PARTE 2

31 1 0
                                    

[Margot]

Mi sveglio completamente intontita e ci metto un po', a capire dove mi trovo.

Sono nella mia camera da letto, tra le mie lenzuola, nel mio appartamento.

Non ho dormito benissimo, ma comunque meglio degli ultimi giorni.

Sbadiglio e controllo l'ora sulla sveglia. Le undici.

Le undici!?

Non mi sono mai svegliata così tardi, tranne quando restavo a dormire da Miguel, in Messico.

Miguel...

Sto per cedere allo sconforto, quando sento il telefono di casa squillare. Mi alzo, cercando di ricordare dove si trovi. Seguo il suono e lo recupero dal divano.

- Pronto? -

- Margot, ich bin Mama. - "Margot, sono la mamma."

Mia madre!? - Mama...hallo. - "Mamma...ciao". Mi butto sulla poltrona. - Wie gehts? Alles gutte? - "Come va? Tutto bene?"

- Oh ja, es ist okay, Schatz. Und wie geht es dir? - "Oh sì, va tutto bene, tesoro. E a te, come va?"

Tasto dolente. Mi schiarisco la voce. - Gut. Ich habe in letzter Zeit viel gearbeitet. - "Bene. Lavoro molto, ultimamente."

- Und wie läuft es mit dem berühmten Miguel? Gibst du mir früher oder später Bescheid? - "E come va con il famoso Miguel? Me lo farai conoscere, prima o poi?"

Doppio tasto dolente.

Ha sentito una volta la voce di Miguel e ho dovuto parlarle (in breve) di lui, o non mi avrebbe più lasciata in pace.

- Margot, bist du noch da? - "Margot, ci sei ancora?"

- Ja...alles ist gut. - "Sì...va tutto bene."

- Haben Sie argumentiert? - "Avete discusso?"

Magari fosse solo questo. - Nein...Entschuldigung, Mama, gerate ist ein Kunde aufgetaucht. Bis bald. - "No...scusa, mamma, è appena arrivato un cliente. Ci sentiamo presto."

Riattacco, senza darle la possibilità di dire altro e sospiro.

Prima o poi, in qualche modo, dovrò dirle la "verità". Non saprà mai di quello che faccio e cosa mi è successo in prigione. Inventerò una scusa, modificando semplicemente la realtà.

Trascino le gambe fino alla cucina e mi preparo un caffè. Forte. Nero come la pece. Amaro. Più amaro di qualsiasi cosa amara.

È come riprendersi dalla sbornia più forte della tua vita.

Solo che io non ho avuto una sbornia.

- CAZZO! - lancio la tazza vuota a terra, sfogando una piccola parte della mia rabbia. Vorrei spaccare tutto, ma poi mi toccherebbe anche sistemare e non ne ho voglia.

Ma sono furiosa e restare qui non è la soluzione. Devo uscire, non pensare alle persone che mi circondano e riprendere in mano la mia fottutissima vita. 'Fanculo la prigione, 'fanculo Logan e 'fanculo tutti gli altri. Finché non mi toccheranno, potrei riuscire anche a tollerarli.

Spero.

Mi faccio una doccia e indosso i miei vestiti abituali: jeans attillati (che ora mi stanno leggermente larghi), top bustier e la giacca di pelle. Scarpe comode e...

- Chi cazzo sei, tu? - borbotto, guardandomi allo specchio. Ho le occhiaie, i capelli sono un disastro e credo di aver perso almeno sei o sette chili.

Mi tolgo i jeans e recupero un paio di pantaloni neri di pelle. Mi stavano stretti, ma ora sono perfetti. Dio, è una 38...e non ne indosso una dai tempi delle medie, in Austria. Ero la ragazzina sfigata di turno, con l'apparecchio e zero tette. Poi il mio corpo è cambiato ed è venuta fuori questa Margot.

Una Margot che, adesso, non si piace più.

