Sì, secondo me c'era qualcosa che non andava. Era la notte del quattro aprile 1980, le due del mattino. Fuori si sta bene, ma dentro no. Almeno io avevo estremamente caldo. Tenevo stretta Gladys a sé, che si lamentava, gemeva, ansimava, piangeva, si rigirava nel letto per il dolore. 'Che posso fare?' chiesi nella disperazione. Lei urlò mettendosi a sedere di scatto. 'Sento la testa!' non potevo reggere a tale notizia. Balzai in piedi. 'Sei al sesto mese!' urlai sconvolto. 'lo so' rispose nel dolore 'che devo fare?' 'portami in ospedale' 'ma non abbiamo niente, la culla non l'ho ancora iniziata' 'la vai a comperare una. Le tutine gliele andrai a comprare quando sarà nato' 'perché è un maschio?' 'sì' 'e non so nemmeno come chiamarlo!' 'Michael!' la presi in braccio. Avevo una forza che non avevo mai avuto. Sollevai Gladys e la portai in ospedale. Era davvero una testa quella che sentiva. La portarono tempestivamente in alta parto dove io volevo rendermi utile. ma ero troppo spaventato e mi limitavo a tenere la mano di Gladys. la curiosità era troppa e mi affacciai per vedere. Un dottore mi afferrò in tempo prima che cadessi a terra e mi rimise in piedi, ancora scioccato. Il dottore mi chiese se volevo farla nascere io. E titubante afferrai la testa del bambino. 'Oh mio dio!' esclamai quando fu fuori. Ero già in lacrime. La bambina aveva il cordone intorno al collo, al braccio e ai piedi. 'è bellissima!' urlai ancora, fra i singhiozzi. 'Ti somiglia, Mike. Taglia il cordone' 'dove?' 'Congratulazioni!' 'è bellissima. Dot è bellissima. Perché è blu?' ma il dottore smise di sorridere quando Dot smise di respirare. 'portate via Michael' disse, con faccia preoccupata, mentre per mia figlia cominciavano i problemi. i dottori mi presero con forza e mi misero fuori. I miei tentativi di allontanarli erano invani.
Aspettai. Aspettai per dodici lunghe ore, senza mangiare, nel freddo dell'ospedale, fuori dalla stanza dove c'era mia figlia. Riflettei a lungo sulla mia vita, e capii che essa era appena cominciata con la nascita di mia figlia.
Quella era la mia bambina, la mia principessa.
Non avevo niente e ora avevo tutto.
Non volevo niente e ora volevo mia figlia, volevo il mio tutto.
Avevo perso la fede, la speranza, la dignità, l'amore. E allora perché non chiamarla Faith? E così feci. Faith-Michael Diana Elizabeth Katherine Jackson, nata da Michael Jackson, il paladino del successo, e da Gladys Edwards, il quattro aprile 1980, a San Francisco, alle due e quarantasei della notte.
Le misi Diana ed Elizabeth perché Noah e Rose volevano così. A loro due piacevano quei due nomi. Se fosse stato maschio avrei dovuto chiamarla, secondo loro, Cornelius, ma non l'avrei mai fatto.
Faith. La mia piccola, bellissima, adorabile Faith. Non vedevo l'ora di tenerla stretta me, fra le mie braccia. Non l'avrei più lasciata allora. Era di mia completa proprietà.
Per un momento mi ero dimenticato di Gladys, fino a quando il dottore mi disse che se ne era andata.
Ero arrabbiato, distrutto e ferito. Come poteva, dopo tutto quello che avevo fatto per lei? Dopo tutto quello che avevamo passato insieme?
Eppure sapevo com'era fatta Gladys. Sapevo che scappava sempre davanti le difficoltà che la vita le poneva. E per lei Dot era una difficoltà, un problema, un ostacolo da superare, l'ennesimo errore.
Poteva anche essere un errore, ma era certamente l'errore più bello della mia vita.
E ora non me ne pentivo.
C'era mia madre con me e mio padre. Gli altri sembravano essersi dimenticati di avere me come fratello. Ma non ne davo peso. Per me nessuno dei miei fratelli contava ormai da anni.
Pensavo solo a Dot. Solo a lei. Volevo Dot e poi sarei stato davvero felice.
Sarei stato il padre migliore fra tutti, Dot sarebbe stata fiera e orgogliosa di me.

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we are us.
Fanfiction"io ti proteggerò, che ci siano tempeste o no. noi saremo torre nella bufera"