Una giovane donna vestita di grigio con i capelli biondi e lo sguardo spento si avvicinò in silenzio, prese il piatto d'argento su cui restava solo del liquido rossastro e lo portò via, allontanandosi dalla sala senza fare il minimo rumore.
Aezio se ne stava in piedi e osservava il cielo scuro attraverso i vetri altissimi dell'atrio del Palazzo dell'Alto Consiglio. La notte era calata, la città era semideserta.
Sentì un rumore profondo provenire dal suo stomaco e pensò che, da quando era tornato in vita, non provava più soddisfazione nel mangiare, lo faceva solo per tenersi in forze, ma non c'era nessun piacere nell'assaporare un piatto di cibo. Senza contare che in quella nuova condizione il suo organismo non tollerava nulla che non fosse crudo e possibilmente freddo, meglio se appena tolto dalla ghiacciaia. Qualsiasi alimento caldo o anche solo vagamente tiepido gli provocava dolori lancinanti in tutti i muscoli del corpo.
Si spostò verso il lato della sala dove si trovava il suo scranno.
Quello era il suo posto. Lui che era sempre stato un uomo d'azione ora si ritrovava seduto su una sedia di ferro gelido per la maggior parte del tempo. E la cosa non gli importava nemmeno un po'.
Si avvicinò a quella specie di trono camminando a passi lenti, la sua lunga veste nera sembrava perennemente inzuppata d'acqua e si adagiava pesantemente sul suo corpo e sul pavimento come una seconda pelle.
Si sedette e osservò la sua immagine riflessa nel marmo lucido del pavimento, non si riconobbe, vide solo un estraneo con un volto sconosciuto che lo fissava. Anche questo lo lasciava del tutto indifferente.
Nella sala c'erano una ventina di Falene, appostate vicino alle uscite e in prossimità delle scale.
Un altro gruppetto di quattro era appostato al secondo piano e presidiava una delle Sale Minori impedendo a chiunque di avvicinarsi.
Nessuno parlava, nessuno muoveva un muscolo.
Tammonio apparve in quel momento proprio ai piedi della grande fontana centrale, che da tempo non era che un triste e lugubre stagno.
Aezio lo vide e gli fece segno di avvicinarsi.
"Come procede?" chiese una volta che Tammonio l'ebbe raggiunto.
Questi fece un lieve inchino con il capo e poi cominciò a parlare.
"La città e circondata ad est e ad ovest, ci sono battaglioni schierati e pronti ad attaccare, sono centinaia di uomini" disse.
"E lo scudo?"
"Impenetrabile" rispose Tammonio con un sorriso di soddisfazione.
"Bene, e dell'Esterno che mi dici?".
Tammonio sospirò e strinse le labbra quasi arricciandole.
"A dire il vero credo che servirebbe qualcosa di più... massivo. Non che non si stiano impegnando sia chiaro, ma intendo dire che se davvero vogliamo smettere di nasconderci all'ombra degli Estranei, credo che dovremmo semplicemente smettere di farlo"
"Uscire allo scoperto?"
"Esattamente, abbiamo il potere di distruggerli, perché aspettare? Che senso ha andare avanti così? Ci stiamo limitando ad alterare il corso naturale degli eventi, ma quello che otteniamo in termini di vittime è irrisorio. Serve qualcosa di più manifesto, di più grande!"
"Frena, Tagliavento. Non essere precipitoso. Sai meglio di me che siamo una minoranza" rispose Aezio sedando gli impeti distruttivi di Tammonio.
"Ma abbiamo capacità di gran lunga superiori! Uno solo di noi vale più di mille inutili Estranei!"
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Il Passante
FantasyCOMPLETATA. Corrado e Beatrice. Due ragazzi, due compagni di classe, quasi due perfetti sconosciuti. Finchè a Camarelli, paese perduto tra le nebbie del nord Italia, non accade l'impossibile. Un uomo ha appena attraversato il muro della Cattedrale...