3. Aspetta!

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La mattina passò come sempre e l'ultima campanella risuonò nell'aria. Liberi tutti. Decine di studenti si riversavano in strada, risuonavano schiamazzi, rombi di motorini che faticavano ad accendersi, saluti e arrivederci a domani.

Corrado Garmigli, dopo aver chiuso la giornata con l'ennesimo nove, corse giù per le scale allungando il collo in direzione dell'uscita, vide Beatrice che aveva appena raggiunto la sua bicicletta. Si fece spazio tra gli studenti con i gomiti cercando di uscirne illeso.

"Bea!" urlò. "Aspetta!"

Beatrice si voltò verso di lui e incrociò il suo sguardo. Corrado la raggiunse trafelato con la sciarpa ancora in mano.

"Ehi! Tutto bene?" gli chiese lei togliendo la bicicletta dallo stallo, sembrava sorpresa di vederlo.

"Sì, sì tutto bene".

Corrado deglutì. Non aveva idea di come cominciare.

"Ti ho vista uscire dalla biblioteca ieri sera".

Beatrice ridacchiò, mentre cercava di sistemare i capelli scuri che le sfuggivano dal berretto di lana.

"Che fai mi segui?".

Ecco maledizione. Corrado sentì le guance avvampare.

"No! Non ti stavo seguendo! Aspettavo l'autobus e ti ho vista attraversare in bicicletta".

Lei armeggiava con la catena mentre lui non si decideva ad arrivare al punto.

"Ti ho vista vicino alla chiesa" disse finalmente.

Beatrice smise di sorridere all'improvviso e si paralizzò come una preda. Il volto pallido e le labbra semichiuse.

Quello sguardo atterrito era la conferma che Corrado stava cercando.

Gli parve di rivederla negli occhi di lei sgranati come quelli di un gufo, l'immagine nitida di un uomo che si infila nella pietra, come fa un coltello nel burro.

"L'ho visto anch'io"

"Che-cosa hai visto anche tu?"

"Quel tipo" sussurrò. "Quello che si è infilato nel muro".

Beatrice mollò la bicicletta e lo prese da parte tirandolo per un braccio.

Gli studenti continuavano a riversarsi fuori dalla scuola come una mandria di mucche ubriache facendo un baccano incredibile.

"Se mi stai prendendo in giro finiscila subito ok?"

"Non ti prendo in giro, l'ho visto giuro! Dalla fermata dell'autobus, l'ha fatto per due volte".

Beatrice era immobile, attonita, lo ascoltava con l'attenzione che non gli aveva mai dato in tre anni.

"Per due volte?"

"Sì, due volte. Non ci volevo credere! Ti ho chiamato ma non mi hai sentito, sono andato a controllare dopo che te ne sei andata via e ho trovato questa".

Corrado estrasse dalla tasca della giacca una piccola piastrina metallica. Era piatta, dorata, con gli angoli smussati e un piccolo foro ad una delle due estremità.

"PASSANTE 31. Che cos'è?" chiese Beatrice dopo aver letto l'incisione che recava su uno dei lati.

"Non ne ho idea, l'ho trovata esattamente nel punto in cui quel tipo è sparito nel muro".

Un motorino si accese nei paraggi e rombò come una motosega coprendo qualsiasi rumore per diversi secondi. Beatrice afferrò la piastrina in silenzio con le sopracciglia aggrottate.

"Questa cosa è assurda, ti rendi conto che è impossibile vero?" gli disse.

"Certo che è impossibile".

A quel punto tornò verso la bicicletta. Corrado la seguì.

"Che facciamo?".

Beatrice si rigirava tra le dita la piastrina. "Non lo so. Che significa PASSANTE 31? Potrebbe non avere nulla a che fare con quel tipo, voglio dire chiunque potrebbe averla persa"

"Potrebbe. O forse no, comunque è l'unica cosa che abbiamo".

Beatrice fece una smorfia.

"Che abbiamo?".

Corrado avvampò come un cerino e puntò lo sguardo sull'asfalto cercando una breccia abbastanza grande per infilarcisi dentro. Quanto si sentiva idiota.

Lei gli riconsegnò la piastrina, temporeggiò qualche secondo mordicchiandosi il labbro e poi si avvicinò con gli occhi a fessura al viso di lui. Lo fissò quasi a voler raggiungere il fondo delle sue pupille.

Corrado indietreggiò con la schiena.

"Tu, non credi in cose strane... paranormali? Vero?" gli chiese sottovoce.

Corrado Garmigli.

Studente modello, fanatico del metodo scientifico, alla costante ricerca di spiegazioni non solo plausibili ma pure convincenti. Lui che non si fermava alla possibilità, no. Quella non gli bastava, lui voleva la certezza assoluta, la risposta ultima e inconfutabile. La verità estrema che avrebbe spazzato via dubbi, ipotesi, supposizioni e supponenze. Lui che non li chiamava fantasmi, ma fenomeni allucinatori e solo se costretto.

No, che non poteva crederci.

"No, che non ci credo. Ma quel tipo si è infilato nel muro! Questo è un fatto!" rispose tirandosi il berretto sulle orecchie.

Beatrice lo fissava con le mani infilate in tasca e le spalle alzate a ripararsi dal freddo. Non sembrava convinta. Per niente.

"Senti, sinceramente, quante probabilità ci sono che due persone impazziscano nello stesso luogo e nello stesso momento?" le chiese lui vedendola perplessa.

"Non saprei, credo nessuna"

"Appunto, quindi almeno uno di noi è sano di mente" concluse appellandosi alla statistica.

Passarono alcuni secondi, Beatrice se ne stava lì immobile, qualcosa le frullava chiaramente nella testa. Corrado era impaziente. All'improvviso lei sembrò ridestarsi, i suoi occhi scuri si aprirono come se lo avessero appena riconosciuto in mezzo ad una folla di gente.

"Ok, credo che dovremmo indagare su questa faccend-"

"Oggi pomeriggio?"

"O-ok. Ci vediamo alla chiesa. Alle quattro in punto"

"Quattro in punto, ok".

Beatrice saltò in sella alla bicicletta.

"Non parliamone con nessuno, nessuno!" lo minacciò spingendo con forza sul pedale.

Corrado annuì.

"Sarò una tomba". Perché aveva dovuto rispondere in quel modo?

Beatrice si allontanò.

Corrado rimase lì impalato a guardarla andare via, stretto nel freddo di novembre. Aveva un segreto, una piastrina misteriosa, un'indagine potenzialmente complessa, ma soprattutto per la prima volta nella sua vita aveva un complice. Ed era femmina.

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