PARTE 4

35 1 0
                                    

Quando arriviamo a Ciudad Juárez, nonostante il caldo infernale, ho i brividi. Per strada non c'è assolutamente nessuno. È come essere nell'Afghanistan dei talebani, non so se mi spiego.

- Tieniti pronta. - Amber mi sussurra all'orecchio. - Tu e Sean dovrete coprirci le spalle, nel caso le cose vadano male. -

Annuisco. - Va bene. - faccio un paio di passi indietro e raggiungo Sean e Logan, che stanno aprendo i portelloni del furgone. Non dico una parola e aspetto.

È Alex a negoziare, qui.

Lancio un'occhiata alla mia sinistra e, all'interno di una vecchia casa, intravedo una figura.

Miguel.

È strano dirlo, ma sono davvero sollevata che sia qui.

I sicari Juárez contano tutti i fucili e li controllano uno per uno. Parlano in spagnolo e non ho la più pallida idea di cosa stiano dicendo. Spero che Miguel, da dove si trova, riesca a sentirli.

Dopo essersi accertati che sia tutto in regola, lanciano un borsone nero ai piedi di Alex e gli puntano la pistola alla testa.

Sean e io tiriamo fuori le nostre armi, pronti a sparare.

- Manca un fucile. - dice uno dei sicari. - Sono ottantuno. Te ne avevo chiesti ottantadue. -

Lancio un'occhiata discreta a Miguel, che scuote la testa. Ok, non c'entra niente. Sposto lo sguardo su Logan. Ha uno strano sorrisetto stampato in faccia e non mi piace per niente.

- Sean? - bisbiglio.

- Mmh? -

- Guarda Logan. -

- Perché? -

- Guardalo. -

Lo fa e vedo i suoi occhi stringersi. - Ho capito. -

- Coprimi le spalle, devo controllare una cosa. -

- Ok. -

Indietreggio fino al furgone e spalanco di nuovo il portellone. Non sembra esserci traccia del fucile mancante. Le casse erano ben sigillate, quindi deve averlo fatto sparire prima di partire.

- Hurensohn. - borbotto. Che, in tedesco, significa "figlio di puttana", per chi non lo sapesse.

- MARGOT!!! - la voce cupa e allertata di Sean mi fa sobbalzare.

Ho a malapena il tempo di voltarmi, che un dolore lancinante mi colpisce la coscia sinistra. Urlo e crollo a terra, tenendomi la ferita.

- Perra, pensaste que me habías jodido, ¿eh? - sibila uno dei sicari, torreggiandomi. - Hasta la muerte! -

Fermi tutti! "Muerte" significa...morte.

Cerco di rialzarmi, invano. Il dolore è troppo forte e l'emorragia mi sembra un po' esagerata. Cavolo, mi gira la testa.

Un improvviso spruzzo di liquido caldo, mi finisce dritto sul viso, prima che l'uomo davanti a me mi piombi addosso. Grido di dolore, quando atterra proprio sulla mia povera gamba. - Aaarg! Scheiße! -

- Margot! - Amber corre da me e lo spinge via. - Cazzo, devi andare in ospedale. -

Continuo a imprecare in tedesco, tanto è forte il dolore che provo. La gamba sembra invasa da un miliardo di coltellate in successione.

- SEAN!!! -

Sean si avvicina con una borsa e tira fuori delle bende. - Devo fermare l'emorragia, ma ti porteremo in ospedale. Potrebbe aver reciso l'arteria femorale. -

- Oh, fantastico... - borbotto.

- HO APPENA SALVATO UNO DEI VOSTRI, CAZZO! -

Miguel.

È stato lui a sparare al sicario. E a salvarmi.

Lo vedo entrare e so che si sta trattenendo. Non si avvicina, ma il suo sguardo dice tutto. Mima con la bocca "te amo" e io rispondo con un cenno della testa. Sean mi sta guardando e non voglio che capisca.

- Fate sparire il furgone. - dice. - Io la porterò in ospedale con la mia auto. Andate via di qui e nascondete le moto. - lancia le chiavi di casa sua ad Alex. - Nascondetevi da me, non verranno lì. -

- Dì un po', Arenales, che ti prende? - Amber è accigliata. - Da quando sei così amichevole con noi? -

- Non sono affari tuoi, Davis. - si avvicina e mi prende in braccio. - Hill, conosci la strada? -

- Non proprio. -

- Raggiungete Hermosillo passando per il New Mexico. Da lì, seguite i cartelli stradali fino a Pan American Avenue, per tornare qui in Messico e raggiungere Hermosillo. C'è un grande edificio moderno, bianco, sulla San Carlos. È il più alto di tutti, non potete sbagliare. Il mio appartamento è all'ultimo piano. - scende dal furgone con un balzo, tenendomi stretta. - Non toccate niente, o sarò io a urlare "hasta la muerte" contro di voi. -

- Sempre gentile. - borbotta Alex.

- Vengo con voi. - Sean ci segue fino alla macchina. Sapevo che sarebbe venuto, accidenti.

Miguel mi stende sui sedili posteriori e Sean appoggia le mie gambe sulle sue, per comprimere la ferita. Sto iniziando a sudare e ci vedo doppio.

- Non chiudere gli occhi, Margot. - mi dice. - Guarda me. -

- Ho sonno... -

- Lo so, è normale, ma cerca di rimanere sveglia, ok? -

- Il proiettile è uscito? - chiede Miguel.

- No, è ancora dentro. È molto in profondità, dovranno operarla. -

- Mierda. -

- Perché ti preoccupi tanto? -

Già, perché si preoccupa tanto!? Si farà beccare, se continua così!

- Perché so cosa si prova. Devo per caso ricordarti che la moglie di Rodriguez, un anno fa, mi ha sparato? -

Cosa!? Isabel ha sparato a Miguel?

- Volevi uccidere suo marito, sei fortunato che ti abbia preso alla spalla. -

Ok, quindi parliamo sempre della stessa solfa: l'eterna lotta tra i Figli dell'Inferno e i Los Diablos.

Oh, mamma, che sonno...

Provo a chiudere gli occhi, ma Sean mi picchietta la guancia. - Ehi, ehi, sveglia. -

- Margot, resisti. - dice Miguel. - Siamo quasi arrivati. -

- Come fai a sapere il suo nome? -

- Non avete fatto altro che urlarlo, poco fa. Non sono mica sordo, Evans. -

Sordo no, ma idiota sì... 

Perfume of Love - MIGUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora