Inizierei con una bella premessa: non sono una dottoressa, ma semplicemente mi piace molto la medicina e quello che so ha contribuito alla stesura del capitolo. Spero di non aver fatto errori di battitura, come mio solito.
La sentivo benissimo quell'aspro, odioso, stupido odore di sterile, che mi invadeva le narici mentre entravamo nello studio del dottore famoso che mi aveva detto papà, quello che avrebbe aiutato a capire cosa cazzo avevo che non andava, visto che negli ultimi mesi ero cambiata totalmente, ma nel vero senso della parola. In quell'ultimo periodo il mio viso era passato da un colore caffè fino ad arrivare ad un colore giallo, quasi verde, soprattutto in faccia, e doo doo aveva cominciato a preoccuparsi: oltre a quello c'era il vomito costante, la nausea, l'iperglicemia e altri fattori poco rassicuranti. Non so quanti esami medici feci in quel mese di agosto, so solo che ne furono troppi. Inoltre mi mancava sempre di più il fiato, più di quanto non mi mancasse di solito. Doo doo diceva che avevo la sindrome di Hulk, per prendermi in giro, ma era preoccupato lui. Era distratto, era sempre sovrappensiero, sempre preoccupato. Camminava velocemente in quello studio, che aveva chiuso prima per me, papà e mamma, chiudeva per le superstar. 'Papà aspetta che non respiro più' dissi fermandomi un attimo, portandomi una mano sul petto, che pungeva forte, come se qualcuno stesse infilandoci un palo appuntito e spingeva sempre più giù. 'Cristo, che ce l'hai a fare la cannula' disse prendendomi in giro, e ridendo. Anche mamma aveva il fiatone. 'Gladys non me lo aspettavo da te' doo doo la spinse leggermente indietro e lei sorrise. 'Ho trent'anni, mio dio, dammi tempo' 'portami in braccio' dissi a doo doo, che rise e scosse il capo continuando a camminare. 'Guarda che non stavo scherzando' gli presi la mano e lui guardò mamma, e lo vidi il suo sguardo preoccupato. Entrammo nello studio, tutto bianco e triste, solo una finestra che illuminava ben poco quelle pareti ricoperte da lauree, corpi umani e mille altre cose. 'Buonasera' dicemmo contemporaneamente tutti e tre, e il dottore alzò la testa dalle mille carte che aveva sotto gli occhi. Chiuse la cartella e si alzò. 'Mr Jackson. Un piacere enorme conoscerla' 'Piacere nostro. Lei è Faith' 'Faith, piacere. Sarai una paziente complicata' cazzo, allora avevo qualcosa. Il mio sguardo si posò su doo doo, che sbiancò all'improvviso. 'Lei…lei è la mia compagna, Gladys' mormorò. 'Piacere. Sedete, prego' ecco, avevo un'ansia incredibile. Mi sedetti sulle gambe di doo doo, e ci stringemmo le mani per farci coraggio l'un l'altro. Il dottore rimase in silenzio per un po, continuando a sfogliare le mie analisi e mille cazzo di esami, TAC eccetera. Mamma mi aggiustò i capelli mettendoli in faccia a doo doo, che non aveva affatto voglia di ridere, ma guardava serio il dottore. Non era mai stato così austero, quasi mi faceva paura. Poi il dottore si levò gli occhiali e si stropicciò gli occhi con una mano. 'Davvero non trovo le parole per dirvelo' oh merda. Guardai doo doo che trattenne il fiato. 'È grave?' chiese mamma. 'Più che grave, gravissimo' oh no, papà. 'Vostra figlia ha un adenocarcinoma pancreatico' disse velocemente, guardando negli occhi mio papà. 'In parole povere?' chiese mamma, facendosi più avanti con la sedia, stringendo i braccioli nelle mani. 'Un…un cancro maligno al pancreas' ecco, in quel momento non mi curai del cancro, non mi curai del dottore che continuava a fissarmi. Non rivolsi lo sguardo prima a papà, non ne avevo il coraggio; guardai mamma che aveva un mano al petto, una alla bocca e piangeva silenziosamente, senza fiato, come me. 'Mamma…' la chiamai. Era come se nessuno mi stesse sentendo, e io ancora non trovavo il coraggio di girarmi verso papà. Avevo paura di incontrare i suoi occhi, la sua espressione, la sua disperazione. Se mamma stava così, immaginavo papà. Il cancro mi spaventava solo per il fatto di dover veder soffrire i miei genitori, nulla più. E mi ero ripromessa che non avrei mai visto papà piangere per me, mai, e io le promesso le mantengo, sempre. Sentii il bisogno di guardarlo, abbracciarlo, dirgli che andava tutto bene, non sarebbe finita lì, davvero. E lo vidi: era come invecchiato di cinquant'anni d'un colpo, bianco come un cadavere, gli occhi sbarrati, vuoti, freddi, neri come la pece, i pugni stretti, irrigidito. Ci guardammo negli occhi a lungo, cercando risposte negli occhi dell'altra, ma trovando altre domande. 'È curabile?' chiese mamma. 'A tutto c'è una soluzione, mrs Jackson. Ci proviamo, siamo solo agli inizi del cancro, non è mai detta l'ultima parola. Dobbiamo sperare che lei sia abbastanza forte da sopportare tutto quello che verrà in seguito, asportazioni, malori, chemio, si sanno, no. Faremo il possibile, mrs Jackson...' 'quanto le dà?' intervenne papà, con voce tremante, profonda, arrabbiata, spaventata. 'Come?' 'quanto tempo le dà?' mi schiarii la voce, gli strinsi la mano un po' più forte, lui rimase fermo. 'Mr Jackson, se tutti va bene…un anno, un anno credo sia' 'oh merda' si portò le mani fra i capelli. 'Un anno? Pensavo potessi vivere di più' dissi. 'Deve seguire una dieta particolare, ho tutto qui, e davvero, mi dispiace. La settimana prossima avrà la prima seduta di chemio all'UCLA, per ora hanno solo lì la cura per questo cancro. È raro nella sua età. Sarà un caso su un milione, non so come dia potuto accadere. Ho ripetuto gli esami svariate volte e mi hanno dato sempre gli stessi risultati, spero soltanto che la chemio funzioni. In seguito integreremo con le cellule staminali, proviamo, non so che altro fare' concluse lì. Non c'era null'altro da dire, basta, stava per finire tutto, di nuovo. Rimanemmo nel più totale silenzio per tutto il viaggio di ritorno, e sentivo mamma singhiozzare. Papà la teneva stretta a sé, e io li guardavo, sentendomi in colpa, perché stavano male per me. 'Andrà tutto bene' dissi. Lui posò lo sguardo su di me. 'Vieni qui' batté una mano sulla gamba e mi sedetti su di essa. Mi abbracciò forte e pianse. Non volevo piangessero così per uno stupido cancro, che sarebbe passato, ne ero sicura. 'Farò di tutto per non lasciare che tu muoia, Dot. Tu rimarrai con me, e crescerai, come tutti i ragazzi normali. Non ti fermi qui, non ci fermiamo qui. Se avrai bisogno di un pancreas nuovo, e se non riuscirò a trovarlo, ti darò il mio, ma basta che tu vivi la tua vita, Dot. Non voglio vederti soffrire come un cane mentre fai quella merda di chemio, non voglio che tu soffri e io non posso fare nulla, se non guardare e fare il solito stupido che ti consola. Non lo voglio, Dot, io ti ho promesso che tu saresti stata bene, e starai bene, davvero. Non lo permetterò' non risposi, ma lasciai che piangesse, ne aveva bisogno, lo avrei fatto anch'io se fossi stata in lui.
Ecco, il cancro era semplice da capire: avevi un tot di tempo da vivere e poi si muore, per la maggior parte dei casi è così. Quella sera mangiammo solo io e i miei fratelli, mamma e papà sembravano due morti viventi. Mi piangeva il cuore a vederli così, chiusi nel loro dolore di essere genitori di una speciale come me.La settimana successiva arrivò, per grande sollievo di doo doo, che non vedeva l'ora di avere la prima seduta di chemio, perché come ogni genitore vuole, desiderava agire su quel male che mi affliggeva il più presto possibile. Fece venire Tyler per tutto il mese di agosto, e ne fui felice, anche se continuava a comportarsi come un bambino geloso del proprio giocattolo. Aveva cominciato a riprendersi, tentava in tutti i modi di sollevarmi dalle pene che il cancro mi dava, e una delle più gravi fu quella di perdere i miei (e suoi) adoratissimi capelli. Presi la drastica decisione di tagliarli prima ancora della chemio, e ora sembravo un ragazzo dai capelli mezzi lunghi, come quelli di Tyler, ondulati su, corti ai lati. 'Sembri un ragazzo, cammina da ragazza, Dot' disse doo doo camminando da modella su una passerella. 'H-oh, dove sei stata tutto questo tempo?' dissi dandogli una pacca sul sedere. 'Ferma, non in pubblico' ammiccò e io risi. L'infermiera mi fece sedere sul letto, mentre vedevo tutti quei bambini e ragazzi calvi passare davanti a me, felici nella loro malattia. 'È la prima chemio?' mi chiese mentre papà mi alzò la manica della camicia. Annuii e lei sorrise. 'Allora farà un po' male e vomiterai anche l'anima' 'wow' disse doo doo facendoci ridere. Tyler mi strinse la mano e doo doo si sedette di fronte a noi. L'infermiera batté dei colpetti sulla siringa e la infilò con una velocità assurda nel mio braccio. Il dolore lentamente partì dal braccio fino ad arrivare ad ogni parte del mio corpo. Era un dolore fastidioso, ma potevo resistere tranquillamente. 'Per quanto dobbiamo rimanere qui?' chiese papà. 'Essendo la prima volta direi che due o tre giorni vanno bene' 'due o tre giorni?' 'beh, sì. Dovrà farci l'abitudine' 'difficile abituarsi alla morte' dissi sorridendo. Doo doo scosse il capo in segno di disapprovazione, e poi mi accarezzò il capo. 'Tyler dalle un bacio, non fare il passivo' fece per darlo, ma doo doo lo fermò. 'Non davanti a me' completò la frase e ridemmo.
Aveva ragione l'infermeria. Vomitai anche l'anima.
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we are us.
Fanfiction"io ti proteggerò, che ci siano tempeste o no. noi saremo torre nella bufera"