò con circospezione al portabiciclette, dove lei lo aspettava appoggiata al muro.
"Eccoti! Mi hai evitato tutta la mattina" le disse sottovoce.
"Sto cercando di passare inosservata"
"Vestita così?"
"A chi piace l'arancione scusa?" chiese Beatrice convinta che la scelta di quel colore avrebbe dissuaso chiunque dall'avvicinarsi. Corrado lasciò perdere. Non voleva nemmeno provare a capirla, se Beatrice si era convinta che vestita come un caco non avrebbe dato nell'occhio a lui stava bene.
"Sei strana, sicura di stare bene?"
"Ho un po' freddo"
"Sì, questo l'avevo notato".
Gli ultimi studenti stavano uscendo dall'edificio e dietro di loro li seguì Pantegana, che con sguardo circospetto percorse il perimetro del cortile praticamente a ridosso del muro, arrivato quasi alla fine si fermò, si diede una piccola grattata al naso con la mano sinistra e poi proseguì veloce uscendo dal cancello.
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Il Passante
FantasyCOMPLETATA. Corrado e Beatrice. Due ragazzi, due compagni di classe, quasi due perfetti sconosciuti. Finchè a Camarelli, paese perduto tra le nebbie del nord Italia, non accade l'impossibile. Un uomo ha appena attraversato il muro della Cattedrale...