𝑷 𝑹 𝑶 𝑳 𝑶 𝑮 𝑶

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Daniel aveva portato a New York la lampada che gli avevo regalato per il compleanno. Adesso, mentre lui dormiva al mio fianco, la camera da letto si era tinta di viola e sulle pareti rimbalzava l'ologramma del nostro sistema solare. Dopo essermi avvolta il corpo con un lenzuolo, mi ero alzata per raggiungere il bagno e mi ero permessa di dare un'occhiata migliore al suo appartamento, rispetto a quando ero arrivata e ci eravamo catapultati a letto senza separarci dal nostro bacio.

Dall'ingresso si accedeva ad una cucina moderna, dai toni del bianco e del grigio, che dava sulla sala da pranzo, con un tavolo in marmo e delle sedie bianche e bordeaux, e sul living luminoso con vista sulla città; le pareti erano tappezzate di quadri d'arte moderna e lo spazio era organizzato tra un divano ad angolo color crema con cuscini porpora, un tappeto grigio chiaro ed un tavolo da fumo in marmo. Infine, sulla destra, un pianoforte era posizionato di fronte ad una delle finestre più grandi. Dal soggiorno si accedeva ad un piccolo bagno, all'ascensore che portava direttamente a qualsiasi altro appartamento del palazzo, e alla piccola terrazza con una conca fiorita in cemento ed un tavolo in legno scuro come la panca abbinata. Anche la camera matrimoniale dai toni del bianco e del beige aveva una grande vetrata sulla terrazza e sul fiume Hudson, mentre sulla sinistra si accedeva al bagno padronale dalle piastrelle a nido d'ape bianche e la doccia doppia a vista. In tutto quell'ambiente anonimo, per quanto gli arredatori avessero senz'altro cercato di renderlo più accogliente attraverso colori più caldi come il beige e accesi come il porpora, l'unico simbolo che Daniel ci vivesse erano i libri sparsi per casa, tra cui "We should all be feminist", che gli avevo regalato per il compleanno, ed i vinili musicali accatastati sul pianoforte, in disaccordo con tutto il resto perfettamente progettato.

Il suo appartamento di New York, tutto sommato, era più personale, rispetto a quello di San Francisco, forse anche a causa del fatto che non tornasse spesso in California e che, perciò, tutto ciò che gli serviva e che riguardava la sua vita quotidiana si trovasse a nord. Mi sentivo come se avessi invaso una parte di Daniel, perché mi stavo finalmente immergendo in ciò che lui fosse realmente, con il suo disordine calcolato ed il mancato senso di appartenenza.

«Credo che non si sia mai sentito a casa, da nessuna parte» mi aveva confessato Everett ed io lo capivo, adesso. Capivo quanto fosse difficile per lui trovare il suo posto nel mondo, con due genitori che gli impartivano nozioni contrastanti, con un lavoro che non gli concedeva alcuno sprazzo di irrazionalità, con una donna che l'aveva lasciato esattamente a metà tra ciò che avevano avuto e ciò che avrebbero ancora potuto avere. Quell'ambiente in cui io mi sentivo una guardona non autorizzata, adesso, era come congelato, come se due realtà differenti avessero colliso ed il Daniel serioso fosse entrato in contrasto con il Daniel sciolto e spensierato. Come se su una rivista di arredamento d'interni fossero stati incollati dei ritagli da una foto vintage.

Non avevamo ancora parlato di quello che ci avrebbe riservato il futuro, perciò mi sentii un po' a metà anche io, tra ciò che avremmo potuto essere e ciò che sarebbe stato consono essere. Avrei potuto cambiare radicalmente la mia vita e restare a New York con lui, cercarmi un lavoro, vivere sotto il suo tetto, ripartire da zero in quella città a me sconosciuta; oppure avrei potuto tornare a San Francisco, riprendere il mio impiego al Bazaar, ritrovare i miei amici e la mia famiglia e intrattenere una relazione a distanza con Daniel che, però, sapevo non sarebbe durata a lungo, con noi ai capi opposti del Paese. Avevo così tanti dubbi su ciò che sarebbe successo tra noi: avevo paura che se fossi rimasta a New York e avessimo rotto, a causa di una così giovane relazione portata a livelli esponenziali in un tale breve tempo, non avrei avuto dove andare e tornare a casa sarebbe stata dura, avendo abbandonato tutto all'improvviso. Avevo però l'assoluta certezza che due come me e Daniel non avrebbero mai sopportato la distanza, soprattutto a causa del suo lavoro, che non gli permetteva di staccare spesso per vederci, e delle mie finanze, che non erano sufficienti per prendere un volo ogniqualvolta volessi andare a trovarlo.

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