Era stata una settimana impegnativa: avevo chiamato il proprietario del mio appartamento a San Francisco e ci eravamo accordati per il termine entro il quale avrei dovuto ritirare tutte le mie cose e restituire le chiavi; Nada era passata da casa mia per impacchettare il necessario per la mia vita a New York nel breve termine, in particolare i miei vestiti, e li aveva spediti al loft di Daniel al Nord. Avevo dovuto comprare gli oggetti da toeletta e sistemarmi a casa sua e finalmente potevo definirmi pronta per esplorare la città e consegnare curriculum.
Per non andare nel panico all'idea di dover riorganizzare la mia vita, mi ero scritta una lista di cose da fare, tra cui trovare un lavoro, visitare la città, conoscere nuova gente... Spuntai la voce "trasferire le mie cose da Daniel", china sul pianoforte, dove erano sparse penne, spartiti musicali ed una copia di "Thérèse Raquin".
Daniel, alle mie spalle, posò una mano sul mio fianco, al di sopra del mio cappotto di lana lilla, e mi lasciò un bacio sulla tempia.
«Stai andando al lavoro?» gli chiesi dopo aver posato la penna.
«Sì. Stai uscendo anche tu?»
«Farò un giro per consegnare il curriculum.»
Daniel ancorò le mani sul pianoforte, una volta che mi fui voltata verso di lui con le braccia conserte, i brividi che mi attraversavano la schiena per un tutt'uno di emozioni: l'ansia di dover ricominciare, l'eccitazione di esplorare una nuova città, la sola idea di dover affrontare il rigido freddo newyorkese per l'intera giornata, il calore delle braccia di Dan che mi affiancavano la vita.
«Rammenta che sei nella Grande Mela, gioia» mormorò con il volto ad un palmo di naso dal mio; il suo fiato che si abbatteva sulle mie labbra già congelate era già un toccasana per superare il clima nordico così differente da quello mite di San Francisco a cui ero abituata. «Cogli quella che preferisci. Capisco che faccia paura, fare scelte che normalmente non ti apparterrebbero, ma qui a nessuno interessa chi fossi in passato; puoi essere chi vuoi. Spingiti oltre ciò che conosci, va bene? Fa' ciò che hai sempre desiderato di fare. Qualunque cosa sia, questa è la città giusta per farlo.»
Gli circondai la nuca con i polsi, un sorriso stampato in faccia, ed annuii. «Va bene» sussurrai, prima di premere rapidamente le labbra sulle sue.
Uscimmo entrambi di casa, quindi prendemmo direzioni opposte: Daniel si diresse alla sua auto per raggiungere l'ufficio della Citigroup, mentre io andai all'imbocco della metropolitana in Canal Street.
New York era di certo una città dalle mille sfaccettature: dalle strade costeggiate dai condomini di recente ristrutturazione e le gallerie d'arte moderna di Soho, si passava agli sconfinati grattacieli in vetro e acciaio degli uffici imprenditoriali del Diamond District, ai vicoli ricoperti di graffiti e appartamenti poverissimi di Hunts Point. La città era anche ricca di piccole perle, tra giardini e laghetti per rilassarsi e opere d'arte che si elevavano al centro delle piazze. Era un tripudio di culture, lingue, stili di vita, moda, musica e cibo, l'epicentro della globalizzazione sin dall'inizio del Novecento; New York era da sempre l'albero più fruttuoso del pianeta e tutti avevano sempre voluto coglierne un morso. Tra gli immigrati della Belle Époque provenienti dall'Europa in cerca di fortuna, venuti con pochi spiccioli e costruitisi una vita dal nulla, dal lavoro in miniera o come semplice operaio, per dare un'opportunità alle loro famiglie; tra gli afroamericani che in seguito alla loro liberazione dalle piantagioni come schiavi avevano ricercato la libertà nella loro musica ed erano diventati grandi jazzisti di successo; e così latini, orientali... New York era il cuore del mondo. Tutti volevano visitarla almeno una volta nella loro vita, tutti volevano lasciarvi la propria impronta, perché il mondo si costruiva nella Grande Mela.
E girare per la prima volta la città, senza mappa alcuna se non quella un po' annebbiata delle linee metropolitane, destreggiandosi tra i suoi otto milioni di abitanti, era davvero spaesante. Ero una donna che doveva mettere radici per una nuova vita, in una vasta città dalle infinite opportunità e senza la minima idea di dove rifarmi. Immaginavo che avrei potuto partire da ciò che mi meglio conoscevo, ovvero il mondo della caffetteria, ma ovviamente, una dannata isola tanto vasta era puntinata di bar ad ogni due passi compiuti. Quindi, dato che Soho era una circoscrizione decisamente non adatta alla mia portata, trasferii la mia attenzione sul Lower East Side e sull'East Village.
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𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬
RomanceSEQUEL DI "SOLO DUE SATELLITI" "Come nell'universo, la nostra vita è basata su un sistema di bilanciamenti e contro-bilanciamenti: forze che ci spingono via, che ci attraggono, che ci sostengono, che ci spingono. A volte passa un asteroide che crea...