(Mi scuso per eventuali errori di battitura)
Non so se hai mai avuto il "piacere" di assaporare quel gusto che ti lascia in bocca l'amaro della gioia. A me è capitato spesso, troppo spesso di sentirlo arrivare fino allo stomaco. Perché si sa che dietro ogni cosa bella dietro ce ne sono ottomila brutte o sbagliate,a volte addirittura orrende. mi rendevo conto che tutto girava come una bici. Se smetti di pedalare, se smetti di combattere, tutto si ferma, o come quando impari ad andarci su, quando cadi e ti devi rialzare, perché non puoi rimanere a terra.
Papà mi venne a dire nel bel mezzo della notte che dovevamo andare in ospedale, ma non mi disse il perché. Sentivo solo mamma imprecare e quasi urlare, e la vidi in una doccia di sudore salire in macchina.
Durante il viaggio in macchina guardai papà, che non sapeva cosa fare. Se la situazione non fosse stata così delicata avrei riso di lui, ma mi trattenni. In ospedale mi lasciò con i miei quattro nonni e sì, era incredibile anche per me vedere nonno Joe lì per suo figlio. E io odiavo nonno Joe per quello che aveva fatto a papà e poi per quello che aveva fatto a me. Mi azzardo a dire che probabilmente i rapporti fra me e nonno Joe era il peggiore in famiglia, e da una parte, almeno per me, era così. Erano state svariate le volte in cui avevo difeso papà, gli avevo urlato in faccia tutte le sue malefatte, tutti i suoi errori, tutti i suoi difetti. E ogni volta aggiungevo cose nuove, perché non smettevo mai di conoscere nonno Joe. Ero seduta fra lui e nonna Francesca. 'Quando si è sentita male?' mi chiese distogliendo il mio sguardo dalla figura di nonno Joe, che continuava a tenere lo sguardo basso. 'Non lo so' risposi scrollando le spalle. 'Ma che dici, fa nascere Louis?' domandai ingenuamente, cercando una risposta che non mi venne data. 'Questo è positivo' mormorai ironicamente, poi nonno Federico si alzò e cominciò a camminare avanti e indietro, percorrendo lo stesso tratto con una certa monotonia. E cominciavano a salirmi i nervi, ero stanca di quel silenzio, perché volevo sapere, ma nessuno mi rispondeva.
'Dot vieni qui. Che stai aspettando, che ti do il permesso?' sussurrò papà prendendo la mia mano, stringendola forte e sorridendomi. 'Conoscerai Louis Bryan Michael!' esclamò, e io sorrisi. Mi avevano solo detto che non stava bene, che era un po' piccolo e basta. Quando entrai nella stanza della terapia intensiva neonatale, mamma era sul letto duro dell'ospedale, ed era circondata dai miei nonni e zii, che non avevo visto arrivare. Alzò la testa da quel mucchio di tubi e guardò me, dritto negli occhi, e io non ebbi paura nel farlo. Ci volevo un po' a fidarmi delle persone. Papà mi guidò fino a lei, poi mi lasciò la mano e mi fece avvicinare di più. Mamma mi sorrise e poi portò lo sguardo su Louis, che vagì. Mi sporsi pur di riuscire a vederlo, mi poggiai su mamma, e lo vidi. 'Ha la mia stessa cannula!' dissi sorridendo meravigliata e guardandolo negli occhi, occhi azzurri che brillavano come due stelle nel cielo. 'Ti piace?' 'Beh, papà, hai fatto un ottimo lavoro, tranquillo' risero, mentre io continuavo a guardare mio fratello, e mamma che lo accarezzava con il dito.
Venti giorni dopo la sua nascita, Louis già si stancò di combattere, si lasciò cadere addosso quel po' di vita che gli era stata concessa di vivere, quei pochi respiri che gli erano stati concessi di utilizzare. Alla fine era meglio così. Aveva permesso a tutti noi di smettere di soffrire con lui, perché me li ricordo mamma e papà aspettare di ricevere brutte notizie, ogni volte, perché nemmeno loro ci speravano più. Louis mi aveva dato la possibilità di portare il mio cancro in recessione grazie alle sue cellule staminali, ma da un parte mi sentivo in colpa: ero stata addirittura capace di sfruttare un bambino per fini che riportavano a me e alla mia stupidissima salute precaria.
Louis morì molto velocemente, e lo invidiai un po'.
Mi ricordo che lo portarono da noi, per farlo stare con mamma, me e papà.
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we are us.
Fanfiction"io ti proteggerò, che ci siano tempeste o no. noi saremo torre nella bufera"