Marianne viveva in una modesta villetta nell'East Village, in stile rustico ed umile, con una graziosa cucina interamente in legno di ciliegio e dai ripiani in marmo povero, un piccolo salottino in arredamento antiquato, incluso un sofà a due posti lilla dall'aria di essere passato di generazione in generazione, con affossamenti sui cuscini e macchie tutt'altro che recenti sullo schienale, i braccioli imbottiti nel pieno stile di una volta. Mentre Daniel cercava qualcosa da guardare in TV, - lo sentii soffermarsi su una partita di baseball - Marianne mi portò con entusiasmo nel suo minuscolo bagno e mi fece sedere con le spalle al lavandino.
«Da quanto tu e Daniel state insieme?» mi chiese per conversare, probabilmente essendo abituata alle chiacchiere delle clienti del salone dove aveva lavorato.
«Cinque mesi» risposi con un sorriso, pensando vagamente che novembre fosse ormai alle porte.
«Ah, perciò niente matrimonio né figli in vista» ne dedusse ed io mi strinsi nelle spalle. «Sembrate molto affiatati, comunque.»
«Alle volte è come se traessimo energia l'uno dalla presenza dell'altra, non so se mi spiego» le spiegai con un sorriso. «Ormai sono sicura che le mie battaglie saranno le sue battaglie e viceversa, so di poter contare su di lui quando ne ho bisogno e... Oh mio Dio, Marianne!» esclamai quando la vidi dare un taglio netto ai miei capelli all'altezza del mento. Mi portai una mano alla bocca guardando la lunga ciocca di capelli biondi depositarsi ai miei piedi.
«Troppo corti?» si preoccupò lei. «Perché non è troppo tardi, ho appena iniziato, posso sempre scalarli...»
Scossi la testa e decisi che forse un taglio netto era ciò che ci volesse. In fondo, non sarebbe stata la fine del mondo; se non mi fossero piaciuti non sarebbe stato un dramma, perché i miei capelli ricrescevano piuttosto velocemente. Perlomeno, avrei avuto la possibilità di provare uno stile diverso, che ogni tanto non guastava affatto.
«Va bene» dissi tentando di sembrare convincente. «Procedi pure.»
«Ragazze, tutto okay?» Daniel comparse sullo stipite della porta del bagno. «Vi ho sentito urlare.»
«Va tutto bene, ma ti consiglio di tornare a vedere la partita, prima di far cambiare idea ad Abigail» lo rassicurò Marianne, tornando a tagliare.
«Chi gioca?» gli chiesi con voce strozzata, cercando di non guardare il mio riflesso nel vetro del box doccia.
«Rays contro Dodgers. Sicura di stare bene? Mi sembri nervosa.»
«Certo, tesoro. Sto solo cercando di non pensare troppo alle forbici che Marianne ha in mano.»
Daniel annuì con poca convinzione prima di tornare a guardare la partita.
«Tu e James, da quanto state insieme?» chiesi a Marianne per cercare di deconcentrarmi dal suo lavoro.
«Ormai tre anni.»
«Tre anni?!» ripetei scioccata.
«Prima di sposarci lui non era affatto come oggi, Abby. Lui era premuroso, dolce, romantico ed empatico. Secondo i suoi genitori, io non ero la donna per lui: suo padre ha sempre pensato che fossi "poco adatta ad avere figli" e sua madre che lui si sarebbe stancato di me non appena avesse smesso di "giocare con quella sgualdrina da due soldi", cito testualmente. Nonostante la bassa considerazione che avevano di me, su nessuna base, oltretutto, li invitammo al matrimonio, perché erano pur sempre i genitori di Jem e lui voleva loro bene; mandarono indietro l'invito con su scritto che non sarebbero stati presenti.
«La mattina del matrimonio ci giunse notizia che sua madre se n'era andata durante la notte per un infarto miocardico. Non l'aveva uccisa nessuna delle sue cattive abitudini, né il fumo, né lo stress, né la scorretta alimentazione e sedentarietà, né i drink di troppo che lei e suo marito si concedevano fin troppo spesso. A quanto pare era semplice genetica, tutto il ramo della famiglia aveva sofferto di attacchi cardiaci. Jem ne rimase distrutto e cercai di rimandare il matrimonio, ma lui mi assicurò che fosse tutto a posto, che non lo avrebbe voluto per niente al mondo. Al funerale di sua madre ci avrebbe pensato l'indomani, disse. Quel giorno sarebbe stato soltanto nostro. A detta sua sarebbe stato importante celebrare la vita, prima di piangere la morte. Non ne ero molto convinta, perché era evidentemente scosso, ma smisi di insistere.

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𝑺𝑶𝑳𝑶 𝑫𝑼𝑬 𝑺𝑼𝑷𝑬𝑹𝑵𝑶𝑽𝑬
RomanceSEQUEL DI "SOLO DUE SATELLITI" "Come nell'universo, la nostra vita è basata su un sistema di bilanciamenti e contro-bilanciamenti: forze che ci spingono via, che ci attraggono, che ci sostengono, che ci spingono. A volte passa un asteroide che crea...