Mi vedo lurida. Ho paura che tutti possano accorgersi che sono spezzata. Distrutta.

Devo andarmene. 


[Miguel]

Ho passato la notte sul pianerottolo di Margot. Ho mal di schiena, le gambe intorpidite e l'emicrania.

- Signore, tutto bene? - una donna sulla sessantina si avvicina, preoccupata.

- Uhm...sì, sì, non si preoccupi. -

- Sicuro? Aspetti. - attraversa il corridoio e apre una porta. È una vicina, quindi. Sento cocci e pentole sbattere, prima che esca con...una tazza di caffè in mano. - Ecco, prenda questo. -

- No, davvero... -

- Insisto. - mi sorride. - Se sei piantato davanti la porta di Margot, è perché sei il famoso Miguel. -

Accidenti, ma mi conoscono tutti!? - Ok, allora grazie. - la prendo più che volentieri. Un caffè mi serviva proprio.

Quando alzo lo sguardo, è già sparita nell'ascensore. Ed è meglio così, perché non avrei risposto alle sue domande.

Ma, proprio mentre sto per bere, la porta di Margot si spalanca e cado all'indietro di schiena. Il caffè mi si rovescia tutto addosso e, cazzo se è bollente! - AAAARH! SANTA MIERDA! - la tazza mi scivola dalle mani e si rompe da qualche parte. Ma è il petto che brucia, a farmi urlare.

- Miguel! - Margot mi tira su e strappa la maglietta proprio al centro. Ah, che sollievo! - Amore mio... -

Spalanco gli occhi. L'ha detto di nuovo. E mi sta toccando. Non oso muovermi, per paura che possa allontanarsi.

- Chi ti ha dato quel caffè? -

- La tua vicina. Come faceva a conoscermi? -

- Deve avermi sentita parlare con te, qualche volta. È un'impicciona, anche se non con cattive intenzioni. -

- Ah. -

- Ce la fai ad alzarti? -

Sì. - Non proprio. -

Mi aiuta a rimettermi in piedi e passa un braccio dietro la mia schiena. Posso sentire di nuovo il suo profumo, il suo calore. È più magra di prima e questo mi spaventa, ma è ancora la mia Margot.

- Siediti sul divano, prendo del ghiaccio. -

Faccio come dice e mi libero completamente della maglietta. La mia pelle è già diventata rossa.

- Ecco. - si mette in ginocchio accanto a me e preme lo strofinaccio ghiacciato sul mio petto. Sussulto, ma mi rifiuto di muovermi ulteriormente. - Scusa. -

- Non fa niente. -

- Hai dormito qui fuori? -

- Sì... -

Sospira. - Ah, chico malo... -

Mi sfugge un sorriso. - Mi era mancato. -

- Cosa? -

- Sentirtelo dire. -

Mette via il ghiaccio e, senza preavviso, si butta sopra di me. All'inizio sono sorpreso, ma finisco per avvolgerle le braccia attorno alla vita. Lascio che si sieda a cavalcioni sulle mie gambe e assaporo la meraviglia di questo abbraccio. Le sue spalle hanno una leggera scossa e capisco che sta piangendo.

- Perdonami, amore mio... - sussurro.

- Non è colpa tua... -

- Avrei dovuto dirti la verità fin dall'inizio. -

Si raddrizza e le asciugo le guance. - Quello che hai fatto è terribile, ma ti credo, quando mi dici che non è stata la tua volontà. -

- Ma l'ho comunque fatto. -

- Miguel, penso di aver bisogno di un po' di tempo. -

Fa male sentirglielo dire. - Ok. -

- Torno in Austria. -

Accuso il colpo, in silenzio.

L'Austria è troppo lontana. E io non voglio che se ne vada.

- Miguel? -

La spingo delicatamente via e mi alzo in piedi. Senza una sola parola, spalanco la porta e me ne vado. 

Perfume of Love - MIGUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora